Farsi primavera

“Respiriamo l’aria e viviamo aspettando Primavera…”

Scientificamente parlando, l’equinozio di primavera dovrebbe ricadere il 21 marzo. 
Tuttavia, già dal 2007 – e più precisamente fino al 2102 – le stagioni si prendono un po’ gioco di noi, tanto è vero che quest’anno l’equinozio di primavera è stato venerdì 20 marzo, più precisamente alle ore 4.49 del mattino. Sapete perché? 

Tutto dipende dal moto di rivoluzione della Terra che incide sulla determinazione degli equinozi e dei solstizi. 

L’equinozio è il momento preciso in cui il Sole si trova allo Zenit dell’equatore, cioè esattamente sopra la testa di un ipotetico osservatore che si trovi in un qualsiasi punto dell’equatore: durante i giorni in cui cade l’equinozio – che sia d’autunno o di primavera – il giorno ha – di regola – la stessa durata della notte.

Equinozio deriva dal latino “aequinoctium”, composto da “aequus”e “nox”: infatti, dopo l’equinozio di primavera il giorno “continua ad allungarsi” nell’emisfero boreale fino al solstizio d’estate, allorchè poi le ore di luce iniziano pian piano a diminuire, tornando pari a quelle di buio nell’equinozio d’autunno, e ricominciando ad aumentare solo con il solstizio d’inverno.

E’ primavera, dicevamo. 
Il cielo è più sereno, il sole inizia a splendere più forte e i suoi raggi ci accarezzano più energicamente il viso.
L’anima, in primavera, risplende: a questa allegoria si lega, infatti, la sua etimologia.

Primavera è composta da due termini “prima” e “vera”, quest’ultimo riconducibile alla radice sanscrita vas-  che significherebbe “ardere, splendere”. Del resto, anche nel latino ritroviamo il termine “vesta”, che era il nome della dea del focolare domestico, fuoco sempre acceso e tenuto vivo. 
Pertanto, alla luce del suo significato etimologico, la parola primavera indicherebbe allo stesso tempo un inizio, una luce, un fuoco che splende e che arde; banalmente potrebbe rievocare un periodo caratterizzato dallo splendore e dalla esuberanza della natura che si risveglia. 

L’esuberanza della natura non può che poi essere sicuramente legata al risveglio dell’anima, che dopo la calma di un freddo e grigio inverno, ritorna audace, desiderosa di brio e di nuove emozioni. 

Sono nata il ventuno a primavera
ma non sapevo che nascere folle,
aprire le zolle
potesse scatenar tempesta.
Così Proserpina lieve
vede piovere sulle erbe,
sui grossi frumenti gentili
e piange sempre la sera.
Forse è la sua preghiera”.
(Alda Merini)

Alda Merini, nata per l’appunto il 21 marzo del 1931, scriveva questi versi in cui celebra la primavera come folle perché scriteriata e generosa.
L’autrice, associando la sua data di nascita all’inizio della primavera, riflette sulla propria pazzia e si domanda perché “nascere folle, aprire le zolle”, essere fuori dagli schemi, possa suscitare scandalo. 
A ben vedere, tuttavia, l’atto di “aprire le zolle” significa anche rompere la terra per far emergere qualcosa di nuovo, nuove radici, nuovi fiori, ossia la vita. 

E’ la vita che si riproduce con la primavera. 

L’aspetto della riproduzione, tipica della stagione floreale e che descrive la natura come una madre feconda che rigenera e dà vita, è un aspetto che trapela, poi, dai versi di Ungaretti, in Prato.

“La terra
s’è velata
di tenera
leggerezza
Come una sposa
novella
offre
allibita
alla sua creatura
il pudore
sorridente
di madre”
(Giuseppe Ungaretti)

Una madre un po’ inesperta – una novella sposa, dice il poeta – che offre il suo pudore sorridente.
Quel pudore tradotto come senso di rispetto per se’ e per gli altri, l’innocenza tipica di chi si accinge a vivere qualcosa di nuovo.
Durante la primavera siamo tutti cauti nel toccare i fiori, le meraviglie della natura che all’improvviso esplodono intorno a noi, e la delicatezza diventa la nostra nuova arma. 

Un’esplosione. Un’esplosione di positività. 
Ecco come tradurrei, in parole semplici, la sensazione di farsi primavera. 

Nell’arte, spesso, essa diventa il soggetto preferito di pittori e scultori. 
Ebbene, da un punto di vista cromatico, la primavera è uno spettacolo continuo: gli alberi si colorano di un verde sempre più saturo per poi lasciare lo spazio alle più incredibili fioriture che adornano la terra con un mantello acceso dalle tinte dell’arcobaleno.

Un esempio di ciò è il dipinto di Pierre Auguste Renoir, Periferia, in cui l’artista evidenzia in maniera straordinaria l’effetto del primo sole tra le foglie.

Un’altra tela emblematica è il Mandorlo in fiore di Van Gogh, in cui viene ritratto un ramo di mandorlo fiorito dai petali color bianco perlaceo, che si stagliano ritti nel cielo luminoso dalle sfumature turchesi.
I rami del mandorlo, nella storia della simbologia, rappresentano proprio la vita, poiché esso, all’epoca, era il primo albero in fiore premonitore dell’imminente primavera.

