Maria Coni e Marina Menegazzo, due ragazze di 22 e 21 anni, argentine, in vacanza a Montanita, in Ecuador, uccise perché viaggiavano da sole.
Rimaste senza un soldo, avevano accettato l’ospitalità di due uomini che avevano offerto loro un posto in cui passare la notte. Il giorno dopo non si sono svegliate, non era stato tutto un brutto sogno. Il loro viaggio insieme, tanto atteso, è finito lì. Non si sono concesse, non si sono fatte toccare e allora hanno sfondato il cranio a entrambe, lasciandole morire per dissanguamento. Le hanno rinchiuse in sacchi di spazzatura. Perché, per gli assassini, loro erano questo: materiale organico di cui disfarsi e anche alla svelta. Peggio della morte, che dilania il cuore per le due giovani vite spezzate, è solo l’umiliazione che è dilagata dopo. Sì, perché se una donna viaggia da sola se la va a cercare, no?
Dal momento in cui sono stati ritrovati i corpi nessuno si è chiesto dove fosse il loro carnefice, ma solo domande inutili, alle quali un morto non può rispondere. “Perché viaggiavate da sole?”, “Cosa indossavate?”, “In una zona molto pericolosa, cosa vi aspettavate?”.
Critiche a valanghe sui genitori che hanno insegnato alle ragazze ad essere indipendenti e libere, come qualsiasi essere umano sulla Terra. Tutto il dibattito sul perché due donne viaggiassero da sole, con tutto il corredo di critiche, le ha uccise per la seconda volta. Anche da morte, noi donne non siamo uguali agli uomini. Se a morire fossero stati due ragazzi, nessuno si sarebbe posto domande stupide, ma tutti avrebbero gridato giustizia!
Quella notte non hanno ucciso solo Maria e Marina, hanno ucciso anche me. Hanno ucciso tutte quelle donne che vogliono vivere la propria vita, viaggiare liberamente, conoscere il mondo. Senza avere un fidanzato, un fratello, un amico al seguito per tutelare la propria incolumità! Negando i sogni delle due ragazze, hanno negato quelli di tutte le donne. Parliamo di emancipazione raggiunta. Non lo è affatto. Sono solo mere disquisizioni. Non ci sarà emancipazione fino a quando continueranno a morire donne innocenti, con l’unica colpa di voler essere autonome, libere nei pensieri, nell’agire e nel modo di vestire.
Il mondo è anche nostro. Ribelliamoci tutte insieme. Viaggiare da sole o con altre donne non deve farci paura. È un nostro diritto, un nostro dovere. Essere donna non significa essere vittima.
Nasce a Cosenza il 13 maggio 1989. Studia Giurisprudenza all’Unical. Vive a Cellara, piccolo paesino della Valle del Savuto. Ama parlare poco di sé, ma se costretta direbbe: “Ho una spiccata predisposizione a godere delle piccole gioie quotidiane, ad assaporare ogni momento della mia esistenza, a cimentarmi in nuove esperienze. Perseverante (troppo!), riflessiva (molto!), equilibrata (quando posso!), scrupolosa (tantissimo!). Particolarmente affascinata da tutto ciò che è cultura. Adoro gli animali, di gran lunga migliori di noi umani. Ogni giorno penso alla frase ‘Tutti i grandi sono stati piccoli, ma pochi di essi se ne ricordano’ per avventurarmi nei meandri della vita con l’animo libero da pregiudizi, come se fossi sempre una bambina”.