Oggi faremo un viaggio emozionante alla ricerca della vera natura di un sentimento come l’amicizia, così importante e centrale per noi giovani e non solo.
In questo viaggio ci accompagneranno le voci degli antichi: Socrate, Aristotele, ma anche grandi autori come Montegne, fino a Nietzsche.
Voleremo “Sulle Ali degli Amici” l’ultimo libro di Pietro del Soldà edito da Marsilio e pubblicato nel Marzo 2020, vincitore tra gli altri, del premio Città delle Rose di quest’anno, nella sezione tematiche giovanili.
Insieme all’autore, attento osservatore dell’attualità anche grazie alla conduzione della trasmissione “Tutta la Città ne Parla”, ne analizzeremo alcuni dei punti principali, e cercheremo di capire come questa nuova visione dell’amicizia, che potremmo definire olistica, ci può aiutare ad affrontare le sfide che ci attendono.
1) Un punto centrale del saggio è quello dell’amicizia come qualcosa che ci mette in discussione, ci cambia, ci fa spuntare le ali, questo però può avvenire soltanto con il contatto fisico, la condivisione, il confronto fra diversi. Come la pandemia sta cambiando questo aspetto fondamentale dell’amicizia, soprattutto nei giovani ?
L’amicizia è per i greci l’esperienza fondamentale per sviluppare le nostre potenzialità. Aristotele la definisce “la messa in pratica della felicità”: gli amici vogliono l’uno il bene dell’altro, ma ciò significa che essi “sanno” cos’è il bene dell’amico, che insieme essi si conoscono davvero, e poi anche agiscono in tal senso. L’amicizia dunque, sulla scorta dei filosofi greci, non è solo un bel sentimento da coltivare nell’intimità, ma è anche conoscenza di sé e degli altri e impegno concreto: qualcosa dunque di molto diverso dalla concezione riduttiva che l’individuo contemporaneo ha dell’amicizia come un legame bello, certo, intimo e profondo, ma recluso in una sfera ben delimitata dell’esistenza, meno “impegnativo” dunque rispetto a ciò che pensavano i greci. La pandemia, chiudendoci ciascuno nel proprio guscio domestico, ha finito col peggiorare la situazione allontanandoci da quell’”agire insieme nel mondo” che è la vera materia di cui è fatta l’amicizia.
2) Più in generale, tutti noi, in questo periodo, abbiamo dovuto ridurre al minimo i nostri contatti sociali e abbiamo visto contrarsi la nostra capacità di movimento, che come ci ricorda Platone nel Timeo è elemento centrale per lo sviluppo umano e per “l’armonia cosmica”. Quello che è successo quindi sembra aver fortemente rallentato quel necessario divenire di cui ci parlano gli antichi, ma quali effetti questo ha sui nostri rapporti interpersonali e sociali?
Il rischio è che ciascuno di noi, ritratto dal mondo, meno proiettato verso l’esterno rispetto all’era pre-Covid, tenda a voltare le spalle al “fuori”: il problema è che la felicità si gioca proprio in quel “fuori”, cioè oltre il guscio protettivo delle abitudini quotidiane. La felicità è una condizione che richiede impegno e fatica, è una messa in pratica del bene per dirla ancora con Aristotele, che ci sfida a mettere a rischio la comodità insieme agli altri e per gli altri. Ora siamo forzati alla condizione opposta, reclusi sul divano, e poco cambia se la nostra regione è arancione o gialla perché la realtà esterna si è rarefatta ovunque, la vita sociale e culturale è quasi evaporata.
3) Nel libro l’amicizia è legata anche all’esperienza del bello dell’arte e della natura, tanto che sembra esserci un aspetto ecologista; forse l’attenzione e la cura all’ambiente può essere una chiave per per uscire “migliori” da questa situazione e soprattutto i giovani possono trovare così una strada per guardare con fiducia al futuro. Cosa ne pensi ?
Il legame tra amicizia e ambiente nel libro deriva dal fatto che, grazie a Platone, possiamo capire che l’amicizia non è solo una questione umana: al contrario, è una questione “cosmica”, nel senso che vivere fino in fondo l’esperienza dell’amicizia significa far fluire dentro di noi quel movimento inarrestabile che, spiega il matematico Timeo nel dialogo platonico a lui dedicato, è la vera materia di cui siamo fatto, noi e l’universo che ci circonda. L’amicizia è la massima espressione di quel che siamo, movimento: come tale, essa è incompatibile con ogni forma di “immobilità”, di fissità., di rigidità dogmatica, di identità forte. E come tale essa chiede di scoprire il legame profondo, la continuità piena con l’ambiente che ci circonda: l’amicizia come la intendo io nel libro, appoggiandomi a Platone e Aristotele, è dunque incompatibile con atteggiamento predatorio di conquista della natura e di saccheggio delle sue risorse piegate allo sviluppo tecnologico. Il che non significa dire no a scienza e tecnica, bensì, al contrario, sviluppare nella ricerca scientifica le potenzialità (già ben evidenti) per indirizzare lo sviluppo di conoscenza e tcnologia in direzione sostenibile. Questo è il punto, questa la grande lezione da imparare.
