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Natale sobrio e distaccato anche negli affetti

Ormai a ridosso del 25 dicembre, ci troviamo in prossimità di quella che – soprattutto per la popolazione italiana – è stata da sempre considerata la festività più speciale ed importante: il giorno di Natale, che da sempre si è contraddistinto per le riunioni con parenti, affetti ed amici stando tutti, affettuosamente, a stretto contatto. Quest’anno, definitivamente conquistato dal Covid-19, si prospettano invece delle feste sobrie: niente cenone con tutta la famiglia, niente tombolate e niente brindisi di mezzanotte.

C’è il rischio di trascorrere le feste lontano dai propri parenti e amici oppure, nei casi peggiori, di ritrovarsi a vivere soli il Natale. Questa possibilità diventa molto più incisiva e concreta per quegli italiani che, per qualsiasi motivo, risiedono all’estero. Questo, purtroppo, è il caso di Rocco Stirparo, un giovane calabrese di nascita il quale, partendo dalla Locride, otto anni fa si trasferì a Leuven, in Belgio ove attualmente lavora facendo parte – presso l’Università Cattolica di Lovanio – di un centro di ricerca autonomo.

  • Come affrontavi, negli scorsi anni, il periodo natalizio?

Normalmente, in questo periodo dell’anno, il settore scientifico universitario, rallenta notevolmente; ciò per consentire al gruppo, per la maggior parte composto da dipendenti pubblici e professori, di concedersi un breve periodo per poter così tornare ciascuno presso i propri familiari. Era solitamente possibile, in condizioni ottimali, prenotare le ferie a partire dagli ultimi giorni prima del 24 sino all’inizio dell’anno successivo. Per tali ragioni io, come la maggior parte dei miei colleghi italiani, ne ho sempre approfittato per raggiungere l’Italia.

  • Cos’è cambiato quest’anno?

Quest’anno purtroppo le cose sono andate molto diversamente: attualmente, il Belgio è infatti il Paese più colpito d’Europa. Ciò, in particolar modo, a causa dell’abissale sproporzione che, soprattutto in passato, è sussistita fra le dimensioni territoriali del Belgio, la cui estensione e la cui popolazione ricorda quella della regione Lombardia, e il numero dei contagi giornalieri. Ciò nonostante, a dispetto dei numeri, la situazione non è mai stata vissuta nel panico né si è mai arrivati al punto di avere gli Ospedali pienamente occupati. Al momento ci troviamo in una sorta di semi-lockdown – molto simile a quello italiano – con negozi, bar ristoranti chiusi, obbligo di mascherina anche all’aperto e previsione del limite di una persona da poter accogliere presso la propria dimora.

Questo, in otto anni, sarà per me il primo Natale in assoluto che trascorrerò qui, lontano dai miei parenti e dagli affetti più stretti.

  • Cosa rappresenta per te il Natale e quali sono le ragioni che ti hanno indotto a desistere da un ritorno in Calabria?

Per tutti, me compreso, il Natale è stata in primis un’occasione festiva per riposarsi durante le ferie, ma soprattutto per rivedere la famiglia e gli amici, aspetto fondamentale specie per noi calabresi. Anche qualora fosse possibile viaggiare non sarebbe possibile vivere appieno le feste o gli amici. Tre sono le ragioni per le quali rimarrò qui. In primis voglio evitare di mettere eventualmente in difficoltà i miei familiari; ciò per una ragione ben precisa. C’è infatti da considerare che per arrivare in Italia, specialmente in Calabria, dovrei prendere moltissimi mezzi pubblici con una conseguente grave esposizione al virus, che potrei contrarre e quindi trasmettere agli altri.

Il secondo problema è di natura burocratica, a causa del quale risulta difficile, allo stato attuale, sia partire che tornare in Belgio. Molte sono, in effetti, le difficoltà che si potrebbero presentare a tal proposito: a partire dal confuso Decreto, emesso in Italia, poco chiaro circa la possibilità, per chi, come me, risiede all’estero e vorrebbe tornare in Italia; a ciò si aggiungano i test diagnostici che occorrerebbe effettuare sia all’atto della partenza dal Belgio che all’arrivo in Italia (e viceversa). Il terzo è essenzialmente una questione lavorativa: vista e considerata l’imposizione, da parte del Governo belga nei confronti di tutti coloro che rientrino da una zona rossa europea (l’Italia ad esempio), di un periodo obbligatorio di quarantena, ciò mi impedirebbe sostanzialmente di poter tornare al lavoro una volta concluso il breve periodo di ferie.

Per tutte queste motivazioni ho pensato che il gioco non valga la candela. Preferirei “rimandare” il Natale a gennaio o febbraio, attendendo quindi che si calmi la situazione, per prendermi una settimana e trascorrerla più tranquillamente con i miei familiari.

Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dei ventenni

Fonte: qnm.it