“Annuntio vobis gaudium magnum:
Habemus Papam!
Eminentissimum ac Reverendissimum Dominum,
Dominum Joseph
Sanctae Romanae Ecclesiae Cardinalem Ratzinger
qui sibi nomen imposuit Benedictus XVI”.
Alle 18:53 del 19 aprile del 2005, il cardinale protodiacono Jorge Medina Estévez così annunciò l’elezione di Joseph Ratzinger, decano del collegio cardinalizio, che scelse il nome di Benedetto XVI.
Il Conclave del 2005 venne convocato a seguito della morte di papa Giovanni Paolo II, avvenuta il 2 aprile dello stesso anno: alle 17:50 del 19 aprile 2005, dopo il quarto scrutinio, dal comignolo della Sistina si levò la fumata bianca.
A quell’epoca la Chiesa era suddivisa in due macrofazioni: una più conservatrice, presieduta dal cardinale tedesco Ratzinger, e una più riformista, il cui esponente principale era invece l’argentino Bergoglio: questi due, insieme all’italiano Carlo Maria Martini, erano i tre cardiali che concorrevano al titolo di Sommo Pontefice.
È con la rappresentazione del Conclave, dall’ingresso teatrale dei 115 Cardinali nella magnifica Cappella Sistina fino alla proclamazione di Benedetto XVI, che si apre il film “I due Papi” diretto da Fernando Meirelles e sceneggiato da Anthony McCarten, visibile su Netflix (film che ho visto due volte tanta la magistralità degli attori di cui riporto testualmente i dialoghi). Il nuovo rappresentante di Dio sulla Terra, non appena proclamato, suscitò delle reazioni non troppo inaspettate fra i fedeli di tutto il mondo: c’è chi ha subito esclamato – contento – “Ratzinger combatterà il relativismo, si ergerà a difesa del dogma” ma anche chi lo ha prontamente e aspramente criticato per la sua chiusura alle riforme, definendolo come “nazista” – “ha già iniziato a dire troppi no”, “e ai poveri chi baderà adesso?”. In molti, in effetti, durante il suo pontificato, hanno abbandonato il cattolicesimo per la sua visione troppo conservatrice della fede.
Bergoglio, al contrario, interpretò, seppur mai pubblicamente, “la vittoria” del rivale come la sconfitta della Chiesa: “La chiesa ha votato di non far passare la riforma che tanto aspettavamo” – motivo per cui iniziò a pianificare il suo ritorno alla semplice vita parrocchiale.
Tale decisione si consolidò sempre di più negli anni a seguire fino a quando, nel 2012, lo stesso Bergoglio – prima di essere convocato in Vaticano dal Papa – decise di volare in Italia per comunicargli le sue dimissioni da Cardinale Arcivescovo.
Nella pellicola di Meirelles, l’incontro fra i due occupa la prima metà della scena: è ictu oculi percepibile la differenza caratteriale e di approccio alla vita e alla fede dei due uomini di Chiesa.
Papa Benedetto XVI incolpa l’amico di essere uno dei suoi critici più severi, in quanto in conflitto con tutto ciò in cui egli crede e che lo stesso attesta come dogma ai fedeli: gli critica la sua semplicità, – “non alloggi nella residenza dei Cardinali” , definito dal Bergoglio come uno sfarzo puro e semplice. Bergoglio, infatti, incalza: “Come può scegliere la semplicità essere così sbagliato?”.
Il Papa, poi, lo contesta circa le sue più volte affermate idee rivoluzionarie relative alla sua chiara vicinanza ai “peccatori”, la sua apertura al celibato, alle relazioni fra omosessuali, incalza sgridandolo: “Tu concedi i sacramenti a chi non vive in grazia di Dio!” (rectius: i divorziati) e Bergoglio risponde che “Il sacramento non è un premio per i virtuosi ma è cibo per gli affamati”, sostenendo che i muri che la Chiesa in quel periodo aveva eretto erano solo nocivi; la Chiesa era, infatti, controcorrente e fuori dalla realtà perché i tempi impongono un cambiamento: “Gesù è misericordioso, più grave è il peccato maggiore sarà la Clemenza di Dio”.
Ratzinger si inalbera, si alza e si ritira nelle proprie stanze: è contrario a tutto questo permessivismo derivato dal relativismo occidentale.
