Intervista all’artista Andrea Barnaba Parise
Andrea Barnaba Parise, classe ’94, inizia il suo percorso da artista nel 2015 passando dallo stile figurativo a pennellate decise per soggetti più astratti.
Fortemente influenzato dalla sua formazione prima classica e poi strettamente filosofica, si pone l’obiettivo di indagare il tema dell’essere umano contemporaneo: libero e in gabbia nello stesso momento.
Concentrato soprattutto sulla “marcata influenza dei mass media sugli individui”, prova a riportare nelle sue opere il paradosso della società odierna in cui alle innumerevoli possibilità di conoscenza del mondo e di migliorare se stessi si preferisce spesso l’omologazione.
Da dove nasce la tua passione per l’arte?
«In tutta onestà non saprei dire esattamente da cosa nasca la mia passione per l’arte, non so neanche se sia corretto definire il mio rapporto con l’arte propriamente “passione”. Posso affermare che, durante lo sviluppo della mia persona, quella che prima era una semplice scintilla pian piano è diventata un incendio: è stato un processo graduale, di cui non saprei identificare la fonte, ma quello di cui sono sicuro è che, a un certo punto, ho iniziato a percepire un’ossessiva necessità di esprimermi e ho trovato nell’arte il mio modo di farlo».
Da cosa ti lasci ispirare per dipingere?
«Sono aperto a qualsiasi fonte di ispirazione, purché questa sia abbastanza forte da spingermi al lavoro. Ho un modo di lavorare particolare, che si è consolidato negli anni: prima elaboro e sviluppo un contenuto e poi cerco di esprimerlo attraverso l’esecuzione. Il contenuto, nella maggior parte dei casi, è un pensiero prodotto attraverso il ragionamento, ma non disdegno le emozioni, i ricordi, o qualsiasi altro elemento meno razionale. È probabile che in questo io risenta molto della mia formazione filosofica, in ogni caso, cerco sempre di contestualizzare i temi trattati all’interno della contemporaneità ed infatti, quasi sempre, è proprio la società in cui vivo ad essere rappresentata».
A breve terrai una mostra presso il Blackshed Bar di Cosenza, tua città natale…
«Di recente mi sono soffermato molto sulla tragedia dell’essere umano di qualità ed ho provato a raccontarla attraverso la figura del Cristo sofferente: Cristo, simbolo puro della qualità, è messo in croce e coronato di spine il che rappresenta a pieno la società di oggi in cui si richiede all’uomo di qualità una volgarizzazione del proprio essere e si corre il rischio che le persone con meno scrupoli e meno preparate riescano a trovare molti più consensi. Quella del Cristo Coronato di spine è la mia prima serie del 2023 e sarà in mostra presso il Blackshed di Cosenza dal 7 aprile al 20 maggio.
Il titolo è “La tragedia dell’essere umano contemporaneo” e, attraverso una serie di 16 Cristi coronati di spine appunto, cerco di mettere in luce la double face contemporanea che i social network tendono a mettere in risalto: si ostenta felicità e benessere, nonostante in fondo si sia profondamente tristi e angosciati. Ho potuto conoscere molte persone che soffrono di attacchi di panico e, spesso, sono proprio le stesse che curano maniacalmente i loro profili social, più interessate alla cura dell’apparenza che alla cura della propria persona. I miei Cristi, al contrario, sono figure sofferenti che si propongono di mettere ognuno di fronte al proprio demone».
Come mai hai scelto proprio la figura di Cristo?
«Tutto è nato da una prima opera ispiratami dalla morte di Papa Benedetto XVI: un Crocifisso che sarà pure esposto insieme ai Cristi coronati di spine presso il Blackshed. Cristo, infatti, alla stregua di altre figure come Laocoonte e Socrate, rappresenta la tragedia della virtù punita. Lavorando sulla sofferenza del Crocifisso, ho avuto la sensazione che non fossi riuscito a sviluppare appieno il tema all’interno di una sola opera e da ciò è nata la serie dei Cristi coronati di spine che vogliono, da una parte, dare un volto alle angosce contemporanee e, dall’altra, offrire una speranza. La serie del Cristo Coronato parte dal senso di disagio che molti individui percepiscono all’interno della contemporaneità, vuole essere un monito per tutti coloro che non desiderano adeguarsi a tutti costi ad un’esistenza basata sull’avere e l’apparenza. In questa società sempre più votata al consumo e all’egoismo più sfrenato, credo infatti che la figura di Cristo continui a rappresentare un potente simbolo di amore e di apertura verso l’altro come “soluzione” al dolore e al senso di solitudine. Inoltre, il cristianesimo fa parte della nostra cultura: che si sia religiosi o meno, i valori cristiani sono presenti (più o meno consapevolmente) in ognuno di noi. Ed ecco allora perché ho voluto esprimere con questa serie che “Dietro ogni sorriso, c’è un Cristo sofferente”».
Da qualche mese hai aperto anche un canale Youtube…
«Ho creato Etica Artistica per due motivi fondamentali: uno più pratico, l’altro più “filosofico”. Avevo bisogno di un canale di comunicazione per spiegare le mie opere e il mio approccio all’arte e volevo disseminare contenuti di qualità che potessero stimolare il senso critico delle persone.
Tutti i miei video, infatti, sono impostati in modo tale che i vari argomenti trattati non vengano mai circoscritti soltanto al campo artistico. Il mio motto è “Prima la persona e poi l’artista”: provo ad offrire spunti di riflessioni affinché si possano sviluppare nuove categorie per analizzare la realtà, utilizzo internet in modo etico senza puntare alla popolarità».
Cosa desideri per il te artista del futuro?
«È una domanda difficile a cui non so rispondere. Spero soltanto che il futuro continui a offrirmi la possibilità di fare arte ed esprimermi nel modo più onesto possibile».
Nell’attesa di scoprire cosa riserverà il futuro a questo giovane artista della nostra terra, segniamo in agenda l’appuntamento al Blackshed e diamo un’occhiata al suo sito web, sul quale possiamo anche acquistare alcune opere.
Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dei ventenni
Laureata in Giurisprudenza, pensa che la Giustizia può cambiare il mondo. E’ innamorata del sapere. Ama girovagare con Cassandra, la sua Canon. Nelle foto vede il mondo come vorrebbe che fosse e pensa che la vita sia troppo bella per non essere felice.