È così per ogni festa, ma lo è in particolare per il Natale: tradizioni cattoliche si intrecciano col consumismo più pagano, tanto che l’atto del consumo è diventato esso stesso una tradizione. Lo scambio di regali ben impacchettati ma spesso inutili tra amici e parenti, i pranzi da venticinque portate, spumante&panettone, le giornate in famiglia con nonni e zii ad ascoltare i più triti luoghi comuni. Riti. Che in qualche modo ci danno serenità, ci fanno sentire bene, legati agli altri e al nostro passato, come se potessimo ingannare la caducità del tempo solo perché anche quest’anno è Natale. Riti che provocano un’esplosione di tensione positiva nei giorni che precedono la festa, ci costringono ad essere più buoni, ad attenuare contrasti o rancori personali, ad organizzare tutto nei minimi dettagli, affinché ogni cosa sia perfetta.
Ma cos’è un rito? In sociologia un rito e’ un insieme di azioni di carattere ripetitivo, dotate di un significato simbolico. Perché un rito possa essere compreso dai partecipanti, perciò, è necessario che essi condividano lo stesso sistema di valori. I riti uniscono la collettività e permettono di esprimere quei valori che generalmente non vengono espressi nel lavoro o nel mondo domestico; le normali regole vengono infrante e si rafforza il legame di solidarietà. E non esiste società che non voglia ogni tanto rinsaldare i sentimenti collettivi e rivisitarli in certi periodi.
Traiamo conforto dal fatto di ripetere le azioni dei nostri antenati e, allo stesso tempo, di fare in modo che esse abbiano un significato per le nostre famiglie. Tuttavia, i riti sono in costante evoluzione nel tempo. In un passato non poi così remoto, il Natale aveva più il significato di uno scambio tra classi che tra generazioni: in quel periodo dell’anno, i ricchi erano obbligati dalla tradizione a dare ai poveri cibi e bevande pregiati (per quell’epoca); la festività coinvolgeva tutta la comunità piuttosto che la sola famiglia. Col passare del tempo, tuttavia, il Natale è diventato sempre più un affare di famiglia, da svolgere “a porte chiuse” e lo scambio dei regali avviene ora tra i membri della famiglia. Oggi, lo shopping, anziché supportare il rituale, è diventato esso stesso il rituale. Siamo nell’epoca del Black Friday e del Cyber-Monday, del debito sulle carte di credito e delle file folli ad aspettare che i negozi aprano il giorno dei saldi.
I rituali ci richiamano dalle cose mondane e ci aiutano a trascendere i limiti della percezione ordinaria, ad essere più spirituali. Ogni rituale ha un significato trascendentale, ma la maggior parte delle volte ce lo perdiamo perché siamo troppo indaffarati a prenderci cura di tutto il resto, dei dettagli. Quindi, quest’anno, mentre saremo occupati a scegliere che vestito indossare per il cenone di San Silvestro, o a preparare un menù etnico per la Vigilia di Natale, mandiamo un pensiero a quelle persone che trascorrono il Natale lontane dalla loro patria d’origine, staccate dai loro affetti e dalle loro tradizioni, a quelli che sono sommersi dalle difficoltà economiche e a coloro che hanno motivi di grave infelicità per malattie o altri rovesci esistenziali, e soffermiamoci un attimo a catturare l’ineffabile sensazione di calore e generosità che ci riempie quando siamo circondati dai nostri più cari affetti.
Siciliana doc, ma residente a Milano da 4 anni, studia Management all’Università Bocconi. Pretende molto da se stessa e ama sfidarsi e, per una a cui piacciono le discipline umanistiche, studiare economia è una bella sfida. Ma la curiosità è dalla sua parte e, alla fine, riesce ad appassionarsi un po’ a tutto.
Non sa ancora cosa vuole fare da grande, ma sta rispolverando le antiche passioni.
È perennemente combattuta tra il desiderio di libertà e il bisogno di appartenenza.