Nei mesi di marzo e aprile, in piena pandemia, quando tutti eravamo chiusi in casa a trascorrere le nostre giornate, una frase riecheggiava in tv, in radio, sui cartelloni pubblicitari e sugli striscioni appesi ai balconi: “andrà tutto bene”. Sono passati diversi mesi da quelle lunghe giornate scandite dai bollettini delle Protezione civile delle 18, dai discorsi del Presidente del Consiglio e dalle attività casalinghe, è quasi passata una estate e il momento della ripartenza effettiva è alle porte. A settembre riapriranno le scuole, molte attività faranno tornare in ufficio i lavoratori ancora in “smartworking” e ci si appresta a riprendere i ritmi  pre-pandemia o almeno così crediamo. Non  è andato  proprio tutto bene, non sappiamo come andrà nei prossimi mesi, banco di prova con il ritorno ad una vita semi-normale. Cosa ci aspetta in autunno? Ci ritroveremo di nuovo a cantare ai balconi? Attenderemo con ansia i discorsi trasmessi in tv del Presidente del Consiglio? A tutte queste domande non ci sono risposte certe. I dati fino ad ora sono dalla nostra parte, le misure rigide e i sacrifici hanno ripagato, abbiamo vissuto un’estate certamente più tranquilla rispetto ad altri Paesi, ma non possiamo mollare la presa, non possiamo abbassare la guardia. Settembre è sempre stato l’inizio ufficioso dell’anno, un secondo capodanno, che segna il ritorno alla vita normale dopo i lunghi mesi estivi di vacanze e relax, e quest’anno lo è ancora di più. Ci prepariamo ad iniziare un nuovo anno con tanti buoni propositi e tante speranze. In cima alla lista c’è sicuramente una ripresa economica, necessaria per andare a avanti a superare la crisi che ci accompagna da mesi. Migliaia sono le attività che non hanno più riaperto dopo il lockdown, alcune hanno provato a ripartire, ma si sono arrese di fronte alle spese ingenti e agli incassi incerti. Il famoso “smartworking”, che poi sarebbe più corretto chiamare lavoro da casa, accompagnerà ancora numerosi lavoratori per i prossimi mesi e molti si chiedono se sia valido davvero, altri quali siano gli effetti di questo nuovo modo di lavorare sull’economia delle grandi città, c’è chi sostiene che sia la nuova frontiera del mercato del lavoro e chi invece denuncia la mancanza di orari effettivi di lavoro che si ripercuotono sulla vita privata del lavoratore. La cosa certa è che si tratta di una cambiamento che ha segnato la fine del tradizionale lavoro in ufficio e come in tutte le rivoluzioni non si torna indietro.

La ripartenza più attesa, però, è sicuramente quella della scuola. Il ritorno sui banchi è previsto per la metà di settembre, con alcune eccezioni, e da mesi ormai gli istituti si stanno organizzando e stanno programmando questo nuovo inizio, dopo sei mesi di assenza dagli edifici scolastici, per consentire a tutti di tornare a vivere la scuola in sicurezza. Cosa aspettarsi dal ritorno in classe? Come ci si dovrà comportare? Come per il resto della vita sociale, il distanziamento fisico continuerà a scandire i rapporti e la mascherina ormai è accessorio immancabile quando si esce di casa. Se c’è una cosa che il Covid ci ha insegnato è che fare programmi a lunga scadenza spesso non conviene, bisogna vivere giorno per giorno. L’unica chiave per ripartire e ricostruire un futuro è l’impegno e la costanza, la serietà nello svolgere il proprio lavoro, qualunque esso sia, perché, come per costruire una casa stabile e resistente è necessario partire dalle fondamenta e dai pilastri portanti, così per ricostruire un Paese, è necessario partire dalla scuola, dalla formazione e dal lavoro di ognuno che come una goccia va a formare il mare.

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