Dialogare con il nostro cane

Il legame cane-uomo ha radici lontanissime. Da mero aiuto nei lavori quotidiani (per la caccia, la guardia del bestiame, dei territori ecc.) oggi il cane si è trasformato nel nostro amico numero uno; abbiamo fatto molta strada da quando veniva considerato una “macchina cartesiana”, ossia un essere privo di mente e solo spinto da “movimenti naturali”; ma, ahimè, se finalmente da un lato è diventato un membro del nostro gruppo sociale a tutti gli effetti, dall’altro lato siamo andati verso un antropomorfismo sempre più presente e letale ai fini di una relazione sana.

L’antropomorfismo si manifesta quando attribuiamo ad animali o esseri inanimati caratteri propri degli umani. La mia idea è che questo accada a causa di uno scarso esercizio di empatia da parte nostra. Ma come si palesa? Si mostra principalmente quando non conosciamo i bisogni presenti in una particolare specie ma assenti nell’essere umano, ma anche quando, spesso, trattiamo i cani come nostri figli: questo non sarebbe un male, se però ricordassimo che con un animale c’è bisogno di comunicare in maniera differente.

Alcuni esempi di antropomorfismo, tra i più comuni, si verificano quando:

  • i cani vengono perennemente vestiti, anche se fa caldo;
  • crediamo che un cane ci debba essere grato perché lo abbiamo adottato o perché trascorre con noi una vita agiata;
  •  parliamo troppo mandando in confusione il cane, aspettandoci troppo senza dare molto.

Come potremmo comportarci con il nostro cane per essere compresi e comprenderlo? Ci sono alcuni accorgimenti che possiamo adottare: potremmo innanzitutto informarci sulle motivazioni di razza (o del mix) del nostro cane, chiedendo inoltre consiglio ad un professionista (educatore cinofilo) affinché ci guidi nei primi passi di vita insieme al nostro cane e ci faccia capire come poterci porre in tutte le sue fasi. Ebbene, sì: i cani hanno un’infanzia, un’adolescenza e una fase adulta e di vecchiaia, oltre che fisiche anche e soprattutto mentali. Altrettanto importante è il rispetto dei bisogni etologici del nostro cane che comprendono le uscite quotidiane, un posto tranquillo in casa in cui poter riposare e che sia solo suo, ma anche i momenti di relax in cui non viene stimolato, i momenti di gioco e una socializzazione adeguata con ambienti, persone e altri cani.

Due cose fondamentali su cui bisogna lavorare sono: la comunicazione verbale e la comunicazione NON verbale. Da un lato, parliamo troppo con i nostri cani: riempiamo tutto il giorno la loro testa di “tesoro” di qua, “cattivo” di là, ci rivolgiamo loro con tono acuto e li attiviamo di continuo creando aspettative che poi ci fanno arrabbiare (ad esempio cane che tira al guinzaglio, saltella e così via), diventando perciò ai loro occhi imprevedibili e inaffidabili. Dall’altro lato, ci muoviamo male. Chiediamo al cane di stare seduto, ad esempio, mentre lui non ci guarda o peggio, mentre noi non lo stiamo guardando, abbiamo le mani in aria o stiamo camminando: il cane, allora, ci salta addosso e viene sgridato. Così facendo non ci rendiamo che, in realtà, lui ha perfettamente decodificato ciò che con il nostro corpo e il nostro linguaggio gli abbiamo chiesto, ossia: “dai, facciamo qualcosa insieme, vieni su, salta pure!”.

Ci sarebbero tantissimi esempi da fare, ma la domanda è semplicemente una: non sarebbe bello avere un rapporto florido con i compagni di vita che scegliamo? Non siamo costretti a rinunciarci o a porre dei paletti, basta lavorare da subito su noi stessi. La comunicazione canina è complessa ma straordinaria, a piccoli passi chiunque può riuscire a dialogare con il proprio cane.


Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dei ventenni