Fragole e sangue. Diario di uno studente rivoluzionario. James Simon Kunen Traduzione di Anna Rusconi Edizioni SUR Pagine: 220 Prezzo: 16.50 euro
“Fragole e sangue” è la coraggiosa opera del giornalista, avvocato e attivista americano James Simon Kunen, tradotta per la prima volta in italiano. Coraggiosa, perché nel moto di attivismo a tratti violento del 1968, l’autore decise di esporre la propria pacata e “moderata” opinione in merito ai diritti civili, alle disuguaglianze sociali e alle ingiustizie dell’ambiente universitario. I racconti della sua esperienza nelle campagne di protesta di quegli anni vengono esposte con tono ironico e neanche troppo coinvolto, le sue idee vanno oltre i sabotaggi e i lacrimogeni.
Si tratta di una cronaca fedele delle sue azioni di attivista e delle retate della polizia, con alternati episodi auto-biografici raccontati con un’auto-ironia che funge da anticlimax e rende la descrizione degli eventi più leggera di quanto si possa ritrovare in altre narrazioni più sanguinarie di quel periodo. Noto fin dal liceo per il suo voler “cercare di fare qualcosa” in merito a “razzismo povertà e guerra”, Kunen finisce, nonostante la sua indole pacifica, a diventare un radicale.
Negli anni 60, tuttavia, diventarlo era l’unico modo per essere visibili, per essere ascoltati, e tale esigenza riordinava le priorità dei pacifisti e degli hippie. Kunen decide che la forza delle sue idee può sopravvivere al modo discutibile con cui vengono diffuse.
Il suo è il Diario di uno studente rivoluzionario e solo il sottotitolo spiega tutto il disagio delle prime contestazioni studentesche cui assiste. Mentre si destreggia per sopravvivere nel contesto accademico, non può fare a meno di notare i soprusi e la mancata democrazia dei college americani, in particolare della Columbia University, la sua università. La miccia di queste proteste viene accesa sempre per uno stesso motivo di fondo, non è un caso se a “fare i rivoluzionari” sono sempre i giovani studenti. Al liceo cresciamo in un contesto che ci impone l’autorità, i professori sono una classe separata e superiore a noi; ma noi siamo dei ragazzini e, sebbene non tutti, inconsciamente la situazione la accettiamo così com’è. Al college, all’università, nei campus, tu ci entri che per la società sei un adulto formato, puoi votare, puoi bere e guidare (magari non insieme) e allora il fatto che ancora ci sia questa “casta” del corpo docenti ti disturba, assisti agli stessi abusi di potere, alle discriminazioni. Non solo. Ti rendi conto non è il campus, lì è solo più evidente, ma anche chi poi ci comanderà in futuro fuori di lì (siano boss d’azienda o politici) si comporterà allo stesso modo.
Nell’immaginario comune le rivoluzioni sociali del 68 hanno l’allure della ribellione e dell’anticonformismo, hanno incarnato le più alte aspettative degli anarchici e ispirato tutti coloro che ancora oggi “cercano di fare qualcosa” in merito a “razzismo, povertà e guerra”.
Kunen parla dei comizi, dell’adrenalina che solo da giovani può permetterci di pensare in modo concreto a investire energia nel cambiare il mondo. Solo da giovani, perché la sua è la stessa generazione che una volta arrivata al potere si è fatta corrompere esattamente come le precedenti. Adeguarsi, da vecchi e stanchi, è molto più facile.
Personalmente, ritengo questo libro adatto a chi vuole una prospettiva più intima e allo stesso tempo più ampia delle rivoluzioni, a chi assiste ai comizi con microfoni e amplificatori, figli dei comizi urlati nei parchi da sopra podi fatti di scatole, e sente sempre gli stessi discorsi e la stessa speranza di cambiare.
“Ehi, lo sapete che fanno i comunisti? Si innamorano e a volte fanno dei figli. Giuro.”
(J.S. Kunen)