Simona Papaluca

Sarebbe bello tornare

“Lo penso ogni volta che devo partire, è sempre bello tornare”

canta così Cosmo nelle note di Sei la mia città, ed è ciò che ho nel cuore ogni volta che, con il cuore spaccato a metà, torno a Roma dopo esser stata
a casa mia. Giù, in Calabria, giù, dove ho sempre saputo che per me non c’era posto. Il 5 Gennaio le Autolinee di Cosenza sono state affollate da centinaia di giovani che, come me, si sono messi in viaggio per tornare a lavorare e studiare. A Milano, Torino, Bologna, ovunque, lontano, ma non al Sud. Sembra che non ci sia spazio per tutti tra le coste del Tirreno e dello Ionio, sembra che ci sia lo spazio solo per pochi, pochissimi. Non c’è posto per i creativi, gli artisti, i professori, gli ingegneri, gli avvocati, i medici.. Proprio così. Per questo, ogni Natale, ogni estate, chiudiamo le nostre vite lontane in grossi valigioni e maciniamo chilometri per tornare dalle nostre famiglie, consapevoli che passerà ancora tanto tempo prima di poterle riabbracciare. Durante l’anno è difficile viaggiare, i prezzi sono spesso proibitivi e per i giovanissimi è quasi impossibile chiedere ferie.

Chissà quanti di noi hanno desiderato restare, non dover andare via; chissà
quanti di noi hanno provato a rimanere qui, senza riuscirci. Emigrare sembra essere una scelta obbligata, l’assenza di lavoro e opportunità è un labirinto che ci forza a sparpagliarci per tutta l’Italia alla ricerca di
possibilità. E’ sconfortante e avvilente constatare che, se un’emergenza c’è, è quella dell’emigrazione interna di cui nessuno parla. Gli unici a farlo sono proprio i lavoratori e studenti che, ormai da anni, si sono arresi alla condizione di fuorisede perpetuo. Senz’altro una vita divisa tra due luoghi aiuta a crescere e rende più consapevoli, ma non è così per tutti. Si dà per scontato che per tutti emigrare sia una scelta voluta e desiderata, ma la verità è un’altra.

La verità è che non possiamo restare perché non ci sono
ambizioni, possibilità di crescere, diventare qualcuno. Quindi, anche chi non vuole, chi non si sarebbe mai sognato di essere l’emigrato al Nord, si ritrova ad esserlo. Del resto, ci sono altre opzioni? Si può vivere dignitosamente in una terra dove non c’è lavoro? La risposta è no, non si può, specie dopo aver intrapreso difficili e lunghi percorsi di studio. Anni di sacrifici e duro lavoro per cosa? La risposta non può essere niente. Eppure non è solo degli studenti che si parla, è una situazione che accomuna molti, troppi di noi, giovani e adulti. Nella nostra terra non si va avanti, anzi, se possibile, non facciamo altro che tornare indietro.

Di retorica se n’è fatta abbastanza, quante volte ci siamo sentiti dire di tornare a casa, ripartire dal Sud? Moltissime, immagino. E che cosa è successo poi? Assolutamente nulla. Affossati da una classe politica che altro non fa che favorire i soliti, fomentare malavita e non fare largo ai giovani. L’amara verità è che partire, si è rivelata l’unica cosa sensata, l’ultima possibilità di reagire ad una vita di attese e speranze sfumate.

Tornare a casa per le feste, allora, diventa un’occasione per chiudere gli occhi e dimenticarsi, per un attimo solo, di non vivere più lì. Ritroviamo la nostra famiglia, pronta ad accoglierci come se mai fossimo andati via; gli amici di sempre si riuniscono e ci fanno riscoprire l’autentico piacere di stare insieme come sempre. Le vacanze natalizie hanno un sapore dolceamaro che ci abbaglia per dieci giorni per poi ripresentarci un conto molto caro quando finiscono. Sembrano un sogno, bellissimo, sereno ma purtroppo destinato a durare poco e svanire in fretta. Senza neanche averlo voluto, affolliamo le corsie delle autostazioni, delle autostrade, delle carrozze dei treni e partiamo dritti verso la realtà. Una realtà che ci urla che, se vogliamo rimanere, dobbiamo darci da fare, ribellarci, reagire alle ingiustizie, liberarci dal giogo dei potenti. Speriamo davvero di poterci riuscire, insieme. Questa è l’unica speranza.

“E non so bene se voglio partire”.

Articolo già pubblicato sul Quotidiano del Sud – L’Altravoce dei Ventenni di lunedì 13/01/2020

Maria Letizia Stancati
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Nata a Cosenza nel 1994, vive da sette anni a Roma. Laureata in Filologia Moderna, attualmente tenta di rendere produttiva la sua laurea seguendo un Master e facendo tutti i lavori possibili.
Ama la musica, viaggiare, la vita la coinvolge totalmente e vorrebbe scoprire il mondo.
La sua passione più longeva è sicuramente la lettura, il primo libro che ha letto è “Giovanna nel Medioevo” e ha pianto senza ritegno dopo aver terminato “La piccola Principessa”.
Incapace e negata per ogni tipo di sport (ma è fiera di aver praticato basket per una settimana), ama correre con le cuffie nelle orecchie e camminare per tutta Roma.
Il suo gruppo preferito sono gli Oasis, e mentre spera che tornino insieme, immagina sempre come sarebbe la sua vita se la smettesse di sognare ad occhi aperti.