Da Apple a The Sphere, le nuove frontiere dell’esperienza a 360 gradi
Assistere almeno una volta nella vita a un laser show dovrebbe essere d’imperio a pagina uno della bucket list di qualunque appassionato di musica. L’intreccio di luci, note e la capacità di immergere lo spettatore in un’esperienza multisensoriale trascendono la semplice visione di uno spettacolo. Viviamo nell’epoca d’oro dell’esperienza a 360 gradi. Da chi come Apple, che ne ha fatto una religione, a chiunque altro attore del mercato, che non può permettersi di ignorare il dato fondamentale rappresentato dall’esperienza che offre al proprio utente quando utilizza il proprio prodotto/servizio.
Sempre in tema Apple ed esperienze immersive, non è un caso che pochi mesi fa sia stato ufficialmente presentato Apple Visor Pro, che, con un abbordabile pricetag di soli $3,500, promette di rivoluzionate completamente il settore della realtà aumentata/virtuale. Come? Non perché sia una nuova tecnologia. E nemmeno per la user experience (sebbene quella di Cupertino sia sempre molto più curata rispetto ai competitor). Banalmente, è una questione di timing: Quando la Apple decide che è il momento per una tecnologia, solitamente ha ragione. I Tablet esistevano da anni quando Steve Jobs presentò l’iPad, ma erano confinati ad una user base di nicchia. Oggi, sono in molti a usare un iPad per qualunque motivo si usi un’iPad. Io sto ancora cercando di capirlo. Anche gli smart watch esistevano da tempo, ma anche in quel caso, quando Apple ha deciso che era il momento, il mondo ha adottato quella tecnologia con relativa semplicità.
Timing, si, ma anche ecosistema. Il valore di poter scattare una foto con l’iPhone e inviarla con un click al Mac tramite airdrop, o di passare un documento dal Mac all’iPad e viceversa per compilarlo e firmarlo, o, ancora, di non perdere nemmeno una telefonata di lavoro (sigh!) perché si indossa un Apple Watch collegato all’iPhone, trascende e supera anche il premium price che la mela morsicata applica ai propri prodotti. Si torna, in fin dei conti, sempre lì. L’utente vuole esperienze immersive, multisensoriali e prive di interruzioni.
Entrando nel merito della notizia recente, gli U2 si sono presentati come pionieri, qualche giorno fa, di una nuova frontiera dell’esperienza immersiva legata alla musica, inaugurando la scorsa settimana The Sphere a Las Vegas: Un’arena tecnologica, costata la bellezza di 2,2 miliardi di dollari, che non è solo un palcoscenico, ma un messaggio potente su come la tecnologia e l’arte possono convergere per creare esperienze ineguagliabili.
Lavorando nel mondo della comunicazione da quasi un decennio, sono fermamente convinto che viviamo in un’era in cui l’esperienza è la chiave di volta per la propagazione di ogni messaggio. Ascoltare una canzone degli U2 è un’attività aperta a tutti, vedere un loro concerto dal vivo è già più ristretta, ma addirittura immergersi in un’esperienza che sfida le percezioni, combinando visioni, suoni e sensazioni, è un’esperienza senza pari, e quindi valevole di essere raccontata tramite ogni mezzo possibile.
The Sphere, questo difficile lavoro della unicità, lo fa brillantemente. La sua struttura sferica è rivestita sia all’interno che all’esterno di schermi led, dando la sensazione di essere completamente immersi nella performance. La pulizia dell’audio, proveniente da 160.000 speaker nascosti, e l’assenza di ostacoli visivi, permettono a ogni spettatore, ovunque si trovi, di sentirsi al centro dell’azione.
Nulla ovviamente sarebbe possibile senza la potenza evocativa delle canzoni degli U2, che non a caso furono i primi ad avere esperienze dedicate anche nei vari laser show, ma al tempo stesso l’importanza di creare esperienze multisensoriali nel mondo dell’entertainment non può essere sottolineata abbastanza.
Viviamo in un’epoca in cui abbiamo accesso istantaneo a quasi ogni forma d’arte attraverso i nostri dispositivi. Ma ciò che ci manca, ciò che bramiamo, è l’esperienza, la sensazione di essere completamente immersi in qualcosa di più grande di noi. E gli U2, con The Sphere, hanno appena elevato quella sensazione a un nuovo livello.
È un’altalena interessante quella che caratterizza il rapporto tra tecnologia e musica. Da migliori amici con strumenti come radio, tv, e dischi che permisero la diffusione delle canzoni a livello planetario, a guerra dei mondi cominciata con Napster e arrivata al giorno d’oggi, dove ogni canzone è disponibile pressoché gratuitamente, dovunque. Ora si aggiunge un nuovo capitolo, che dimostra ancora una volta l’indissolubilità del legame, ma anche che, combinando i due elementi in modo giusto, non c’è limite alla nascita di nuovi momenti magici.