Perché i Beatles hanno cambiato il mondo

Era il 6 giugno 1962 quando un annoiato George Martin, alla ricerca di nuovi talenti, incontra quattro ragazzi di Liverpool negli studi di registrazione della EMI, ad Abbey Road, elegante via di Londra nel quartiere aristocratico di St John’s Wood. Si dice che il provinlo non fu straordinario e che George Martin fece loro un discorsetto, spiegando cosa la EMI, la più grande casa discografica del mondo, si sarebbe aspettata nell’eventualità di una collaborazione. Finito il discorso chiese se avessero qualcosa da aggiungere e George Harrison rispose: “Sì, non mi piace la sua cravatta”. Quel giorno nascevano i Beatles.

Alla voce “Beatles, the” nel “The Oxford Companion to Popular Music” si legge: “Gruppo della scena rock britannica. Ogni storia o indagine sociologica della Gran Bretagna degli anni Sessanta dovrebbe includere una sezione dedicata al fenomeno Beatles. Sono chiaramente il più importante gruppo della storia della musica pop, la loro influenza è incalcolabile”. Se questo non fosse abbastanza, sappiate che David Chapman, l’assassino di John Lennon, al momento dell’arresto dichiarò: “Odiavo i Beatles, perché hanno cambiato il mondo”.

Ma cosa rappresentano i Beatles e che cosa li ha resi un fenomeno globale così straordinario? Un concorso di circostanze: prendi un’epoca storica rivoluzionaria, come quella degli anni ’60, aggiungi una generazione in fermento, una musica fresca e moderna, quattro ragazzi giovani e piacenti, una buona dose di talento e di marketing e il gioco è fatto!

Ciò che sorprendeva dei Beatles e contribuiva ad aumentarne il fascino era la loro irriverente sicurezza. Erano tempi conformisti, in cui non era necessario che i cantanti avessero opinioni proprie, né tantomeno che le esprimessero. I Beatles, invece, davano l’impressione di essere liberi, di non essere costretti a comportarsi come la società di quegli anni imponeva. La mancanza di atteggiamenti da divi e la loro determinazione nel non lasciarsi travolgere dalla popolarità facevano parte del loro fascino.

Ricorrenze come queste portano a interrogarsi sulla valenza dei miti, delle icone, sull’immortalità, sul perché alcune persone (e alcune canzoni) passano alla storia. Si sa, le ricorrenze capitano a tutti i gruppi, a tutte le canzoni. Si celebrano e si ricordano, però, solo quei gruppi e quelle canzoni che sono riusciti a ingannare il tempo, sfuggendo alle sue regole, senza invecchiare.

I Beatles sono un esempio. Le strisce pedonali di Abbey Road, che i Fab Four attraversano nella copertina dell’omonimo album, sono diventate patrimonio nazionale dell’English Heritage, luogo di pellegrinaggio e ingorghi, per via delle numerose foto. E ancora il rooftop concert, il famoso concerto sul tetto, ultima esibizione dal vivo della band, le giacche con il collo a listino, il taglio a caschetto, i mitici stivaletti ‘Chelsea boots’, i costumi di Sgt Pepper’s, tutto nei Beatles diventa iconico e contribuisce ad alimentarne la leggenda.

Dopo i Beatles niente sarà più lo stesso nell’industria discografica. Con loro nascono il merchandising, i concerti evento, le folle di ragazzine urlanti e i fan in adorazione. I Beatles sono il prodotto perfetto della nascente industria culturale e dell’intrattenimento, attiva nel settore della produzione di sogni in serie.

Living is easy with eyes closed… Buon ascolto!

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Antonella Di Lucia
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Siciliana doc, ma residente a Milano da 4 anni, studia Management all’Università Bocconi. Pretende molto da se stessa e ama sfidarsi e, per una a cui piacciono le discipline umanistiche, studiare economia è una bella sfida. Ma la curiosità è dalla sua parte e, alla fine, riesce ad appassionarsi un po’ a tutto.
Non sa ancora cosa vuole fare da grande, ma sta rispolverando le antiche passioni.
È perennemente combattuta tra il desiderio di libertà e il bisogno di appartenenza.