SUNDAY MORNING. BRINGS THE DOWN IN.

Oggi è domenica. La domenica mattina ho vuoti d’aria. La domenica mattina ho l’impressione di cadere. Di domenica mattina sarò morto centinaia di volte. La domenica mattina è solo una strana sensazione che non voglio capire. La mia domenica mattina sono i Velvet Underground,
la mia domenica mattina è Lou Reed.

Se stavate cercando qualcosa di interessante da leggere, beh, fottetevi, oggi è domenica mattina e non c’è nulla di interessante, solo mal di testa e un’accozzaglia di pensieri sghembi. imagesPensavo a quanto fosse bella Alessia a quattordici anni lì distesa al sole che brucia ogni cosa tranne lei e tutti ci vorrebbero andare a letto, io vorrei solo amarla per un paio di settimane e una manciata di secoli ma ai suoi occhi sono solo un buffo bimbo sperduto con cui poter giocare a fare la “Wendy”. Ogni volta che ascolto “Venus in Furs” mi torni in testa tu, il tuo modo strano di ridere e di come coloravi la notte …”Shiny shiny, shiny boots of leather”

Chissà che fine avrà fatto quella serigrafia di Andy Warhol con cui se ne saltò fuori mio padre un indefinibile pomeriggio di diciannove anni fa. Se digitate su google “serigrafie di Andy Warhol” scorrendo tra le immagini vi apparirà esattamente il quadro che spiccava sulla parete sinistra della porta di camera mia:

serigrafia andy warhol

Ogni sera prima di andare a letto davo un’occhiata a quel donnone ambiguo e puntualmente avevo gli incubi. A diciannove anni scopro che la femme fatale che incasinava i miei sogni con ogni probabilità era un transgender che bazzicava nella “Factory” di Warhol, perché se qualcuno lavorava per la Factory e aveva sembianze femminili era sicuramente untransformer
transessuale o una drag queen. Eccolo lì il mio legame embrionale con Lou Reed, perché io a sei anni in quella serigrafia ci vedevo quello che Lou vide per la prima volta a ventisei entrando a far parte di quel caos di eccessi e genialità, nel mondo plastico di Warhol che poi testimonierà su vinile nel ’72: “Walk on the wild side”, singolo estratto dall’album “Transformer” è un tuffo nelle perversioni, nelle ambiguità, nelle orge, nel feticismo, nei discount, nelle sostanze, nei rifiuti, nella morte, nel movimento incomprensibile di corpi trasformati, buttati chissà dove a perdersi chissà in che modo. Holly Woodlawn, Candy Darling, Joe Dallesandro, Jackie Curtis, Sugar Plum Fairy, queste le stelle spuntate che animano la simpatia e l’ammirazione di Reed e del resto, come si fa a non essere attratti dal lato selvaggio della vita?

Sì, è parecchio manchevole questo articolo, ma vi avevo disilluso in partenza e se vi indexaspettavate che tenessi una lezione sulla storia del rock anni sessanta cascate male, una cosa però vorrei consigliarvela, fatevi il favore di ascoltare almeno una volta nella vita i Velvet
Underground e Lou Reed, perché entrambi hanno un’immensa empatia e smisurata umanità da trasmettere. Potrei finirla qui con “Heroin” ma voglio risparmiarvi la menata esistenziale sul nichilismo e poi oggi è una domenica verde annacquato, lo stesso colore degli occhi di uno splendido, accecante barracuda che per un attimo mi ha fatto dimenticare me stesso; pensavo di essere l’Oceano Pacifico, liberato da quei miliardi di cellule del cazzo e pieno di entusiasmo. Giorni perfetti.

 

Jacopo Sisca
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Classe 1990. Di Urbino. Fancazzista di professione, studente di Giurisprudenza nel tempo libero.
La sua citazione preferita è: “Gatsby credeva nella luce verde, il futuro orgiastico che anno per anno indietreggia davanti a noi. C’è sfuggito allora, ma non importa: domani andremo più in fretta, allungheremo di più le braccia e una bella mattina… Così remiamo, barche controcorrente, risospinti senza sosta nel passato.”(Francis Scott Fitzgerald, Il grande Gatsby)