4) Nel volume si mette in evidenza come la Polis sia il luogo eletto della Filia, ma come possiamo ricostruire le nostre città in modo che siano ancora luogo d’incontro e confronto e dove l’amicizia possa esserne il collante ?
Aristotele dice: i saggi legislatori tengono l’amicizia in maggior conto della giustizia. Un rapporto di filia tra i concittadini conta di più che il loro rispetto delle leggi: l’amicizia è il cemento della polis. Dove non c’è filia, le comunità politiche degenerano in forme impolitiche di dominio di una parte egemome sulle altre che le sono sottomesse. Difficile applicare tutto questo alle nostre città e alla società globalizzata. Tuttavia, la disposizione alla filia è cooriginaria all’esperienza umana, è una tensione di cui non possiamo davvero fare a meno: la sfida è tradurre tutto questo in pratica nel contesto in cui ci troviamo a vivere, stimolando il confronto libero, la condivisione di idee e esperienze, la ricerca della felicità come sforzo plurale. Magari mettendo da parte l’eccesso di competitività che ci vede invece lanciati in una continua performance gli uni contro gli altri: già al tempo di Socrate un sofista come Protagora, narcisista e impercompetitivo, pensava alla vita come a una gara. Ma si sbagliava, di grosso.
5) Con Nietzche metti in evidenza l’elemento del viaggio che è forse fattore di mutamento per eccellenza, questo è sicuramente venuto a mancare in questo anno difficile ed è mancato soprattutto a noi giovani, come potremmo ripensare questo elemento alla luce delle nuove sfide?
Viaggio non è solo lo spostamento fisico, oggi peraltro quasi impossibile. Il viaggio è l’esperienza dell’uscita da sé, verso un mondo ignoto da esplorare aprendosi alle possibilità della vita, che è per sua natura imprevedibile (il turismo, evidentemente, c’entra poco). Questo periodo di immobilità ci può forse aiutare a capire che occasione preziosa sia il potersi spostare in città sconosciute, immergendosi in realtà diverse dalla nostra. Quando potremo di nuovo partire, cerchiamo di ricordarci tutto questo.
6) Nel libro si parla anche dei social network, come mezzo per intessere relazioni che però sono superficiali; in questo periodo di pandemia hai rivisto questa posizione critica, mettendo in evidenza come questi mezzi spesso ci abbiano salvato dall’isolamento, ma forse proprio ora stiamo riscoprendo la necessità di contatti veri e reali. Cosa ne pensi ?
Nel libro, uscito proprio all’inizio della pandemia, mettevo in evidenza i rischi di una socialità digitale ormai egemone, che tende a trasformare il rapporto con gli altri in una esibizione continua delle proprie performance oppure, più semplicemente, a omologare i registri comunicativi sulla base di standard linguistici che appiattiscono la comunicazione. Ma la rete è uno strumento complesso, che già a partire dalla primavera dell’anno scorso ha rivelato potenzialità straordinarie per compensare il vuoto di socialità che ci ha colto di sorpresa. Questa pandemia vissuta 20 o 30 anni fa sarebbe stata ancora più devastante dal punto di vista psicologico, ci avrebbe isolati molto di più. Ciononostante, sarà importante, non appena sarà possibile, tornare a dare priorità aò contatto diretto, fisico, verbale e non verbale: la nostra natura ci destina a questo, la socialità senza corpo non può bastare.
7) In che modo questa nuova visione dell’amicizia ci può aiutare a superare le difficoltà di oggi ? Vuoi lasciare un messaggio ai giovani per meglio affrontare questo momento e poter guardare con più slancio al futuro?
L’unico messaggio che mi sento di poter inviare è: sfruttiamo questo periodo per ripensare a quel che non andava bene anche prima nelle nostre vite e, quando sarà possibile, ripartiamo dando più valore alle esperienze preziose di condivisione con gli amici, che prima ci sembravano quasi scontate. Se acquisissimo una simile consapevolezza, tutto questo dolore non sarebbe passato invano.
Laureata in Scienze Storiche all'università La Sapienza, appassionata di radio e informazione, dopo uno stage a Rai radio 3, ha realizzato il radio-documentario "Tutto normale un altro sguardo sulla disabilità", andato in onda sulla stessa emittente.