La crisi generata dall’emergenza sanitaria ha avuto un impatto devastante sul comparto musicale.
Secondo un’indagine svolta da AstraRicerche su un campione di 427 fra agenzie, aziende clienti e fornitori, nel 2020 la perdita media del settore è pari a -70,8% del fatturato e per il 2021 la perdita media si aggirerà intorno al -64% rispetto al 2019. Il primo dato che emerge è l’ovvio calo del numero di eventi svoltisi nel 2020, passati da una media di 104 all’anno a 26,3. Questi numeri sono per lo più determinati dai primi mesi del 2020, in cui si svolti in media 8,3 eventi: nelle stesse settimane del 2021, si sono svolti 9,3 eventi, di cui 3,5 in streaming e 2,8 in formato ibrido. Cifre quasi positive, che fanno ben sperare per la stagione in arrivo, e che sottolineano l’importanza degli eventi digitali, passati dal 10% al 16,4%. Se da un lato i fornitori iniziano a spingere sul digitale modificando la loro offerta, il 94,5% delle aziende clienti dichiara di sentire la mancanza degli eventi fisici, senza i quali faticano a raggiungere gli obiettivi di target e comunicazione. Inoltre, per il 70,3% gli eventi digitali non sostituiscono quelli fisici. Allarmante la situazione della forza lavoro: il 40% degli intervistati dichiara di dover rinunciare a una grossa fetta dei dipendenti o collaboratori semi-continuativi.
I dati della discografia registrano invece un incremento del 7,4% a livello globale e dell’1,44% nel bel Paese. A trainare il giro d’affari è la spinta degli abbonamenti ai servizi in streaming. L’aumento di questo tipo di ricavo, che ha superato i 104 milioni di euro e compensato il calo inerente agli altri formati, incluso il segmento fisico, e quello dei diritti connessi come quelli di esecuzione.
Le canzoni ci hanno fatto compagnia sui balconi durante il lockdown o nelle cuffie con il loro potere taumaturgico e la connessione tra artisti e fan si è spostata sui social network o sulle piattaforme di streaming e sui social – qui, in particolare, i ricavi sono aumentati del 31% raggiungendo quasi i 39 milioni di euro. Canali come Instagram e Facebook, da inizio pandemia, hanno infatti trainato Apple Music, Spotify, Amazon Music e tutti gli altri servizi. La quota di mercato digital ha raggiunto così l’81% di tutti i ricavi in Italia e si può considerare conclusa la transizione digitale del mercato musicale italiano, complice anche la fiducia delle case discografiche che hanno proseguito nella pubblicazione delle novità persino nella fase più difficile, con 156 album certificati tra oro e platino nel 2020. Il panorama italiano si conferma vivace e pieno di opportunità, amplificate dal digitale: basti pensare al fatto che nello scorso anno sono ben 246 gli artisti che hanno superato i 10milioni di stream e che la top ten della classifica annuale degli album più venduti è stata interamente occupata dalla significativa e diversificata offerta made in Italy. E se la vendita dei cd registra dati a ribasso, contenuti dal Bonus Cultura, quella del vinile registra una crescita del 2,5%.
Con l’allentarsi delle restrizioni e l’avanzamento della campagna vaccinale, il settore musicale auspica una rinascita. Stiamo tornando a godere della musica dal vivo, seppur distanziati, spesso seduti, muniti di mascherina, ma felici come se fosse la prima volta. È vero, non possiamo ancora pogare né abbracciare sconosciuti sulle note delle nostre canzoni preferite, ma quant’è emozionante tornare sotto i palchi? Celebriamo allora la festa della musica così, acquistando i biglietti per un concerto e supportando l’arte che nei mesi scorsi non ci ha mai abbandonati.
Già pubblicato su L’Altravoce dei Ventenni-Quotidiano del Sud 21/06/2021