É il 5 settembre 2020: a circa quarant’anni dalla sua morte, Gianni Rodari viene ammesso in USA. O per meglio dire, le sue opere trovano finalmente riconoscimento anche oltre oceano.
È il New York Times che comunica al mondo l’imminente uscita delle “Favole al Telefono”, una delle raccolte più famose dell’italiano che, dopo circa sessant’anni dalla loro prima pubblicazione in Italia, trova posto negli scaffali delle librerie americane.
La casa editrice che da circa cinque anni è al lavoro sulla traduzione di tali favole è la Enchanted Lion Books che, grazie alle illustrazioni di Valerio Vidali ed alla traduzione di Antony Shugaar, ha permesso anche agli americani di poter godere delle meraviglie letterarie lasciateci in eredità da Rodari.
“Favole al Telefono” è un’antologia di fiabe che hanno in comune tra di loro il poco tempo a disposizione del ragionier Bianchi di Varese costretto in giro per l’Italia a causa del suo lavoro, il quale può dedicare solo pochi minuti serali, alle nove esatte, per raccontare a sua figlia la favola della buonanotte.
Ciò che non ha permesso fino ad ora a Rodari di atterrare negli Stati Uniti era la sua dichiarata adesione al partito comunista. Come riporta il New York Times, secondo Jack Zipes, professore emerito di letteratura comparata all’University of Minnessota, la politica era perfettamente calata in ogni favola di Rodari e portava i lettori ad interrogarsi ed a riflettere sugli accadimenti del mondo e sull’insensatezza della gente.
Al di fuori dell’ambiente americano, le “Favole al telefono” di Rodari hanno riscosso un grandissimo successo in Russia e nell’Europa dell’Est, non trovando il medesimo riscontro positivo nei paesi anglosassoni. Tra le settanta favole raccolte nell’antologia, infatti, soltanto una quarantina furono tradotte in Gran Bretagna negli anni sessanta, restando sempre escluse dal mondo a stelle e strisce.
Unico italiano vincitore del premio Hans Christian Andersen nel 1970, meglio conosciuto come il premio Nobel della narrativa per l’infanzia, Rodari nasce da una famiglia modesta nella città Omegna, sul lago d’Orta.
La svolta avviene al termine della Seconda Guerra Mondiale quando Rodari intraprende la carriera giornalistica che lo porta a collaborare con numerosi periodici, tra cui “L’Unità” ed il “Pioniere”. Soltanto a partire dagli anni cinquanta, Rodari inizia la pubblicazione le sue opere di narrativa per l’infanzia che riscuotono un successo talmente notevole da essere oggetto di lettura e di studio tutt’oggi nelle scuole primarie.
Se dovessi scegliere una sola favola tra quelle contenute in “Favole al telefono” da far leggere agli americani per convincerli ad importare Rodari nel loro territorio, la mia scelta ricadrebbe su “La strada che non andava in nessun posto”.
Il protagonista è il piccolo Martino Testadura, soprannominato così per la sua testardaggine nel chiedere informazioni e provare a capire dove finisse la terza strada, quella che tutti dicevano non andare in nessun posto.
Un bel giorno, Martino Testadura decise di percorrere da solo la terza strada, quella che non andava in nessun posto. Ed alla fine della strada, Martino Testadura, invece, arrivò da qualche parte: in un bellissimo castello nel quale ad accoglierlo c’era una signora gentile e ben vestita.
Al ritorno in paese con gli innumerevoli regali avuti in dono dalla signora, Martino Testadura venne accolto con grande entusiasmo che svanì quando gli altri concittadini, percorrendo la strada che non andava in nessun posto, non giunsero da nessuna parte.
Rodari, o meglio il ragionier Bianchi di Varese, voce narrante delle favole, dà voce ad un pensiero profondo sul quale ci invita a riflettere:
“Certi tesori esistono soltanto per chi batte per primo una strada nuova e il primo era stato Martino Testadura”.
Quindi, cari americani e non solo, ciò che bisogna insegnare ai vostri bambini con le favole di Rodari è, a prescindere dall’ideologia politica, ad essere come Martino Testadura.
Articolo già pubblicato su Il Quotidiano del Sud – l’Altravoce dei Ventenni il 21/09/2020