Bergoglio, invece, è convinto delle sue idee: i tempi impongono un cambiamento, non ha più voglia di sentirsi come “un venditore di un prodotto che non posso in tutta coscienza promuovere” perché sente che la Chiesa tutta è ormai distante dai suoi fedeli: “la vita che Egli ci ha donato non fa altro che cambiare”.
B. “Dio si trasforma.”
R. “Dio dice: “io sono la via”. Come lo troveremmo se fosse sempre in movimento?”
B. “Lungo il tragitto.”
A Castel Gandolfo, quel giorno, si scontrarono due personalità distinte, tenaci e risolute.
I segni del Signore, però, appaiono all’improvviso e dallo scontro nasce un incontro: il soggiorno di Bergoglio a Roma finirà per diventare un’occasione per i due di conoscersi meglio e confrontare le proprie idee, tra tradizione e progresso, senso di colpa e perdono, spingendo il Pontefice a intraprendere una scelta difficile per il bene di oltre un miliardo di fedeli.
Incredibile la scena dei due che suonano, cantano, raccontano barzellette e bevono vino: Bergoglio che accende la tv per vedere la sua squadra del cuore e racconta al Pontefice la storia della sua vocazione; Ratzinger che suona il piano canticchiando ballate tedesche e guarda, rilassato, gli episodi del Commissario Rex: i due vengono ripresi come uomini, normali, reali, vivi, semplici? Forse anche semplici.
Questioni urgenti obbligano, purtroppo, i due a tornare a Roma: infatti era appena scoppiato lo scandalo relativo alla divulgazione dei quaderni personali del Pontefice per mano del suo fedelissimo maggiordomo Gianluigi Nuzzi pubblicati sotto il titolo di “Sua santità: le carte segrete di Benedetto XVI”.
Sullo sfondo del film nonché della realtà vi sono la corruzione, gli scandali legati agli abusi e la diffusione di atti omosessuali all’interno degli ambienti ecclesiastici. Ratzinger, insomma, si sarebbe reso conto di non essere nella possibilità, specie per via delle sue precarie condizioni fisiche, di far fronte a una serie di problematiche dilaganti che necessitavano, per essere risolte, del vigore di un pontefice più giovane.
Il Papa viene spogliato dalla sua immagine idealizzata dall’immaginario umano: viene visto, finalmente, nella sua fragilità, appare chiara la paura del Pontefice, il suo non sentirsi all’altezza del ruolo che Dio gli ha donato; esclama, infatti, “fare il papa è come darsi in pasto alla gente”.
Ratzinger è stanco, si sente solo: “So che Lui è qui ma non ride mai o almeno io non lo sento” e sottolinea invece l’incredibile empatia e sintonia dell’amico-rivale, che addirittura dopo solo poche ore in Vaticano è riuscito a ricevere in dono delle foglie di basilico da parte del giardiniere del Papa.
“Sei molto popolare. Cerchi di essere te stesso; io non piaccio alla gente se sono me stesso”.
Che Bergoglio già all’epoca fosse molto amato, era chiaro: vediamo, invero, un cardinale che ordina un caffè per le vie del centro, chiede se è buona la pizza ed esclama per il gol e il talento del Pipita.
I due, a questo punto della narrazione, si incontrano nella Cappella Sistina, che è bellissima, ancor più bella vuota, lasciata alla grazia di Dio e ai colori e alle forme di Michelangelo.
Ratzinger, allora, confessa di aver ricevuto un segno dall’Altissimo e comunica, per primo, a Bergoglio la sua maturata decisione: “Sai, si impara a far caso alle piccole cose all’improvviso. L’altra sera ho spento la candela e il fumo è andato giù, non più su come di solito. Era un segno; sisì, tu sei quello giusto! Vado a dimettermi, rinuncio subito a tutte le cariche. Ho cambiato idea: prima temevo di dimettermi perchè ero sicuro che avrebbero scelto te; ti ho conosciuto e ora so per qualche strano motivo che la gente ha bisogno di Bergoglio. La Chiesa deve cambiare e lo farà con te”.
La “ritirata” di Benedetto XVI, annunciata l’11 febbraio 2013 ed entrata in vigore alle ore 20 del 28 febbraio seguente, ha sconvolto il popolo della Chiesa sebbene non fu un unicum: settecento anni prima, più esattamente nel 1294, Celestino V rinunciò e abdicò dalla sua carica.
