Italo Calvino avrebbe compiuto oggi 96 anni.
Ricordo ancora l’emozione fortissima che mi diede, intorno ai 7 o forse 8 anni, leggere Marcovaldo. Così piccola, eppure così seriosa, avevo accolto con gioia la decisione della maestra di italiano di iniziarci alla lettura di un autore a lei così caro. In venti novelle che seguono lo scorrere delle stagioni, l’autore narrava le vicende dell’ingenuo e sensibile manovale Marcovaldo, sua moglie Domitilla e dei loro bambini. Ho iniziato a comprendere la grandezza di Calvino solo alcuni anni dopo, ma ricordo nitidamente tutti i pomeriggi trascorsi da bambina a inseguire le parole nelle sue opere, a lasciarmi sopraffare da una lingua cristallina, una scrittura curata con superba dedizione e intrisa di una ricerca personale e potente.
Voce potentissima del secondo dopoguerra, Italo Calvino fu autore di romanzi e racconti, ma si interessò anche di teatro, cinema, musica, arte e fumetto. Vicino al Neorealismo e al Postmodernismo, seguì un percorso personale in cui la letteratura divenne strumento per incidere sulle coscienze e ordinare l’esperienza collettiva messa a dura prova dal conflitto mondiale. Ma ciò che caratterizzò le opere di Italo Calvino fu soprattutto l’elemento fiabesco e la svolta verso la letteratura fantastica della trilogia de I Nostri Antenati, cui farà seguito lo sperimentalismo della letteratura combinatoria degli ultimi anni.
Il sentiero dei nidi di ragno, Il barone rampante, Le città invisibili, Lezioni americane: sono solo alcune delle opere di un autore spesso poco compreso, ma che può senza dubbio alcuno essere considerato il miglior interprete della figura dello scrittore pubblico del secondo Novecento. Distante dalle posizioni estreme di Pier Paolo Pasolini e Alberto Moravia, appariva e tuttora appare slegato dalla specificità della sua contemporaneità e capace di parlare all’uomo di oggi attraverso l’esercizio dell’immaginazione e della ragione.
Estremamente prolifico, in quarant’anni di attività ha prodotto centinaia di racconti per riviste e quotidiani (300 per L’Unità, settanta per il Corriere della Sera e 140 per la Repubblica), oltre venti volumi, numerosi saggi e recensioni.
Per comprendere meglio gli snodi della carriera letteraria dell’autore, è utilissima l’infografica realizzata da il Corriere che troverete qui.
Italo Calvino ci lascia la ricerca della leggerezza e della grazia, gli esercizi di stile, l’unione perfetta di grammatica e retorica, la capacità di avvicinare una visione politica e civile della società alla letteratura.
Ma soprattutto lascia un’indicazione sibillina contenuta in Lezione americane: «Nei momenti in cui il regno dell’umano mi sembra condannato alla pesantezza, penso che dovrei volare come Perseo in un altro spazio. Non sto parlando di fughe nel sogno 0 nell’irrazionale. Voglio dire che devo cambiare il mio approccio, devo guardare il mondo con un’altra ottica, un’altra logica, altri metodi di conoscenza e di verifica. Le immagini di leggerezza che io cerco non devono lasciarsi dissolvere come sogni dalla realtà del presente e del futuro».
La sua è un’eredità fatta di cavalieri dall’armatura vuota, di baroni ostinati che si rifugiano sugli alberi, i cigli sull’abisso da cui sporgersi senza mai guardare giù, del desiderio di sovvertire le leggi dell’esistenza, di finali meditabondi e di nostalgia – com’egli stesso la definiva – per letture «brulicanti di personaggi e casi paradossali».
Mi riprometto di cogliere al volo tutto questo, consapevole che ogni lettura (e rilettura) delle sue opere saprà stupirmi e spronarmi, affinando il mio sguardo di lettrice e umanista.