Emergenza siccità: l’acqua è poca e l’Italia non galleggia

Abbiamo ancora tutti ricordo della scorsa estate, la prima vera estate italiana segnata dalla siccità: acqua conteggiata, divieti pubblici, politiche per contenere l’emergenza del momento. Per contenere, ma anche per prevenire? Quel momento è terminato l’estate scorsa o ancora continua? Siamo soltanto a inizio marzo e i grandi laghi italiani – Lago Maggiore, di Como e di Garda – sono già al di sotto del loro livello di riempimento medio. Non abbiamo acqua perché non ne arriva di nuova e conserviamo male quella che ci è già disponibile. In effetti, il 2022 è stato l’anno più caldo da quando registriamo le temperature e cioè dal 1800, è piovuto in media il 40% in meno rispetto agli ultimi 30 anni ed è nevicato in media il 45%. La neve caduta nelle scorse settimane, soprattutto al Centro-Sud, non è comunque sufficiente a contenere il deficit idrico dei corpi di acqua dolce, mentre al Nord nemmeno a parlarne. Da dicembre, a parte pochi picchi come quello di fine febbraio, sulle cime delle Alpi la neve assomiglia a delle venature su blocchi di marmo scuro e, per il resto, i paesaggi sembravano già primaverili, con prati verde brillante anche a gennaio tra Nord-Italia e Svizzera. Gli esperti di Isprambiente parlano di severità idrica, che viene monitorata attraverso l’analisi di parametri come volumi, portate, accumuli, livelli in correlazione ad altri parametri come temperatura, evapotraspirazione e andamento delle precipitazioni. Dai valori di questi parametri possono derivare quattro scenari: i) di normalità; ii) di severità bassa, dove la situazione è ancora sotto controllo, ma i parametri sono in peggioramento; iii) di severità media, dove il deficit idrico non garantisce i fabbisogni idropotabili, di irrigazione, industriali e ambientali e dove non si escludono danni economici e ambientali (e, quindi, ancora economici); iv) di severità alta, dove il deficit idrico non esclude danni, anche irreversibili, al sistema e le autorità possono richiedere lo stato di emergenza prolungato secondo il Quadro Europeo delle Acque, Direttiva 2000/60/EC, o lo stato di emergenza nazionale, secondo la L. 225/1992, modificata dalla L. 100/2012. In figura si riporta lo stato di severità idrica per sette zone italiane, distretti, come rilevato da Isprambiente sul suo sito il 16 febbraio. 

Fonte: Isprambiente

Se questa situazione ci sembra seria, lo è ancor di più in Svizzera, in Grecia e nei Paesi dell’Est Europa secondo l’Osservatorio per la siccità gestito dall’Istituto per la Bioeconomia del CNR. Come spiegano dallo stesso Osservatorio, forse per gli scettici dell’attuale crisi climatica, la siccità è un deficit idrico temporaneo durante il quale possono anche registrarsi singoli eventi piovosi senza, per questo, che la siccità sia passata. Sfruttare le sporadiche piogge è l’idea alla base del Piano Laghetti, già proposto nel 2021 da Anbi (Associazione nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue) e Coldiretti. Tale piano prevede, come già avviene in Spagna e Portogallo da decenni, di raccogliere l’acqua piovana in bacini artificiali: sono stati individuati 223 siti cantierabili, ma corrispondono solo al 2% circa dei 10.000 previsti per contenere l’emergenza. Inoltre, il piano è stato presentato nel 2021 e se ne prevede la realizzazione entro il 2030, ma i lavori non partirebbero prima dell’autunno 2023, con eccezione di un unico laghetto già inaugurato nel bresciano. L’obiettivo è quello di salvaguardare il territorio e proteggere due dei settori più colpiti dalla siccità, agricoltura e turismo, che sono anche due settori cardine per l’economia italiana. In agricoltura, il fabbisogno idrico non è solo quello per l’irrigazione dei campi, ma anche quello per il lavaggio e la lavorazione dei prodotti; anche l’acqua necessaria al turismo non è soltanto quella necessaria al funzionamento delle strutture recettive, ma anche quella di fiumi, laghi, canali che costituiscono una buona fetta del turismo italiano. Una volta completato, il piano permetterà di raccogliere più del 33% delle acque piovane, mentre ora siamo solo all’11%. Oltre a ciò, per contrastare la siccità, bisogna proteggere i suoli favorendo la piantagione di nuovi alberi, ma soprattutto, dati i tempi di crescita di questi ultimi, proteggere quelli esistenti dal disboscamento.

In ogni caso, aldilà di qualsiasi piano di protezione e prevenzione, se a febbraio sono già spuntati prodotti tipicamente primaverili come fragole e agretti, se a febbraio circolavano foto dei canali di Venezia a secco, dovremo riadattare cara Italia la nostra agricoltura e il nostro turismo…se vogliamo continuare a galleggiare.

Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dei ventenni