Simone Savogin nasce a Como il 18 febbraio 1980, si avvicina al mondo del leggio spinto da una forte passione per la regia e l’animazione. Direttore del doppiaggio dal 2007, si occupa anche di Poetry Slam. Il Poetry Slam è una competizione in cui i poeti si sfidano a suon di versi, Simone Savogin è stato campione italiano per ben tre volte di questa concorrenza. Per di più, ha partecipato in qualità di poeta alla nona edizione di Italia’s Got Talent riuscendo ad accedere alla finale e classificandosi al 4° posto.
Simone Savogin ha curato la direzione del doppiaggio di alcuni dei videogiochi più importanti del settore come God of War 2, God of War 3, Fable , Jak and Daxter: Una sfida senza confini, Ratchet & Clank – A spasso nel tempo, Infamous, Killzone 2, la serie di Uncharted, Alan Wake, Metro 2033, Batman: Arkham City, Batman: Arkham Origins, Batman: Arkham Knight, Resident Evil 6, Resident Evil 7, The Last of Us. Tra i titoli citati ha curato anche la parte inerente all’adattamento dei dialoghi.
Cosa ti ha spinto a entrare nel mondo del doppiaggio?
Sono entrato nel mondo del doppiaggio perché è una passione che avevo sin da piccolo, quando ho scoperto regia e animazione. Soprattutto quando ho scoperto che i film non nascessero in italiano ma che venissero reinterpretati da delle voci italiane. Questo elemento mi ha affascinato e mi ha portato ad apprezzare anche il lavoro di qualcuno che sta rendendo fruibile un prodotto. Ovviamente questa caratteristica può cambiare in peggio o in meglio un prodotto, ma comunque è un’arte che mi ha sempre affascinato. Mi attira il suono, la musica e la lingua. Quindi, il doppiaggio è sempre stato nella mia vita sin da piccolo.
Hai avuto modo di dirigere decine tra i titoli più significativi del mondo videoludico, a quale sei più affezionato? Inoltre, qual è stato il più difficile a cui hai lavorato?
In più di 15 anni di lavoro in questo ambito posso dire che ho lavorato a un sacco di titoli validissimi. Ci sono dei franchise ai quali sono più affezionato perché mi hanno richiesto più lavoro rispetto ad altri. Questo porta a legarsi maggiormente ai titoli , ci sono videogiochi che non richiedono troppo sforzo e passano via come niente e diventano solo “lavoro”. I lavori in cui ti impegni di più, ti lasciano molto di più. Il lavoro più bello è stato una volta quando abbiamo coinvolto dei bambini. Ho apprezzato infinitamente il poter plasmare, insieme ai bambini, la loro immaginazione. Nonostante fosse un lavoro di doppiaggio e di Voice Acting, quindi i bambini dovevano seguire delle direttive, era bellissimo stare in sala con loro. Giocare a trovare il modo per recitare al meglio, era splendido. Ogni tanto la sala li impauriva o li frenava a volte li esaltava anche troppo. Quello è stato il lavoro più difficile ma che mi ha lasciato tantissimo. Lavorare con del materiale grezzo ti dà più soddisfazione. Il lavoro del direttore del doppiaggio è tantissimo di mediazione, magari un’attrice o un attore hanno delle idee e tu vuoi portarli su un’altra direzione. È complesso anche costruire delle sfumature adatte a un pubblico italiano per dei personaggi difficili già in originale. Si deve trovare sempre il modo di rendere fruibile al pubblico italiano qualcosa che non è tipico della nostra cultura o è totalmente alieno.
Quali sono i consigli che daresti a nuovi e aspiranti doppiatori?
Come sempre dico a chi vuole intraprendere una carriera da doppiatrice o doppiatore è: “non fatelo” (ironizza NdR). Nel doppiaggio siate voi stessi nel portare la vostra capacità e siate il più malleabili possibili. Non deve essere il personaggio che deve venire a voi, ma siete voi che dovete andare al personaggio. Incollarsi al personaggio è la cosa più importante. La più grande capacità di un doppiatore è l’ascolto. Bisogna sempre essere aperti all’ascolto o alla comprensione perché non bisogna mettere il proprio stampino su qualcosa che si vuole portare a sé. Bisogna essere al servizio del prodotto per rendersi il più invisibile possibile. La cosa più bella che si possa fare per un fonico, per un doppiatore e un direttore del doppiaggio è che lo spettatore non se ne accorga. Bisogna realizzare il lavoro più scivoloso possibile da illudere una persona tanto da fargli credere che non esista il doppiaggio.
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