Gli anziani: il nostro ieri e il nostro domani

Bernardo di Chatres, diceva:

Che noi siamo come nani sulle spalle di giganti, così che possiamo vedere più cose di loro e più lontane, non certo per l’acume della vista o l’altezza del nostro corpo, ma perché siamo sollevati e portati in alto dalla statura dei giganti”.

In questo modo, il caro amico Bernardo, voleva dirci che se riusciamo a vedere più lontano è solo perché siamo sollevati e portati in auge dalle esperienze dei più grandi, degli anziani.
Gli anziani, coloro che con la loro esperienza e saggezza ci spianano la strada indirizzandoci su quella giusta da imboccare.
L’etimologia della parola anziano deriva dal latino : anteanus, antianus, derivazione di antea, cioè prima.
Chi ha creato questa parola doveva proprio aver capito il senso dell’essere anziano. Sì, perché l’anziano ha vissuto prima di te, provato prima di te, sbagliato prima di te. Tutto questo gli permette di essere saggi e incredibilmente le loro parole sembrano profezie che puntualmente si avverano. Nonostante ciò, c’è chi incurante del tesoro custodito dentro ogni anziano, ha continuato a vivere la vita normalmente in barba a tutte le misure contenitive consigliate, affermando: “Tanto, muoiono solo vecchi”.
Ecco, muoiono solo i vecchi e con loro muore una delle parti migliori dell’Italia, una delle parti migliori di noi.

Quando un nonno se ne va via, muore con lui quel rapporto unico di complicità, quell’amore sviscerato. Il nostro primo buffo amico, il nostro primo avvocato del diavolo, il nostro rifugio quando qualcosa non va, il nostro confidente. Per non parlare di tutte quelle caramelle che di nascosto dei nostri genitori, ci hanno sempre comprato.

Serena ci dice che per lei suo nonno è stato ed è il collante della sua famiglia, l’anima più pura che abbia mai conosciuto. Suo nonno era uno di quei nonni che continuava a viziare i figli anche da grandi senza mai dimenticare nessuno. Ogni giorno usciva di casa per acquistare il pane, per lui e per tutti i suoi figli, nella busta oltre il pane, c’era sempre una sorpresa per ogni componente della famiglia, non dimenticava mai nessuno. Suo nonno, non era un secondo padre; era un complice, il migliore. Riusciva sempre a scoprire tutte le marachelle e dopo se la rideva, vedendo suo figlio, nonché il padre di Serena, sgridarla. L’unico prezzo da pagare per la sua costante presenza era riempirlo di baci e abbracci.
Luigi, cosi si chiamava il nonno di Serena, era la persona più ricca d’amore che lei abbia mai conosciuto. Ancora oggi, prima di andare a dormire, ci dice, risuonano nel mio orecchio le filastrocche che mi raccontava. La sua assenza è cosi viva in me, da non lasciarmi mai.

Mio Nonno, Faust, era un avvocato di mestiere e un comunista per passione ma di quei comunisti che hanno capito il senso di definirsi tali e hanno fatto del comunismo una religione, alla quale fedelmente mio nonno ha dedicato la vita. Mi sono sempre chiesta perché la vita ci abbia fatto stare insieme giusto il tempo di imparare, da lui, a giocare a scopa. Ma il giorno in cui gli è stata intitolata una piazza, nel mio piccolo paesino, il mio cuore si è riempito di orgoglio ed è li che mi siedo quando voglio sentirti vicino. Proprio lì, guardando il mare sorrido pensando che in qualche posto starai insegnando a qualcuno a giocare a scopa, e chissà se farai vincere anche loro.

Daniela dice che nonna Tetta è il suo essere bambina ed il suo diventare donna: le sue rughe contano un po’ anche i miei anni. Tetta è la bicicletta che sbuca dall’angolo con la battuta sempre pronta. E’ tradizione e modernità, “è il sorriso di mia sorella e gli occhi di mia madre, è tutti i proverbi che mi ha insegnato e le ricette che mi ha raccontato, che non si misurano in grammi ma in sentimento.”

Valentina chiude gli occhi per immaginarla sua nonna Vita, rivede i suoi occhi neri e le mani ruvide, mani che raccontano di problemi economici e di sacrifici “mani che non erano cosi ruvide quando mi accarezzava“. Incredibile, come i ricordi a volte siano dei momenti quasi impercettibili ma che restano indelebili nel cuore e nella mente di chi li ha vissuti. Nonna Vita diceva sempre :

La Famiglia è quella che quando chiudi la porta rimane dentro, e non fuori”.

Ecco la porta si è chiusa ma nonna Vita è sempre nel cuore di chi l’ha vissuta.

Giovanna ci racconta dei chilometri fatti da sua nonna per vederla. In macchina o in aereo, non era importante. Dalla Puglia, Bologna non è mai stata lontana per Rita. L’importante che dentro la valigia ci fosse sempre la cicoria, le fave e le rape, perché “ La piccena, deva mangiare la verdura, quella buona”. La nonna di Giovanna la faceva vincere sempre a burraco e la rimproverava per le troppe sigarette ma la copriva davanti al nonno. La nonna di Giovanna, Rita, voleva esserci il giorno della sua laurea perché quella nipote dagli occhi blu le dava delle grandi soddisfazioni, ma qualcosa di più forte si è interposto: il cancro. Rita era in terapia intensiva, ma non era sola. Giovanna le ha stretto la mano fino all’ultimo respiro, le loro mani nonostante la morte sono sempre rimaste legate, strette l’una con l’altra.

Oggi, in Italia, sono morte, con o per il COVID-19, 7.053 persone, tra cui molti anziani. Molti nonni.
Questi racconti hanno lo scopo di ricordarci quanto loro siano stati e siano importanti nella nostra vita.
Oggi, in Italia, sono morte 7.053 persone; molte sono morte da sole senza alcuna mano amica accanto.
Nessuno ha potuto dare l’ultimo bacio, l’ultimo saluto, né dentro un ospedale né durante un funerale.
Questi uomini e donne hanno lasciato un vuoto nelle famiglie di molti di noi.
Oggi, in Italia, non muoiono solo gli anziani e, anche se fosse cosi, oggi l’Italia si è impoverita d’amore e saggezza.