Il 9 maggio ha preso il via da San Lorenzo al Mare il Giro d’Italia, una corsa storica non solo per il ciclismo italiano ma anche per quello mondiale. E’ infatti uno dei tre “Grand Tours” assieme alla Vuelta a España e al Tour de France. Se la prima è nata solo negli anni 30 (e quindi con vent’anni di ritardo rispetto agli altri due), il secondo è l’evento catalizzante della stagione ciclistica. Come qualcuno una volta scrisse: “Al Tour il prestigio, al Giro lo spettacolo”. Per dire che il Tour è la corsa a tappe più importante ma le vere tappe epiche (in mezzo alla neve, con salite dalle pendenze impossibili) appartengono al Giro. Forse noi Italiani non ci siamo mai resi conto del “gioiello” che abbiamo in casa, non lo abbiamo valorizzato come i Francesi hanno fatto per il loro Tour. Perciò nel 2007 è iniziata una sorta di internazionalizzazione del Giro che ha portato la partenza in Olanda,Danimarca e Irlanda del Nord dove il Giro è stato accolto da migliaia di persone festanti. Una folla colorata di rosa, felicissima di vedere una corsa a tappe così famosa partire proprio dalla loro città. Naturalmente non sono mancate le critiche di una parte dei tifosi italiani, il cui campanilismo impedisce di vedere la grande opportunità offerta dalle partenze all’estero. Anche il Tour parte dall’estero (anche se non avrebbe bisogno di pubblicità, ma chiaramente i lauti pagamenti fanno gola anche alla corsa francese) ma i cugini d’Oltralpe non hanno mai espresso pareri negativi su questa scelta.
Quest’anno, poi, nonostante il Giro non partisse dall’estero le critiche non sono mancate comunque. Perché la tappa più a sud del Giro è stata a Campitello Matese e, secondo alcuni, questa esclusione del Mezzogiorno è una dimenticanza imperdonabile da parte dell’organizzazione soprattutto perché il più importante ciclista italiano al momento è il siciliano Vincenzo Nibali (il vincitore dell’ultimo Tour de France ma non al via in questo Giro). Naturalmente la frustrazione dei tifosi è comprensibilissima ma sbagliano a prendersela con RCS (la società che organizza il Giro) perché gli unici con cui dovrebbero lamentarsi sono gli amministratori locali. Una corsa ciclistica va dove viene invitata, non impone la sua presenza sulle strade e soprattutto chiede delle garanzie per la sicurezza dei corridori. Inoltre c’è un altro dato che, purtroppo, bisogna considerare: al Sud c’è molta meno gente sulle strade ad accogliere il Giro. Un esempio lampante è la meravigliosa tappa con arrivo sull’Etna del 2011 (il patron del Tour Proudhomme farebbe qualsiasi cosa per spostare l’Etna in Francia e poter fare una tappa del genere!) dove le strade che conducevano al rifugio dove era posto l’arrivo erano desolatamente vuote.
Tutto questo giustifica il fatto che il Giro non passi dal Meridione? Ovviamente no, però è chiaro che lo sforzo deve essere fatto dalle amministrazioni locali. In ogni caso, anche il Tour ignora grandi pezzi del territorio francese (considerata anche la vastità) eppure i Francesi non hanno proprio nulla da ridire e contattano l’organizzazione per l’edizione dell’anno successivo. Invece di dedicarci al passatempo italico preferito, ossia far polemica, non potremmo prendere esempio dai Francesi? Se l’avessimo fatto, a quest’ora parleremmo del Giro come della corsa più prestigiosa del ciclismo.