Annunciato l’inizio del periodo di sede vacante, venne, quindi, riconvocato il conclave per l’elezione del suo successore, come previsto dalla costituzione apostolica Universi Dominici Gregis. La sera del 13 marzo 2013 venne eletto al soglio pontificio Papa Beroglio, 266º papa della Chiesa cattolica e vescovo di Roma, che scelse il nome di Francesco.
Egli si palesò ai fedeli dalla finestrella in Piazza San Pietro con indosso soltanto il saio bianco, nessun orpello d’oro o i tipici paramenti papali e disse, come prima cosa: “dovere del Conclave era quello di scegliere un papa; e loro sono andati a prenderlo alla fine del mondo. Ma siamo qui.”
Nonostante il nome, Papa Bergoglio non è di matrice francescana, ma apparteneva ai chierici regolari della Compagnia di Gesù, c.d. Gesuiti.
Essi fanno voto di servire Dio in castità e povertà volontaria, coltivando la consolazione spirituale dei credenti, ascoltando le confessioni e amministrando i sacramenti.
In quest’ottica, Papa Francesco è sempre stato vicino ai poveri e agli emarginati. Egli, durante il suo rivoluzionario pontificato, secondo quanto più volte affermato dallo stesso, ha abbracciato un’idea diversa da quella ufficiale della Chiesa sull’uso di contraccettivi, ritenendo che gli stessi possano essere ammissibili per prevenire la diffusione di malattie anche se si è più volte opposto alla loro distribuzione gratuita.
Bergoglio ha ribadito l’insegnamento della Chiesa cattolica sull’intrinseca immoralità delle pratiche omosessuali ma, allo stesso tempo, ha insegnato l’importanza del rispetto per le persone omosessuali.
Abbiamo quindi oggi due Papi di cui uno facente funzioni: Benedetto XVI, infatti, successivamente alle sue dimissioni, ha assunto il titolo ufficiale di “sommo pontefice emerito” o “papa emerito”, mentre riceve ancora il trattamento di “Sua Santità”; continua a indossare l’abito talare bianco semplice, senza tuttavia la pellegrina bianca e la fascia, mentre all’anulare destro è tornato a portare l’anello vescovile.
Il 23 marzo del 2013 Papa Francesco si è recato a Castel Gandolfo presso il Palazzo Pontificio per fare visita al papa emerito Benedetto XVI.
Dopo essersi abbracciati, i due papi hanno pregato insieme, inginocchiati uno accanto all’altro. Storicamente si è trattato del primo incontro fra due pontefici.
Oggi li ricordiamo così, grazie a Netflix che ci fa rivivere questi importanti momenti della storia della fede cattolica.
“La vita non è mai statica: l’autorità non viene dal potere o dall’intelletto ma da come si vive o si è vissuto. Tu sei cambiato, Jorge” dice Benedetto XVI all’amico durante una confessione informale.
E con lui anche la Chiesa Cattolica è cambiata, si è rinnovata, si sta pian piano adattando ai tempi e, di certo, il pontificato di Bergoglio, di questo, ne è una grandissima prova. Lo stesso Ratzinger disse a Bergoglio, in occasione del loro ultimo saluto prima della proclamazione a Papa dell’Argentino: “San Francesco veniva chiamato da Dio a restaurare la Chiesa… e pensava ai mattoni. Adesso pensaci tu”.
Che tu sia vicino o meno a Dio, che tu creda o meno, Papa Francesco ti è amico: la sua capacità di parlare e di comunicare riesce a far sì che tutti gli vogliano bene.
È conclamato che la Chiesa abbia perso il suo potere originario, oggi viene vista più come potenza economica che come casa dei più bisognosi.
Come diceva Ratzinger, è proprio questo il compito, la missione di Papa Francesco: rivoluzionare i pensieri del cattolicesimo conservatore, uscire dalla crisi della fede e riavvicinare, tutti, a Dio.
Così termina la pellicola di Netflix dopo 2 ore e 5 minuti di curiosa attenzione: viene eletto Papa Francesco per accorciare le distanze con la Chiesa del mondo. Non è un caso che lo stesso abbia ricevuto la nomination agli Oscar: che il suo eco, anche nel settore cinematografico, sia veicolo per riportare, chiunque creda, nella Casa del Signore.