“La mia è una generazione maledetta, vi stiamo lasciando un mondo malato senza strumenti per poterlo risollevare, ed è solo colpa nostra.” Sono queste le parole di Padre Alex Zanotelli, missionario comboniano che per anni ha vissuto in Africa tra rivolte civili, fame, malattie e povertà. Ecco il quadro terribile che ci ha descritto.
In un pomeriggio settembrino, all’interno della cornice catartica di una chiesa del centro storico di Eboli, padre Alex Zanotelli è intervenuto sul tema “Migrazioni e modelli di accoglienza” e ha dipinto un’Africa infernale, bruciata dagli sbagli della storia, avvizzita dal consumo esasperato delle sue risorse, ridotta a regimi violenti e usurpatori solo per il godimento dei pochi ricchissimi. Tutto questo danno cosparso in un intero continente deriva da due elementi importanti: il potere economico che detengono alcuni giganti mondiali come l’America o la Cina e l’inarrestabile fragilità dei governi locali africani. Questi due motivi sono la base di un susseguirsi di problematiche economiche e socio-politiche che hanno devastato il territorio africano. Facciamo degli esempi: Il coltan, l’oro, il petrolio sono minerali presenti in abbondanti quantità nel sottosuolo africano, tutti questi bacini se ben utilizzati potrebbero soddisfare il fabbisogno mondiale, invece la società del consumismo in cui viviamo e il processo sempre più accelerato di costruzione di oggetti che necessitano tali materiali hanno portato ad uno sfruttamento delle risorse impoverendo il suolo, costringendo adulti e bambini a lavorare anche 12 ore al giorno provocando così malattia, morte e cambiamento ambientale.
Padre Zanotelli ci ha tenuto molto a sottolineare che le ragioni delle migrazioni non sono solo dovute ai regimi dittatoriali, guerre o persecuzioni etnico religiose, gran parte dei gruppi di clandestini che approdano in Italia fuggono a causa dei cambiamenti climatici. Immaginate, dunque, di vivere in un posto in cui non piove da mesi, magari un anno, non esiste acqua corrente e tutto quello a cui potete attingere sono i pozzi ormai asciutti: senza acqua non c’è coltivazione nè cibo, senza cibo non c’è economia, senza circolo di denaro c’è povertà che genera delinquenza e malattie, ecco cosa si nasconde dietro la definizione di “migrante climatico”.
Padre Alex ha posto l’attenzione anche su un altro aspetto del circuito migratorio, quello che forse ci coinvolge più da vicino: il sistema italiano di accoglienza. Troppo spesso i centri che operano in questo settore si perdono in metodologie burocratiche senza mai veramente fornire sussidio ai migranti, anzi rendendoli fin troppo dipendenti dalle strutture stesse che li ospitano tramutandosi in assistenzialismo fine a se stesso. L’Italia, cosi come gran parte d’Europa, non è capace di fornire una giusta accoglienza, questo dato, troppo spesso trascurato, viene fatto passare come una specie di “colpa”: “Tu sei migrante e non hai voglia di lavorare per questo ti trovo a ciondolare per strada”. Tuttavia non si ha idea concreta di quanto sia lunga la trafila istituzionale utile per regolamentare la loro presenza in Italia, documentazione essenziale per permettere loro di avere un lavoro onesto. Ed è qui che subentra un aspetto che rende ancora più malmostosa la situazione: laddove non si arriva con il lavoro onesto, si lascia campo libero alle organizzazioni criminali. Moltissimi sono gli immigrati che si ritrovano a spacciare, compiere furti, rivendere merce rubata, per non parlare del canale della tratta delle donne che riescono ad arrivare in Europa costrette a prostituirsi, qualunque sia la loro età. Le mafie territoriali e internazionali sono coinvolte dal primo all’ultimo tassello di questo mostruoso mosaico.
Una cultura volta al denaro dimentica il valore dell’essere umano. Padre Zanotelli ha usato un’espressione incisiva: “L’ a-moralità è diventata l’etica dei nostri giorni”, voluta da governi corrotti, ombrosi e poco rivolti ai problemi dei cittadini.
Zanotelli non si è risparmiato, non ha nemmeno provato a raccontare un’Africa che non sia morente e degradata, ha solo descritto la concretezza del vivere in quella parte di mondo. Un uomo, un frate comboniano, un missionario che ha fatto della sua vocazione il suo mestiere, immergendosi completamente in una vita complessa e paludosa non può che raccontare la verità. Da un uomo di chiesa ci si aspetterebbe forse un discorso più lieto, che dia speranza ma non è più il momento di restare ancorati all’idea di un domani migliore, è giunto il momento di acquisire vera consapevolezza che le idee non servono a nulla se non si mettono in campo. D’altronde, come direbbe padre Alex “non esiste più un futuro da immaginare, nelle vostre mani c’è solo l’oggi da costruire”.
Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dei ventenni