“È la mia opinione!” (cit. Umanità)
Facendo un tuffo a ritroso nelle agitate acque della storia dell’umanità incontriamo la Democrazia, per la prima volta, quasi 5 secoli a.C., nell’antica Grecia.
A quel tempo, gli Ellenici, ne racchiudevano il significato nell’espressione “potere del popolo”.
Successivamente, però, tale espressione è stata arricchita in “potere dal popolo, del popolo, per il popolo” il cui senso, profondo, si riassume nell’idea che il potere di governare derivi dal popolo, appartenga dunque ad esso ed è solo per garantire il benessere e la prosperità dello stesso che può e deve essere esercitato.
Molteplici, in realtà, sono state le “ondate” di democratizzazione dei popoli succedute nel tempo ma tutte avevano qualcosa in comune, alcuni criteri ispiratori: il suffragio universale; le elezioni libere, competitive, ricorrenti e corrette; un pluralismo di partiti; diverse ed alternative fonti di informazione.
A questi criteri fondanti hanno sempre fatto da corollario alcune libertà fondamentali: libertà di associazione; libertà di pensiero ed espressione; diritto di voto e molti altri.
Per poter conquistare tutto questo, che oggi pare scontato e “noioso”, tanti hanno lottato fino a perdere la vita.
Eppure, come sempre è stato nella storia dell’umanità, iniziano ad intravedersi le prime piccole crepe. Gli scricchiolii di assestamento cominciano a lasciare il passo a quelli di cedimento.
Il canto delle sirene a cui prima si era sordi, ora inizia a trovare orecchie pronte ad ascoltare.
Il rischio, neanche eccessivamente lontano, è esattamente questo, che si manifesti ancora una volta ed in tutta la sua prorompente potenza la ciclicità della storia.
Ed infatti, la fase più pienamente democratica vissuta dalla nostra società (secondo il sociologo e politologo britannico Colin Crouch, con il suo Post Democracy) ha avuto inizio in quasi tutti i paesi dell’Europa occidentale e dell’America settentrionale attorno alla metà del XX secolo (agli albori delle democrazie “moderne”) ed è coincisa con un altissimo entusiasmo ed una consapevole partecipazione al dibattito politico.
Tutti i sistemi democratici si basavano, però, su un concetto estremamente semplice che rappresentava la colonna portante dell’intero impianto, già utilizzato dagli antichi Greci: il riconoscimento del merito, lo scegliere per il governo “i migliori tra il popolo”.
Il popolo, quindi, prendeva attivamente parte al procedimento di governo scegliendo, con grande accuratezza, rappresentanti colti e preparati, riconoscendo loro il merito di aver acquisito un bagaglio culturale significativo e dando loro credito in ragione dello stesso.
Ma è sulla libertà di opinione mista al principio, fondamentale, di uguaglianza su cui vorrei soffermarmi oggi perché, sventura, proprio queste rischiano di sabotare dall’interno la Democrazia.
A tal riguardo così si esprimeva, nella seconda metà dell’ottocento, il filosofo Amiel che in “Frammenti di diario intimo” così scriveva: “… la democrazia arriverà all’assurdo rimettendo la decisione intorno alle cose più grandi ai più incapaci. Sarà la punizione del suo principio astratto dell’Uguaglianza, che dispensa l’ignorante di istruirsi, l’imbecille di giudicarsi, il bambino di essere uomo e il delinquente di correggersi. Il diritto pubblico fondato sull’uguaglianza andrà in pezzi a causa delle sue conseguenze. Perché non riconosce la disuguaglianza di valore, di merito, di esperienza, cioé la fatica individuale: culminerà nel trionfo della feccia e dell’appiattimento.”
Ci troviamo innanzi ad un paradosso di non poco conto e di difficile soluzione: viviamo in una società che è basata sull’assunto che siamo tutti uguali sotto l’aspetto dei diritti ed abbiamo piena libertà di opinione.
Ma è la stessa società in cui è ancora significativa la presenza di sessismo, razzismo e discriminazione in genere.
Si tratta della medesima società in cui per occupare un posto nelle cancellerie dei Tribunali così come all’Inps dev’essere superata una attenta e stringente selezione ma, per divenire Ministro, non vi sono limitazioni né di curriculum né di competenze.
L’esacerbazione del concetto di uguaglianza ci ha condotti ad essere guidati da soggetti culturalmente assai discutibili, a non avere più il coraggio (ma la presunzione contraria) di ammettere che non siamo tutti uguali rispetto al nostro background culturale e quindi alla capacità di discernere consapevolmente cosa è giusto e cosa non lo è anche e soprattutto per il governo di uno stato.
Ecco, probabilmente, spiegate le ragioni della sempre crescente deriva populista degli stati democratici.
Ecco spiegato, forse, come riesca ad alimentarsi l’orda No – Vax, ecco come i complottisti abbiano al seguito milioni di persone.
Abbiamo, colpevolmente, commesso l’errore di confondere il concetto di uguaglianza con quello di parità.
Siamo tutti pari innanzi lo Stato e le sue leggi, ma non siamo tutti uguali sotto un punto di vista culturale e di comprensione della realtà che ci circonda.
Il ritenere che tutte le opinioni siano uguali, senza riconoscere una differenza di merito e competenze è, paradossalmente, un rischio per la Democrazia stessa perché si finisce per confondere e fondere la massa col Governo, così come avviene nella degenerazione dello Stato democratico e si tramuti nell’Oclocrazia “disegnata” da Polibio.
E’ per questa ragione che dovremo fuggire la fatale tentazione di desiderare un Governo DEL popolo, ma dovremmo piuttosto ambire ad un Governo PER il popolo.
Un Governo attentamente scelto dal Popolo in ragione della competenza dei suoi componenti che attui politiche votate al benessere collettivo e non al mero consenso elettorale.
Perché uno Stato possa prosperare in Democrazia, infatti, necessita di un Popolo davvero maturo che scelga con estrema accuratezza i suoi rappresentanti.
Perché tutto questo avvenga è necessario quindi comprendere che no, non tutte le opinioni sono uguali.
Questo, che ci piaccia o no, è il prossimo tema di discussione che l’Italia e probabilmente il mondo si troverà a dover affrontare e la cui “soluzione” condurrà il genere umano in un’era di prosperità generale od in una nuova era buia.
“È una mia opinione?”
Articolo già pubblicato sul Quotidiano del Sud – l’AltraVoce dell’Italia di lunedì 18/05/2020
Matteo, classe '87 da Cosenza.
Dopo gli studi di Giurisprudenza a Milano ed alcune esperienze negli States rientra nella sua città natia per l'amore viscerale che lo lega ad essa.
Innamorato del mare, dei libri e della libertà che solo la cultura può donare,
sogna un giorno di aprire uno studio legale che sia punto di riferimento in tutta Italia e di poter dare il suo personale contribuito alla crescita e sviluppo del territorio che gli ha dato i natali.