Ed infine Allegoria dell’inverno di Alfons Mucha che riprende indirettamente la Primavera di Botticelli: entrambi ritraggono la primavera nelle vesti di una giovane donna bellissima con un abito floreale e petali in grembo da spargere al suo passaggio. 

E’ chiaro, dunque, che la Primavera è donna, che la primavera è madre, che la primavera è vita. 

“Giochi ogni giorno con la luce dell’universo.
Sottile visitatrice, giungi nel fiore e nell’acqua. 
Sei più di questa bianca testina che stringo 
come un grappolo tra le mie mani ogni giorno-
A nessuno rassomigli da che ti amo.
Lasciami stenderti tra ghirlande gialle.
Chi scrive il tuo nome a lettere di fumo tra le stelle del sud?
Ah lascia che ti ricordi come eri allora, quando ancora non esistevi.

Improvvisamente il vento ulula e sbatte la mia finestra chiusa.
Il cielo è una rete colma di pesci cupi.
Qui vengono a finire tutti i venti, tutti.
La pioggia si denuda.

Passano fuggendo gli uccelli.
Il vento. Il vento.
lo posso lottare solamente contro la forza degli uomini.
Il temporale solleva in turbine foglie oscure
e scioglie tutte le barche che iersera s’ancorarono al cielo.

Tu sei qui. Ah tu non fuggi.
Tu mi risponderai fino all’ultimo grido.

Raggomitolati al mio fianco come se avessi paura.
Tuttavia qualche volta corse un’ombra strana nei tuoi occhi.

Ora, anche ora, piccola, mi rechi caprifogli, 
ed hai anche i seni profumati.
Mentre il vento triste galoppa uccidendo farfalle
io ti amo, e la mia gioia morde la tua bocca di susina.

Quanto ti sarà costato abituarti a me,
alla mia anima sola e selvaggia, al mio nome che tutti allontanano. 
Abbiamo visto ardere tante volte l’astro baciandoci 
gli occhi
e sulle nostre, teste ergersi i crepuscoli in ventagli giranti.

Le mie parole piovvero su di te accarezzandoti. 
Ho amato da tempo il tuo corpo di madreperla soleggiata.
Ti credo persino padrona dell’universo.
Ti porterò dalle montagne fiori allegri, copihues, 
nocciole oscure, e ceste silvestri di baci.
Voglio fare con te
ciò che la primavera fa con i cilieg
i.”
(Pablo Neruda) 

Non potevo non omaggiare, infine, la primavera, ricordando le parole di Neruda. 

Il poeta cileno, con la sua “Giochi ogni giorno ” rende omaggio ai valori di rinascita e di vita che porta con sé la stagione primaverile, rivolgendosi ad un’anonima donna amata, elogiando l’effetto positivo che la sua sola presenza ha nella sua vita e il sentimento di amore sconvolgente che ha suscitato in lui. 

Farsi primavera, diventa il messaggio di Neruda: un augurio a dedicarsi all’amore, senza paure e incertezze. 
Voglio fare con te ciò che la primavera fa con i ciliegi”: ecco dove porta l’amore per la vita che risplende: alla rinascita, alla riproduzione.
La primavera diventa, allora, semplicemente, sinonimo della gioia che cresce nella condivisione delle cose belle. 

E anche se oggi, in questo particolare momento segnato dalla situazione di emergenza sanitaria che stiamo vivendo, ci appare sempre più difficile gioire delle cose belle, non dobbiamo disperare. 

Perché è primavera. 

“Siamo come fiori prima di vedere il sole a primavera
Ci sentiamo prigioniere della nostra età
Con i cuori in catene di felicità,
Sì, respiriamo nuovi amori
Aspettando che sia primavera”. 

E’ primavera amici!

Il sole splende, il cielo ci sorride e presto usciremo anche noi all’aperto a respirare a pieni polmoni, per inebriare i nostri cuori di gioia, di speranza e di nuove occasioni. 

Io ho paura come voi, e soffro questo stare chiusi in casa, quasi come fossi in gabbia.
Bisogna, però, scavare nel nostro io più profondo, per trovare la motivazione.

Nell’attesa di una nuova luce, facciamoci primavera, e facciamolo ogni giorno!

Riscoprirsi, migliorarsi, approfondirsi, incuriosirsi, riposarsi, interrogarsi, meravigliarsi, viversi. 

Farsi primavera. 

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Martina, sempre la più piccola dell’annata ‘94, laureata LUISS in Giurisprudenza, si definiva ad otto anni “simpatica, anche se i miei fratelli dicono che parlo troppo. Sono una persona responsabile, riflessiva, apprensiva, equilibrata, e molto sensibile, ma soprattutto un po’ pettegola. Sono allegra, divertente e socievole, mi piace stare in compagnia per scherzare, giocare e raccontare barzellette.” Da allora le cose non sono cambiate: parla sempre tanto, pensa sempre troppo e rimane la solita rompi scatole.Va sempre di corsa, non sa stare ferma e forse mostra troppi denti quando sorride.Ama emozionarsi con le piccole cose e cerca in ogni momento un motivo per sorprendersi.E’ un’inguaribile romantica e a volte, a furia di stare con la testa fra le nuvole, rischia di cadere in qualche burrone, dal quale però, trova sempre la forza di rialzarsi!