Se vi dicessi che ho conosciuto una sarta, sono sicura che nella vostra mente si materializzerebbe l’immagine di una vecchina occhialuta, con i capelli raccolti e la fronte corrugata, lo scialle sulle spalle e il ditale al medio, ma questa volta devo deludervi. La sarta che ho conosciuto io è decisamente diversa: Valentina di Filippo, classe 1989, nata in provincia di Salerno, si presenta radiosa in una mattina d’ottobre che sa di primavera, fa la sarta di professione ormai da quando aveva 14 anni e crea abiti di alta moda. Capelli lunghi fin sotto le spalle, occhi nocciola grandi e vispi, un sorriso contagioso e consapevole di cosa significhi rivestire questo ruolo nel mondo frenetico di oggi, vive nella provincia di Salerno ed è molto decisa rispetto ai suoi progetti futuri.
Com’è nata in te la passione per questo mestiere?
«Sono una sarta ormai da vent’anni, ma a me sembra di farlo da molto prima, ho imparato da sola, guardando le mani degli altri e poi cimentandomi. Fin dalle scuole superiori ho deciso che la mia passione sarebbe diventata il mio lavoro, infatti una volta diplomata ho frequentato l’accademia di alta moda a Roma e ho svolto il mio stage prima dallo stilista Antonio Grimaldi e poi da Valentino».
Hai avuto l’opportunità di lavorare con nomi importanti nel cuore pulsante del mondo della moda, come mai sei tornata a Salerno?
«Io ho scelto di tornare nella provincia Salerno, non è stato un caso. Roma mi ha fatto crescere, professionalmente e umanamente, ho conosciuto insegnanti, colleghi, stagisti e da ognuno di loro ho rubato qualcosa che magari a me ancora mancava o che mi incuriosiva particolarmente, per renderla mia. Ho guardato, ascoltato, provato e sono tornata a casa mia con un bagaglio di conoscenza ricchissimo. È qui che voglio dar vita a un marchio tutto mio, qui il terreno è fertile e pronto ad accogliere un tipo di arte del genere».
Noi immaginiamo sempre la sarta con ago e filo tra le mani, per te invece è una forma di arte. Dicci di più.
«Cucire è solo una parte del mio lavoro, ma dietro l’abito c’è uno studio di linee e forme che io amo molto. Ho studiato design di moda, elaboro e disegno i miei bozzetti, poi scelgo il colore e, se non lo trovo, lo creo: nel mio laboratorio non mancano colori acrilici, ad acqua, vernici e pigmenti, mi piace scoprire nuove sfumature, dare vita al nuovo. Poi passo alla scelta delle stoffe, al taglio e infine alla cucitura».
Qual è la cosa più importante che ti ha insegnato questo lavoro?
«Mi ha insegnato due cose fondamentali: avere pazienza, molta, soprattutto quando devo soddisfare l’idea del committente, ma mi ha anche insegnato a essere decisa e ferma. Quando hai un paio di forbici tra le mani e puoi fare solo un taglio per rimodulare la stoffa, non puoi sbagliare e quando questo succede d’improvviso dietro le quinte di una sfilata, è questione di secondi: o sai quello che fai o perdi l’intero abito. È così che le persone iniziano a fidarsi delle tue mani».
Hai detto che ti piacerebbe aprire un marchio tutto tuo, parlaci di questo progetto.
«In realtà ho già dato vita a questo progetto, i vestiti che creo portano il mio marchio: Yume, che in giapponese significa sogno. Io amo il mondo orientale con la sua armonia tra equilibri diversi, i miei vestiti sono così: semplici, puliti, raffinati, le linee e le forme creano connubi armonici. Tutti i miei lavori li pubblico sulla mia pagina instagram che si chiama proprio Yume. Per ora è una piccola realtà, ma vorrei diventasse un luogo in cui i sogni e le idee diventano concreti».
Sei così giovane, ma hai già molta esperienza: che consiglio senti di dare a chi, come te, vorrebbe intraprendere questo mestiere?
«In questo campo bisogna essere bravi, e per diventare bravi serve esercitare molto la pazienza. L’unica cosa che serve per perseguire il proprio obbiettivo è non scoraggiarsi mai. Non lasciatevi abbattere dal primo ostacolo, da una valutazione negativa, da un errore tecnico: tutti gli errori fanno parte del percorso che porta al miglioramento e quindi all’obbiettivo finale».
Mentre saluto Valentina penso a quanto sia importante sfruttare le capacità che si possiedono e perseguirle fino in fondo. Lei ha una passione nel cuore e un’arte fra le mani, le è bastato riconoscere entrambe le cose per rendere concreto il suo sogno. Valentina se ne va leggera e fiera, e me la immagino che volteggia e danza tra stoffe e pantoni, nel suo mondo di ricami, organza e sete, non sarà un caso che la parola Yume significhi anche “danzare tra i sogni”.
Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dei ventenni