Il 25 ottobre scorso si è celebrata la Giornata Internazionale della Pasta, piatto che, come sappiamo, rappresenta l’italianità nel mondo e uno dei pasti principali della dieta mediterranea. Esiste sotto varie forme: pasta secca, pasta fresca, pasta lunga, pasta corta, pasta a base di semola oppure a base di legumi. Seppure l’Italia ne rappresenti la culla, le sue origini pare che siano ben più lontane.
La storia attribuisce ai cinesi il primo utilizzo della pasta e la successiva importazione in Italia, nel 1295, per opera di Marco Polo, di ritorno dall’impero del Gran Khan. Tuttavia, l’esistenza della pasta non si deve alla Cina, ma alla civiltà persiana e, soprattutto, a quella greca. Ne parla per primo, nel V secolo a.C., il commediografo Aristofane in una delle sue commedie in cui descrive un tipo di pasta simile ai ravioli. Tracce dell’uso della pasta si hanno nella civiltà etrusca: in una tomba di Cerveteri sono riprodotti strumenti da cucina, molto simili a quelli attuali, necessari per preparare i ravioli. All’epoca dei Romani sono invece tanti gli autori che ci hanno lasciato testimonianze sulla pasta e, in particolare, delle “lagane”, strisce più o meno larghe che spesso contenevano farciture a base di verdure. A citarle sono Orazio e Terenzio Varrone, nel I secolo a. C. e poi Apicio, uno dei più antichi compilatori di ricette gastronomiche, nel I secolo d.C.
Sul finire del XII secolo quella della pasta era divenuta una vera e propria industria, tanto che molti scritti dell’epoca testimoniano la sua esportazione verso l’Italia meridionale, la Sardegna, l’alto Tirreno e la Provenza. Fu nella prima metà del Seicento che si introdusse la ricetta più conosciuta nel mondo: la pasta al pomodoro. A partire da questo momento, la produzione napoletana superò quella siciliana, anche se stentò ad imporsi nelle sale da pranzo delle famiglie nobili. La pasta, infatti, prima dell’introduzione della forchetta, veniva mangiata per strada, con le mani, e venduta da venditori ambulanti a prezzi bassi. Nei due secoli successivi la pasta ha registrato miglioramenti nella produzione, grazie all’introduzione delle nuove macchine, prima idrauliche, poi a vapore e infine computerizzate. La tradizione pastaia è rimasta patrimonio italiano. A oggi i più importanti centri di produzione si rinvengono in Campania, in Emilia Romagna e nel Centro-Sud, mentre la tradizione ligure è rimasta attiva sostanzialmente a Imperia.
Gli italiani rappresentano i maggiori produttori e consumatori di pasta. Specialmente i giovani, basti pensare che, secondo le statistiche, il 63% di loro mette la pasta al primo posto tra i cibi che risultano irrinunciabili.
Sei italiani su dieci (tra i 15 e i 35 anni), non riuscirebbero mai a rinunciare al piatto di pasta, è questo il dato che emerge a seguito di una ricerca condotta per Aidepi (Associazione delle Industrie del dolce e della pasta italiane). Otto giovani su dieci la mangiano tutti i giorni, con una media nazionale di circa 6,5 piatti a settimana. Dato ancor più indicativo è quello che vede 1 italiano su 5 nella fascia dei giovanissimi, con età fino ai 25 anni, fare regolarmente il bis, con un consumo pari a 10 piatti di pasta a settimana. I piatti preferiti sono quelli della tradizione: le lasagne, la pasta al forno, la carbonara, gli spaghetti alle vongole, la pasta con pomodoro e basilico. Anche qui è possibile stilare una classifica poiché nella fascia fra 18 e 34 anni la preferenza è per la carbonara, mentre nelle fasce d’età successiva prevalgono la pasta al sugo e la pasta alle vongole. Uno dei motivi per i quali i giovani sembrano essere tanto affezionati a questo alimento è la sua semplicità, molto spesso per gli studenti è il piatto più facile e veloce da preparare. Ed anche il falso mito secondo il quale questo cibo faccia ingrassare può essere sfatato, perché, come spiegano diversi nutrizionisti, 80 grammi di pasta, moderatamente condita, consentono di assumere la giusta quantità calorica di cui il nostro organismo ha mediamente bisogno. Economicamente, invece, la pasta è al secondo posto nel carrello della spesa dei giovani italiani, che mediamente le riservano circa 45 euro al mese (insieme al pane). Al primo posto c’è il consumo di carne che impegna circa di 52 euro al mese del portafoglio dei nostri ragazzi. Se si pensa che la terza posizione vi è la verdura, possiamo a pieno titolo parlare di ritorno alla dieta mediterranea, che rimane il giusto equilibrio tra la tutela della salute e la salvaguardia del palato.
Insomma, la pasta rappresenta un vero e proprio patrimonio storico e culturale della nostra tradizione, oltre che una ricchezza di cui le nuove generazioni non potranno fare a meno.
Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dei ventenni