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C’era una volta il lavoro

La vendita online aumenta gli incassi ma diminuisce il lavoro

Il nuovo che avanza è una definizione che racchiude tanti significati: dal progresso all’innovazione fino ad arrivare all’evoluzione.

È quello che sta succedendo nel mondo in ambito lavorativo, dove sempre più aziende ricorrono agli store online sostituendoli a quelli fisici. Ci sentiamo ripetere da anni che bisogna cambiare visione, rimodernarci; che il lavoro sta cambiando e con esso anche la mentalità professionale. Tutto giusto e corretto, se non fosse che questa linea intrapresa sta affossando decine e decine di dipendenti. A riguardo, recentemente, sta facendo discutere la chiusura di ben quindici store fisici della Disney; da Firenze a Verona fino ad arrivare anche a Napoli e Catania. La vendita sarà soltanto online. La chiusura di questi punti vendita ha costretto 224 dipendenti a perdere il proprio lavoro, con la messa in liquidazione della società avvenuta già nel Maggio scorso.

Una scelta che non dipende solo ed esclusivamente dalla crisi economica ma da una strategia autonoma del franchising al solo scopo di aumentare i ricavi. Un passaggio ad un modello di business incentrato sugli internet shop che, a detta degli stessi imprenditori, risulta essere vincente.

Tale direzione è stata incentivata e rafforzata da un vistoso cambiamento nelle abitudini d’acquisto; il tutto accelerato dal periodo pandemico, con la quarantena che ha spinto le persone a spostarsi pesantemente sullo shopping online. Il 70% dei dipendenti Disney (ossia 156 lavoratori) fortunatamente verrà smistato alle dipendenze di D-Retail, società di commercio al dettaglio controllata dal gruppo Percassi.
La domanda è: il restante 30% che fine farà?
Verrà dimenticato o verrà sostenuto con costanza e partecipazione?

Ma il discorso, purtroppo, coinvolge anche altri settori ed altri franchising, per un fenomeno sempre più in continua espansione. Oltre al danno economico per dipendenti e lavoratori, chiudendo gli store fisici si annienta il piacere di recarsi al punto vendita più vicino per ammirare la mercanzia. Un desiderio d’evasione, di libertà, di uscire di casa, che la pandemia ha contribuito a rinvigorire.
Ci rimproverano di essere troppo virtuali ma, in un modo o nell’altro, ci costringono a dover necessariamente ricorrere ad internet anche per un semplice regalo.

Bisogna trovare un compromesso che riesca a far coesistere il negozio fisico e quello online, senza che uno escluda l’altro. Comprendiamo la volontà degli imprenditori di fatturare il più possibile a fine anno; ma con questa filosofia di business iniziano a rimetterci troppe persone e, a farne le spese, saranno anche le interazioni sociali vis a vis.

Qualche giorno fa Alessandro Siani, a Striscia la Notizia, ha commentato la chiusura dei Disney store fisici con un monologo dal retrogusto amaro che fa riflettere e che profuma di verità:

Non è vero che le storie hanno, tutte quante, il lieto fine. Ora le favole, secondo me, le dovrebbero riscrivere.
Cenerentola non perde più la scarpetta ma perde il lavoro.
I 7 nani non cantano andiamo a lavorare ma andiamo a scioperare.
E la mela avvelenata non l’ha mangiata solo Biancaneve ma 230 dipendenti.
Ora capisco perché si dice c’era una volta: il lavoro!


Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dei ventenni