Con oltre 440 progetti approvati a settembre 2021, l’incentivo gestito da Invitalia “Resto al sud” ha stabilito il record mensile dalla sua nascita, cioè il raggiungimento di circa 10.000 iniziative ammesse per il finanziamento.
Si tratta forse dell’incentivo più importante e conosciuto che aiuta quei giovani che desiderano portare avanti progetti nel sud del Paese e, spesso, sono progetti che tendono ad investire su territori che decenni prima sono stati abbandonati in quanto lontani dalle città e dai centri industriali, quei luoghi, quindi, in cui si è concentrata l’attività sociale e lavorativa.
Oggi le cose stanno lentamente cambiando, grazie ad un nuovo modo di vedere il lavoro e il suo contesto: con l’aiuto delle nuove tecnologie, il progetto è diventato più dinamico e l’utilizzo di strutture tecnologicamente più avanzate, ha permesso e favorito la valorizzazione di nuovi mestieri e prospettive.
A questo si lega una nuova attenzione all’ambiente e al territorio che non deve più essere sfruttato per il lavoro ma ottimizzato e perfezionato. Da qui l’obiettivo dei giovani che decidono di tornare nelle terre di origine, cioè quello di far rivivere le tradizioni di un tempo, perdute a causa dello spopolamento delle aree interne, soprattutto del sud Italia.
Ecco che tornano antiche coltivazioni, tradizioni, mestieri uniti all’innovazione grazie ai quali queste tradizioni possono essere conosciute in tutto il mondo.
La pandemia ha sicuramente accelerato un processo di trasformazione del lavoro, ponendo tutti di fronte a cambiamenti epocali, cambiamenti che questi giovani hanno saputo cogliere.
Ci si sta rendendo conto che il nostro territorio, l’ambiente in cui viviamo ha bisogno di cure e tutele perché l’ambiente non è un qualcosa che possiamo dare per scontato come abbiamo atto finora, ma è un dato mutevole, strettamente collegato alle nostre azioni e ai nostri comportamenti.
Possiamo decidere, come abbiamo fatto finora, di vedere il nostro ambiente e il nostro territorio come elemento da usare a soli fini utilitaristici di breve termine, con un uso illimitato delle risorse naturali; oppure come fanno questi giovani, uomini e donne possiamo vedere l’ambiente e il territorio come nostri alleati per una vita sana, che contribuiscono concretamente al nostro benessere.
Negli ultimi mesi, anche nel nostro paese, abbiamo visto gli effetti nefasti della crisi climatica che porta ad eventi estremi come siccità prolungate e forti alluvioni, tutto ciò provoca devastanti incendi da una parte e un forte dissesto idrogeologico dall’altro. Questo ci indica quanto un intervento di cura e salvaguardia del territorio sia urgente e non più procrastinabile. Questi giovani che scelgono di praticare la Restanza, definizione coniata dall’antropologo Vito Teti, devono essere visti come dei guardiani del territorio, che deve tornare a popolarsi non solo di persone ma di idee, progetti, insomma di futuro. I piccoli borghi e le cosiddette aree interne appaiono come luoghi dove la vita sembra essersi fermata, dove si possono ascoltare solo le vecchie storie di viandanti che non tornano più.
Dobbiamo creare una nuova alleanza tra nuove e vecchie generazioni, tra tradizione e innovazione, tra tutela e sviluppo solidale sostenibile e inclusivo. Dobbiamo auspicarci che i borghi tornino a vivere, e che anche qui il tempo torni a scorrere, magari ad un ritmo più lento rispetto a quello delle città ma sempre incalzante verso il futuro. Ricordiamo che la nostra Costituzione oggi tutela anche l’ambiente, la bio-diversità e gli ecosistemi perciò è necessario supportare iniziative che puntino ad una interazione sempre migliore tra uomo e ambiente. C’è bisogno di un indirizzo politico forte, che punti alla tutela e alla valorizzazione dell’ambiente e delle risorse, che crei un sistema più resiliente e inclusivo.
Questo discorso non vale ovviamente solo per il Sud Italia ma per tutto il Paese. I giovani hanno dato prova di grande attenzione verso questi temi, penso al movimento Friday for future ma non solo, esistono oggi i cosiddetti “Gas” (Gruppi di acquisto solidale) che sono attenti alle produzioni locali e alla stagionalità, c’è poi un grande movimento contro gli allevamenti intensivi.
C’è bisogno però di scelte radicali perché è un intero sistema produttivo globale che deve cambiare avvicinandosi alle persone, all’ambiente e ai territori che cresceranno così in armonia.
Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dei ventenni