A Strasburgo si è aperta la prima udienza che vede imputati 32 Stati per inazione sul clima
Quella del 23 settembre 2023 è stata una data storica, nella quale il tema della crisi climatica è arrivato allo scranno più alto della giustizia europea: la corte di Strasburgo.
Sei giovani portoghesi, infatti, hanno intentato una causa contro 32 Paesi per inazione contro la crisi climatica. Sono coinvolti, oltre agli Stati dell’Unione Europea, anche la Russia, la Turchia, la Norvegia, il Regno Unito e la Svizzera. La sentenza è attesa all’inizio del 2024.
I ragazzi portoghesi hanno tutti tra gli 11 e i 24 anni, sono quindi figli di questa epoca, fatta di eventi climatici estremi e temperature fuori norma. Sono ragazzi che hanno visto incendi distruggere ettari di terreno accanto alle loro case, sono figli di una situazione fuori controllo, dove l’ambiente naturale non è più un dato inalterato, scontato del nostro agire, ma qualcosa con il quale dobbiamo fare i conti ogni giorno, quando programmiamo una qualsiasi azione quotidiana, un viaggio o un più ampio progetto di vita.
Quella di Strasburgo non è, come invece si potrebbe pensare, la prima causa climatica. In realtà, si sta formando su questo un vero e proprio nuovo filone giuridico e le cause climatiche sono passate, secondo il Global Trend in climate change litigation, da 884 casi censiti nel 2017 ai 2.341 del 2023.
In particolare, si fa riferimento all’inazione dei paesi occidentali rispetto agli impegni presi in sede internazionale, pensiamo per esempio all’Accordo di Parigi, sulle emissioni di gas Serra, che non viene rispettato da nessuno dei paesi coinvolti in questi processi.
Un altro aspetto che viene messo in evidenza nell’udienza di Strasburgo dai tanti avvocati coinvolti è il tema dell’ansia climatica, l’eco ansia che nasce proprio dalla consapevolezza che a causa della crisi climatica le nostre sicurezze non ci sono più, perciò diventa difficile programmare e sognare il proprio futuro.
Ricordiamo che anche in Italia questo filone giuridico si sta facendo avanti: per esempio presso il tribunale di Roma, ma sappiamo soprattutto che di recente la tutela ambientale è entrata in Costituzione, con la modifica di due articoli, l’art. 9 e l’art. 41.
All’art. 9 viene aggiunta alla tutela del paesaggio, del patrimonio storico e artistico, quella dell’ambiente, della biodiversità, gli ecosistemi e gli animali; tutto ciò entra a far parte quindi dei principi della Costituzione. L’articolo 41, invece, dichiara che l’ambiente va tutelato anche dai processi economici che possono minarlo: “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, alla salute all’ambiente. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali.”
Queste parole fanno riflettere molto sulle attività economiche svolte finora in Italia, prima fra tutte la vicenda dell’ex Ilva di Taranto nella quale si sono sacrificati l’ambiente, la salute dei lavoratori e dei cittadini a vantaggio dell’economia.
Ora l’ambiente è diventato qualcosa da difendere e proteggere ai gradi più alti della giustizia italiana e internazionale e l’istituzione di processi ambientali obbliga a misurare e quantificare e vedere chiaramente i danni ambientali, questo può dare un cambio di prospettiva notevole, accelerando i processi della transizione ecologica.
Non dimentichiamo che l’Italia è considerato un paese hotspot della crisi climatica poiché nel nostro Paese la crisi si sta rivelando più evidente e grave rispetto alle altre zone del mondo.
Il mar Mediterraneo, infatti, si sta riscaldando velocemente, le nostre estati stanno diventando sempre più lunghe e intense, in autunno vediamo sempre più spesso piogge che fanno straripare i torrenti. Il nostro, inoltre, è un territorio fortemente danneggiato dal dissesto idrogeologico favorito dalla particolare morfologia del paese, che quindi dovrebbe essere particolarmente attento agli impatti antropici su l’ambiente.
Perciò il verdetto di Strasburgo può essere una chance in più per tutti quei giovani e non solo che credono che la rotta vada cambiata e subito perché in gioco non c’è solo il nostro futuro, ma anche il nostro presente.
Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dei ventenni