“Ogni potere assoluto, appena diventa dominante, si preoccupa di possedere e controllare due grandi eventi: la morte e la vita. […] La vita sta nel ventre delle donne. Da qui il controllo stretto sulla morale sessuale femminile, perché anche simbolicamente quel ventre diventa proprietà di uno Stato e di una Chiesa e viene depredato di ogni libertà”. Così scrive Dacia Maraini ne “Il diritto di morire”, un libro che parla di eutanasia, una materia che necessariamente abbraccia il più generale diritto di autodeterminazione del singolo. La citazione scelta, infatti, si riferisce al diritto di una donna di disporre liberamente del proprio corpo, di scegliere se generare una vita o meno, di autodeterminarsi scevra da ingerenze culturalmente imposte.
L’ennesima femminista che parla di aborto…quasi preferivo leggere l’articolo di un improvvisato virologo sul Covid, starete pensando.
Ebbene, signori miei, per non farci mancare nulla, oggi parleremo di aborto, diritti delle donne e coronavirus contemporaneamente!
Sono passati quasi 40 anni da quando, sia pur con talune lacune, è stata data forza di legge alle seguenti quattro parole: abortire è un diritto. Sono passati quasi 40 anni ma l’emergenza sanitaria di questo periodo rischia di privare nuovamente le donne della loro libertà di scelta: molti reparti ospedalieri sono chiusi o convertiti, in quelli aperti si possono incontrare obiettori di coscienza o si rischia il contagio.
Consapevoli di questo, 26 deputate dell’intergruppo Donne, diritti e pari opportunità hanno presentato richiesta di interrogazione parlamentare al ministro della Sanità.
Ci siamo confrontati con l’on. Chiara Gribaudo, promotrice della richiesta di interrogazione parlamentare, membro dell’intergruppo nonché della Commissione Lavoro.
L’aborto è stato uno degli argomenti affrontanti in quella che inevitabilmente – e doverosamente, aggiungerei – è stata una conversazione molto più ampia.
Per rompere il ghiaccio. Onorevole, ci racconta a cosa stava lavorando l’intergruppo prima dell’emergenza?
Avevamo appena posto al premier Conte il tema del rispetto della parità di genere sulle nomine di Stato, poiché eravamo alla vigilia del rinnovo dei cda e dei collegi sindacali delle Authority, delle agenzie fiscali e delle aziende partecipate, che poi il Parlamento avrebbe dovuto confermare. Inoltre il lavoro dell’intergruppo è appunto, spesso, quello di evidenziare con atti ispettivi ciò che non funziona, per rimediare alla stortura nelle opportunità di e nei compensi delle donne, che nel suo complesso rappresenta una distorsione democratica, in quanto lede l’uguaglianza e la partecipazione alla vita politica, economica e sociale del Paese, che la Costituzione chiede alla Repubblica di garantire.
Per contestualizzare. Quali gender gap sconosciuti o sottovalutati sono venuti alla luce in questo periodo?
Il tema della violenza tra le mura domestiche è davvero molto preoccupante: la quarantena per le donne vittime di violenza domestica significa condividere 24 ore su 24 la casa, che diviene dimensione unica di vita, con il proprio aguzzino. Inoltre è emersa con forza la necessità di alleggerire il lavoro di cura, proprio a causa dello smartworking. Immaginate di essere davanti al computer a lavorare e di dover contemporaneamente badare ai figli piccoli o che devono seguire le lezioni a distanza. Molte donne sono in difficoltà in queste settimane perché esposte a un carico di lavoro doppio, professionale e domestico, che ha forti ripercussioni anche sul piano psicologico.
Per approfondire. Parliamo delle difficoltà che le donne stanno incontrando per abortire in questo periodo e della richiesta di interrogazione parlamentare che avete promosso?
Questa richiesta per me nasce dal confronto con alcune realtà torinesi: ho sottoscritto con loro un documento e da lì poi molte associazioni sparse per l’Italia hanno rilanciato appelli su questo tema. La richiesta di interrogazione ci è parsa istituzionalmente doverosa. Con la paura di frequentare gli ospedali, tanti interventi rimandati e tanti reparti chiusi o ridimensionati per far posto ai pazienti covid, c’è il rischio di tornare a pratiche clandestine con grande danno per la salute delle donne, e questo è inaccettabile. È un dovere dello Stato, anche e soprattutto in tempo di emergenza, continuare a garantire il diritto all’aborto e garantirlo in sicurezza, ad esempio favorendo l’uso dell’aborto farmacologico. Che poi è comunque un diritto alla salute.
Per spaziare. La conferenza stampa della Protezione Civile delle 18:00 circa è diventata un appuntamento fisso. Ad affiancare Borrelli vediamo ogni giorno questo o quel dirigente pubblico. Cosa ne pensa del fatto che non sia mai comparsa una donna al suo fianco?
Penso che ancora ci siano settori nel paese in cui il famoso “tetto di cristallo” non si è rotto. L’emergenza dimostra, ancora una volta, l’apporto fondamentale delle donne per la vita del paese, in questo caso nella lotta al covid. Infermiere, medici, Oss, ricercatrici sono in prima linea in questa battaglia. Insomma c’è ancora molto da fare anche in termini di professionalità da spendere in alcuni comparti; per non parlare di progressione di carriere e di parità salariale. Tema, quest’ultimo, su cui mi stavo adoperando proprio prima dell’emergenza covid. Avevamo infatti il mio disegno di legge in discussione in commissione Lavoro alla Camera.
E, invece, riguardo l’assenza di donne nella task force nominata per decidere le modalità di riapertura dei luoghi di lavoro?
Sono furibonda. Inaccettabile, sempre, ma ancor di più quando riguarda un lavoro che toccherà da vicino la vita delle donne, che le riguarderà da vicino in termini di reddito e sicurezza della propria salute. Escludere poi una delle componenti della società che maggiormente ha pagato la crisi, è indecente.
Per riflettere. Storicamente le donne sono riuscite a raggiungere piccoli o grandi traguardi durante o immediatamente dopo situazioni difficili. Basti pensare alla Rivoluzione francese o alle guerre mondiali. Come crede che la figura della donna uscirà dopo questa crisi sanitaria? Possiamo iniziare a pensare ad un premier donna?
Credo che la donna ne uscirà più consapevole e più desiderosa di veder affermati i propri diritti, a partire dal lavoro. Sono molto colpita da come per la prima volta ho visto reagire in modo serio, composto, ma determinato lavoratrici come le Oss, purtroppo spesso ultime per stipendi e diritti, e reagire a questa fase con forte consapevolezza del ruolo. Parliamo di donne che svolgono un ruolo faticoso ma indispensabile, spesso però mal pagato e non valorizzato. Dobbiamo pensare ad un premier donna e su questo abbiamo solo da imparare dalla Germania. Ricordo ancora quel bambino tedesco che, avendo conosciuto solo la Merkel, chiese se un uomo poteva diventare premier in Germania. Ecco, vorrei fosse così anche per il nostro Paese ma mi accontenterei già di avere leggi elettorali più propense ad una vera parità, cosa che non è oggi all’ordine del giorno.