Rubo un po’ di spazio all’ articolo per una riflessione sul folle attentato terroristico avvenuto due giorni fa, mercoledì 7 gennaio, nella sede del settimanale satirico Charlie Hebdo. Allo stato attuale le vittime risultano essere dodici, due poliziotti, l’addetto alla portineria e nove giornalisti: vignettisti, satiristi, artisti, intellettuali, genialoidi, laici, ma soprattutto esseri umani liberi. Stéphane Charbonnier, Jean Cabut, Georges Wolinski, Bernard Verlhac, Bernard Maris, Michel Renaud, Elsa Cayat e Philippe Honoré erano armati di penna e bombardavano la stupidità con la fantasia e l’intelletto e non risparmiavano niente e nessuno, ogni settimana il machete della satira sgozzava l’ignoranza. In effetti erano pericolosissimi per un certo senso del pudore e sicuramente tanti di quelli che sui social adesso scrivono l’hashtag #JesuisCharlie li avrebbero censurati volentieri, come successe alla trasmissione “Satyricon” di Daniele Luttazzi, a “Raiot” di Sabrina Guzzanti o alle “vignette” di Vauro Senesi. Ciò conferma come la satira tutt’ora rappresenti il più grande strumento per soverchiare i poteri forti, gli assolutismi, i dogmatismi e la cosa davvero buffa è che tutto questo sia possibile grazie ad un gioco d’ironia. Il più grande miracolo è l’ironia vi dico, vero confine tra uomo e animale, e la satira ne è la naturale evoluzione, vero spartiacque tra libertà e schiavitù.
#IOSONOCHARLIE
LIAM, NOEL E IL FANTASMA DI JOHN
Se c’è qualcuno che ha colto davvero l’essenza dei miei diciott’anni quel qualcuno sono stati senza dubbio gli Oasis. Il me diciottenne, splendido illuso che si districava tra un compito di matematica bucato, incalcolabili ammaccature alla macchina di mia madre e la voglia di uscire dal guscio di un’adolescenza incolore. Tutto quello che volevo era divertirmi, quello di cui avevo bisogno era a portata di sabato sera: luci stroboscopiche, cocktail colorati, decibel impazziti, “Champagne Supernova”.
Avevo spesso gli Oasis in testa e un debole per Liam, l’imprevedibile Liam Gallagher dal gergo clorito e dal “fuck” per congiunzione, bad boy della Manchester proletaria che canta con le braccia giunte dietro la schiena, una propensione smodata per Il “Man City”, le risse, gli insulti gratuiti a chiunque non gli vada a genio (specie se si tratta del fratello Noel) e per -come a lui piace chiamarla – “il caffè”.
Noel è stata senza dubbio la mente geniale che si cela dietro quasi tutti i successi degli Oasis, ma la magia del cantato apparteneva a Liam, prendete “Wonderwall” cantata dal Noel solista e confrontatela con l’originale del 1995, anzi prendete tutte le hits degli Oasis che Noel sta riadattando per i suoi live, è come se Mogol si mettesse a cantare “La canzone del sole” o “Con il nastro rosa”: non c’è storia. Quella magia è secondo me fortemente collegata alla figura di John Lennon, vera e propria ossessione di Liam, figura mistica che l’ha riempito a tal punto da perseguitarlo.
Correva l’anno 2009 e gli Oasis si erano da poco sciolti e ciò di solito avveniva quando Liam eccedeva col “caffè” e la Vodka e finiva con lo sfasciare qualche chitarra in testa a Noel, il quale puntualmente poi abbandonava il tour. ‘Sta volta la cosa sembrava essere definitiva e Radio Deejay in un’incantevole mattina d’agosto stava trasmettendo la “Deejay Story” degli Oasis, dal titolo “Liam e il fantasma di John Lennon” o giù di lì. In quel momento mi trovavo a lavorare nel chiosco di una spiaggia sarda e gente ancora non se ne vedeva: alzo la radio, mi siedo sulla sdraio intento a godermi la sabbia bianco latte inghiottita da un tutt’uno di mare e cielo ed è a quel punto che scopro fin dove l’ossessione di Liam per John Lennon potesse arrivare. Il racconto sulla vita di Liam Gallagher si concludeva con il minore dei due fratelli che va a casa dell’amica Yoko Ono, un tempo casa anche di John, per del tè con biscotti e d’un tratto è costretto a fuggire per via dell’inquietante presenza del fantasma di Lennon.
Non è finita qui, il minore dei fratelli Gallagher stando a quanto dicono i tabloid sarebbe costretto a dormire con la luce accesa per le costanti visite notturne che John è solito fargli, è poi famosa un’intervista nella quale Liam afferma che non potrebbe mai porre delle domande al suo idolo, perché finirebbe col saltargli addosso e leccargli la faccia.
Dagli occhiali ai vestiti, dal taglio di capelli al brano “The Roller”, Liam omaggia da sempre la sua ragione di vita, fin’anche nell’accento secondo Noel e soprattutto in studio, ricordo di aver letto un’intervista recente di Noel sul perché dello scioglimento degli Oasis e tra le tante ragioni disse anche qualcosa del tipo “Beh dopo diciott’anni che porti in studio nuove idee e dall’altra parte c’è un tizio che vuole suonare tutto in chiave Beatles e ha come unico termine di paragone John Lennon, hai bisogno di cambiare aria”. Le scazzottate quotidiane e gli insulti reciproci facevano parte del processo creativo degli Oasis, non era quello il problema, forse ciò che ha fatto saltare gli ingranaggi della band è stata proprio l’ormai insostenibile presenza del fantasma di John Lennon, che ha portato Liam Gallagher sull’Olimpo delle Rock Stars più amate di tutti i tempi e dall’altra probabilmente, considerando le rispettive carriere dei fratelli Gallagher dal 2009 in avanti, l’ha ancorato a perenne, seppur unico e magnifico, front man degli Oasis.
Classe 1990. Di Urbino. Fancazzista di professione, studente di Giurisprudenza nel tempo libero.
La sua citazione preferita è: “Gatsby credeva nella luce verde, il futuro orgiastico che anno per anno indietreggia davanti a noi. C’è sfuggito allora, ma non importa: domani andremo più in fretta, allungheremo di più le braccia e una bella mattina… Così remiamo, barche controcorrente, risospinti senza sosta nel passato.”(Francis Scott Fitzgerald, Il grande Gatsby)