È impossibile pensare alla vita senza tecnologia nel 2015, tante delle cose che facciamo naturalmente ogni giorno ci troveremmo impossibilitati a farle. Immaginiamo per esempio una giornata tipo senza tecnologia. Immaginiamo di andare a letto e il mattino dopo ogin forma di tecnologia sparisce dalla nostra vita. Ore 7, la sveglia, che di solito ci ricorda che dobbiamo andare in università in orario, non suona. Ci svegliamo con un po’ di ritardo e un po’ confusi… che ore sono? Guardiamo il sole… Ma come regolarsi? Cerchiamo di fare il più presto possibile, ma anziché prendere la metro dobbiamo camminare! Cerchiamo di fare il più presto possibile, ma invece arriviamo a lezione già iniziata, in un’aula gelida, dove anziché le solite lezioni interattive fatte di slide e video, c’è solo il prof che parla, parla, parla… E noi già stanchi per la corsa, senza aver preso il caffè – perché la moca funziona anch’essa grazie alla tecnologia – ci addormentiamo di nuovo…
Sfido anche i più tecnofobici al mondo a vivere una vita così. E’ pressappoco impossibile nel 2015. Eppure ci sono persone che dicono di soffrire di techno-fobia. Bisogna però fare un appunto: tecnofobici puri non ne possono esistere, altrimenti non si dovrebbe fare ricorso nemmeno al calesse per spostarsi, esistono coloro che sono avversi alla tecnologia più recente, tipo l’informatica e l’elettronica.
I motivi principali per cui il gruppo sociale dei Luddites rifiutava e combatteva la tecnologia si ricollegano al fatto che agli inizi del 1800 le macchine avevano iniziato a sostituire la manodopera umana, lasciando molte persone disoccupate. Da qui il termine usato anche oggi di “neo-luddism”, sinonimo di tecno-fobia. Un altro gruppo invece è quello degli Amish, che attribuiscono la propria riluttanza verso l’adozione delle nuove tecnologie alla propria religione. Questo gruppo può anche essere definito in un certo senso come un gruppo religioso estremista, in quanto seguono alla lettera i precetti dettati dalla loro religione. Uno dei valori principali è quello della famiglia, che deve essere unita nel lavoro e nella preghiera. La tecnologia dunque rappresenta quel mezzo che potrebbe separare i membri della comunità e minare al rapporto familiare. Tutto ciò però fino ad un certo punto, perché infatti l’uso di alcune tecnologie è possibile, come ad esempio la ruota o per gli attrezzi da lavoro nei campi. L’uso personale è quello più restrittivo.
Quali conclusioni quindi? La paura, o meglio diffidenza verso la tecnologia nasce da alcune caratteristiche insite nella natura umana: siamo diffidenti verso il cambiamento, perché preferiamo lo status quo, quello che già conosciamo al nuovo. Tuttavia adattarsi ai tempi è inevitabile, come lo è riconoscere che la tecnologia semplifica la vita in una miriade di modi diversi, e se una semplice sveglia ci permette di arrivare dove vogliamo in tempo e dosare le nostre giornate, perché non farne uso?
Nata nel 1991 in Calabria, università a Milano (secondo anno di specialistica in Economics and Management of Innovation and Technology). Cittadina del mondo, curiosa e con mille interessi. La routine la annoia, stare sempre nello stesso posto non fa per lei. Scappa dalle responsabilità da adulti (che prima o poi la raggiungeranno). Appassionata di tutto ciò che è imprenditorialità, tecnologia, innovazione, made in Italy etc etc etc.