Quale futuro spetta i giovani italiani in UK
Nell’opera teatrale “Aspettando Godot” di Samuel Beckett, il drammaturgo dell’assurdo mette in scena la condizione dell’attesa e il nonsense della vita umana, rappresentati dai due vagabondi protagonisti in attesa di incontrare una persona, Godot. Un avvenimento che non avverrà mai e per cui non fanno nulla affinché si realizzi. Quando è stato indetto il referendum nel 2016, nessuno si sarebbe immaginato che la maggioranza degli inglesi avrebbe votato per uscire dall’Unione europea. Invece da quel giugno l’intero paese e l’intera comunità europea vivono in un limbo fatto di attese, riflessioni, tentativi di stravolgimenti che non si concludono mai in qualcosa di concreto. Gran Bretagna e Unione europea sono i vagabondi di Beckett:
“Allora, andiamo?”
“Sì, andiamo!”
E non si muovono.
E noi tutti aspettiamo un accordo, una decisione definitiva, una presa di posizione, qualunque cosa che permetta di uscire da questo stallo; perché l’accordo finale non è stato concordato ed è fondamentale per rinegoziare i rapporti. Il termine ultimo per uscire è, infatti, di due anni e concordare gli aspetti commerciali, economici e politici che derivano dall’appartenenza all’UE determina il futuro del Paese uscente.
Quindi, politicamente, cosa accadrà adesso? Onde evitare che il paese esca dall’UE senza un accordo (il così detto no deal), il premier Johnson dovrà negoziarlo e, in seguito, farlo approvare dal parlamento inglese. Le beghe politiche interne, però, sono ancora una volta un ostacolo al termine di questo valzer, perché l’ultimo accordo di Johnson non è stato approvato dal parlamento entro i termini previsti e ciò comporta una richiesta di rinvio, che è stata accolta nell’ultima settimana dal presidente del Consiglio europeo Donald Dusk. Le sorti del Paese e della Brexit sono, quindi, rimandate al 31 gennaio. “Godot arriva domani”.
La Gran Bretagna è sempre stata una delle mete più ambite per i giovani italiani, sia come destinazione definitiva, sia come breve parentesi formativa. Non si parla solo di cervelli in fuga, ma di migliaia di ragazzi che ogni giorno attraversano la Manica, attratti dallo stile di vita inglese, l’efficienza, le possibilità lavorative e il welfare state. Il sogno britannico che non vede il lavoro a tempo determinato come precarietà, ma la possibilità di allargare le proprie conoscenze e arricchire le proprie esperienze, supportati da uno Stato che non vuole “impigrire” la forza-lavoro con un indeterminato a vita, ma sostenerlo e spronarlo ad arricchirsi e arricchire, di conseguenza, la Banca d’Inghilterra. In questo clima d’incertezze sono la categoria più a rischio, che più di tutti ha tanto da perdere e sta già risentendo ora della sua posizione, in questo limbo che ha messo a soqquadro inglesi e immigrati. Il console generale d’Italia a Londra, Massimiliano Mazzanti, stima che attualmente vivano circa 700mila italiani nel Regno Unito, ma solo 315mila siano regolarmente iscritti all’Aire. Secondo la legge, il cittadino italiano che voglia vivere in un Paese estero per più di 12 mesi si deve iscrivere all’Anagrafe italiani all’estero entro novanta giorni dal suo trasferimento. Secondo queste stime, più della metà degli italiani che arrivano nell’isola non sono regolarmente registrati e, se non corrono ai ripari, potrebbero essere i primi a risentire di un’eventuale applicazione della Brexit. Gli uffici del consolato sono, infatti, stati travolti dalle richieste, ma numerose testimonianze provano che spesso non basta provare di aver lavorato e vissuto in UK per tanti anni per poter essere riconosciuti ufficialmente come cittadini britannici, comportando una probabile espulsione di immigrati di prima generazione. Sono in crisi i dipendenti comunitari, ma anche gli imprenditori e coloro che lavorano in settori che prevedono l’interazione tra Gran Bretagna e paesi europei, come Benedetta Montera. Benedetta è operation manager a Londra per un’azienda che si occupa di viaggi studio all’estero, la Dusemond Study Programmes. Ogni anno la sua azienda accoglie circa duemila studenti da ogni parte del mondo e detiene quattro centri nel territorio inglese.
In che modo il tuo lavoro verrebbe influenzato dalla Brexit?
Dovendo, per lavoro, stare a stretto contatto con studenti e aziende europee, sia per me che per chi lavora nel mio settore, la Brexit porterebbe alla paralisi. La prima conseguenza sarebbe la necessità del rilascio dei visti per visitare il Regno Unito e ciò comporterebbe che il prezzo offerto per due settimane di studio in Inghilterra, salirebbe inevitabilmente. Inoltre, la sterlina sarà deprezzata e ciò creerà un dislivello con l’euro. Il nostro business ne risentirebbe tantissimo, siamo tutti appesi ad un filo e speriamo non si proceda con un accordo, ma si resti nell’UE. Speranza che risiede tutta nelle nuove elezioni politiche previste per questo 11 dicembre.
Nel tuo caso, cosa comporta questa situazione di stallo?
Il lavoro non sarà più stabile e la tassazione e la permanenza nel Regno Unito sarà diversa. Purtroppo, il futuro per noi giovani lavoratori italiani in Inghilterra è incerto. Ogni giorno si susseguono notizie diverse e i datori di lavoro non sanno se potranno rinnovare i nostri contratti, anche se nel mio caso possiedo già un contratto a tempo indeterminato. Bisogna considerare anche che, in città grandi come Londra, i servizi primari forniti in ambiti come quello ospedaliero, dei trasporti, della ristorazione, sono per lo più gestiti da europei.
Come potrebbero evolversi le cose, dal tuo punto di vista?
Spero sempre che questa hard brexit non vada avanti e ho piena fiducia nella vittoria dei labour nelle prossime elezioni di dicembre, partito da sempre contro la brexit. L’economia dell’isola ne risentirebbe moltissimo ed è importante considerare anche i molti inglesi che risiedono in altri paesi europei. Il common sense e il grande spirito d’integrazione che da sempre ha contraddistinto il Regno Unito nei vari secoli storici, prevarrà alla fine. Rimango molto positiva. Il futuro per noi tutti continua a chiamarsi Europa.
Articolo già pubblicato in versione ridotta sul Quotidiano del Sud – l’Altra voce dei Ventenni di lunedì 18/11/2019