Foto di Braxton Apana su Unsplash

“Lo psicologo è per i pazzi….”

…ma siamo sicuri?

Non puoi combattere una guerra da solo
il cuore è un’armatura
ci salva ma si consuma.
A volte chiedere aiuto ci fa paura
ma basta un solo passo
come il primo uomo sulla luna”.

Se anche tu hai seguito il Festival di Sanremo sicuramente avrai letto il testo della canzone cantandolo. MrRain mostra (tra gli altri) grande coraggio nel portare sul palco dell’Ariston con delicatezza e romanticismo un tema molto delicato: la salute mentale.
Il cantante non ha mai nascosto di avere sofferto di depressione in seguito al lockdown e la mia esperienza in studio dimostra che rientra tra i casi di sofferenza psicologica in aumento proprio in seguito a quel periodo. La sua situazione lo ha portato a sentire il bisogno di intraprendere un percorso psicologico; con il suo esempio si è voluto fare ambasciatore di tutte le persone che hanno paura di chiedere aiuto nei momenti di difficoltà e ha voluto far passare il messaggio che è il primo passo quello più duro, per cui ci vuole più coraggio: “Farsi aiutare quando si vivono momenti bui viene visto come un gesto di debolezza: io per esperienza personale posso dire che farsi aiutare è invece un gesto che richiede molta forza e coraggio. Chiedere aiuto è qualcosa che solo noi possiamo decidere di fare ed è proprio questo che ci rende tutti SUPEREROI” ha dichiarato MrRain.

Noi psicologi in studio spesso ci sentiamo dire che nella mente dell’utente che giunge da noi c’era da tanto tempo l’idea di voler intraprendere un percorso, ma che non ne aveva avuto il coraggio prima di allora, e dobbiamo anche essere contenti del fatto che alla fine quel coraggio è stato trovato ed è arrivato lì, in quel momento!
Gran parte di queste difficoltà nascono dai pregiudizi che ancora oggi, in maniera più o meno velata, circondano la figura dello psicologo, diffusi per ignoranza, esperienze personali o percezione popolare della professione. Eccoli riassunti e smentiti in 6 punti!

  1. Lo psicologo è per i pazzi” è forse la più diffusa in assoluto, anche se non ce lo diciamo apertamente. In realtà i dati mostrano che tra le persone che si rivolgono allo psicologo una parte “si limita” a vivere alcune problematiche ben definite al momento attuale, come un problema emotivo, una difficoltà nella propria relazione, un momento di crisi o un evento che può risultare particolarmente stressante: ognuno di noi prima o poi nella vita affronta un momento del genere e se viene affrontato con il supporto di una figura specializzata sicuramente sarà più breve e meno duro. Un’altra parte, poi è quella che soffre di disturbi psichici più o meno gravi. Infine è bene ricordare che si rivolge allo psicologo anche chi sta bene, ma desidera stare meglio e ha la voglia di intraprendere un percorso di conoscenza di sé.
  2. Lo psicologo mi farà il lavaggio del cervello”. Oggi possiamo essere tranquillizzati a riguardo, niente poco di meno che dal Codice Deontologico degli Psicologi, che ogni psicologo iscritto ad un albo professionale è tenuto a rispettare con scrupolo e attenzione. Recita infatti: “Lo psicologo rispetta l’autonomia e le credenze dei suoi pazienti, si astiene dall’imporre il suo sistema di valori e non usa in modo inappropriato la sua influenza”, più chiaro di così!
  3. Io sono fatto così: è impossibile cambiare!”. In realtà, se ben pensiamo, quanti eventi che affrontiamo nella vita ci cambiano? Un trauma, la perdita di qualcuno o i cambiamenti in generale… Di fronte a questi eventi possiamo uscirne sì più forti, ma sicuramente ammaccati, doloranti (“il cuore ci salva ma si consuma”): il modo più rapido e per certi versi “indolore” per affrontare noi stessi, in modo tale da allinearci con ciò che riteniamo davvero importante nella vita, è attraverso un percorso specifico, con figure formate proprio per rispondere al meglio a queste richieste
  4. Come può uno sconosciuto capire davvero il mio dolore?” La risposta sta nella formazione continua e obbligatoria degli psicologi, nell’empatia ovvero la capacità di mettersi nei panni dell’altro che devono possedere e nell’esperienza che maturano col tempo. Si pensa che la differenza generazionale, culturale e sociale che può esserci con lo psicologo possa essere un ostacolo, mentre i professionisti possiedono gli strumenti scientifici e umani adeguati ad affrontare le situazioni più svariate, anche se non le hanno vissute in prima persona.
  5. I percorsi psicologici durano troppo e costano tanto: mi basta parlare con i miei amici”. Anche se la terapia può richiedere tempo e impegno, molte sue forme sono specificamente progettate per essere brevi (anche di pochi mesi!) e focalizzate su obiettivi specifici, come la terapia cognitivo-comportamentale. Molte persone credono che i loro problemi possano essere risolti da soli o con il supporto di amici e familiari, ma questo non è sempre vero: lo psicologo, a differenza di una persona cara, infatti non è coinvolto in dinamiche affettive con l’utente quindi gli si può parlare di tutto senza paura che questo modifichi le dinamiche relazionali; in più sia l’utente che lo psicologo sono concentrati in prima persona sull’utente, il che permette di creare uno spazio fondamentale per la conoscenza di sé; infine gli strumenti e le competenze dello psicologo sono specifiche e un amico difficilmente le possiede.
  6. Sei psicologo, allora mi leggi nella mente, devo stare attento a quello che dico”, ma… ogni tanto anche lo psicologo va in vacanza! Nel senso che ha bisogno del suo spazio per esprimere la sua individualità come essere umano/figlio/amico/amante, non può essere “psicologo” 24/7, così come tutte le professioni del mondo. In più lo psicologo non è dotato di poteri soprannaturali; abbiamo imparato che solo ognuno di noi è l’unico supereroe di se stesso!

Il modo più proficuo per comprendere davvero perchè i suddetti pregiudizi siano falsi è sperimentarlo sulla propria pelle: contattare uno di noi psicologi presenti sul territorio per provare a fare quel passo iniziale tanto difficile, ma che può portare sulla luna.


Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dei ventenni