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Le radici magiche di Torino

Non avrei mai creduto che una città, grazie alla luce, potesse diventare così bella” scrisse Nietzsche a proposito di Torino. E proprio sotto questa luce il filosofo prussiano ebbe i primi crolli mentali che lo portarono alla pazzia. La tradizione vuole che la prima crisi di follia sia avvenuta in Piazza Carignano, dopo aver visto un cavallo fustigato a sangue dal cocchiere. Nietzsche abbracciò l’animale, pianse, e poi cadde a terra, contorcendosi e gridando in preda a fortissimi spasmi.

Uno dei tanti aneddoti che alimentano la leggenda (o forse la storia) della Torino magica.

Le origini della Torino Magica

Misteriosa e simmetrica. Austera e lineare. Adagiata su una pianura adorna di colline e abbracciata dalle catene di Alpi. Metropoli industriale in superficie e dimora di oscure figure nei sotterranei.

La posizione di Torino pare che non sia casuale: si narra che Iw Ra Danit (“Fiume sacro al Dio Ra”), il principe egizio che lasciò l’Egitto intorno al XVI a.C. per una faida con i sacerdoti di Amon, avrebbe deciso di fondare una nuova città nella fertile pianura solcata da un grande fiume come il Nilo. Diversi secoli dopo Boccaccio nella enciclopedica Genealogia deorum gentilium, sostenne che Eridano, anche detto Fetonte (“figlio del Sole”), aveva fondato una nuova città sulle sponde del fiume della valle padana.

Da qui nascerebbe la visione esoterica per la quale il Po rappresenta il Sole, mentre la Dora è la Luna. Una dicotomia che avvolge la città come la nebbia i primi giorni di dicembre: il bianco e il nero, la materia e lo spirito.

Tra il mito e la realtà: dai Savoia a Nostradamus

Le suggestioni sarebbero ben presto servite ad una piccola ma rampante famiglia nobiliare europea, i Savoia. I sovrani piemontesi, che da lì a poco avrebbero deciso le sorti della penisola italiana, decisero astutamente di rivendicare il mito delle origini della stirpe tra la santità del cattolicesimo (facendosi custodi della Sacra Sindone) e il potere dell’esoterismo. Da questo sincretismo sarebbe rimasto ammaliato anche Napoleone Bonaparte, l’imperatore che sfidò la natura umana e, guarda caso, decise di istituire a Torino il Museo Egizio.

Tra il mito e la realtà, non v’è dubbio che i più affascinanti personaggi del mondo esoterico abbiano intrecciato la propria vita con Torino.

Michel de Nostedame, meglio conosciuto come Nostradamus, avrebbe favorito la nascita di Carlo Emanuele I e predetto la sua morte, che sarebbe avvenuta “sulla strada di Gerusalemme, quando un nome si troverà davanti a un sette“. Emanuele Filiberto morì il 26 luglio 1630, durante il 69° anno di vita (con il 9 che precede il 7 dei 70 anni).

Nostradamus avrebbe anche visitato i celebri laboratori di alchimia situati in oscure grotte, su cui vigilavano i Savoia.

Triangolo bianco e triangolo nero

La prima grotta dovrebbe essere situata nei sotterranei del Palazzo Reale, il c.d. “cuore magico bianco” della città (e vertice di un triangolo bianco con Lione e Praga). Il Monumento ai Caduti del Frejus (che, secondo gli appassionati dell’occulto sarebbe un monumento raffigurante l’angelo caduto, cioè Satana) dovrebbe essere “cuore magico nero” (e vertice di un triangolo nero con Londra e San Francisco).

La seconda grotta, a cui si accederebbe dall’antica Porta Fibellona (piazza Castello), ingresso orientale della città, dovrebbe unirsi con i sotterranei di via Garibaldi, in direzione piazza Palazzo, e di via Po, almeno fino alla chiesa della Santissima Annunziata.

Nella terza grotta, invece, sarebbe nascosta la pietra filosofale, che sarebbe in grado di produrre l’elisir di lunga vita, far acquisire una conoscenza assoluta del passato e del futuro e del bene e del male, nonché trasformare in oro i metalli.

Il veggente Gustavo Adolfo Rol

Intorno a questi racconti si si staglia l’ombra del più enigmatico sensitivo italiano, Gustavo Adolfo Rol.

Dotato di un’eleganza fuori dal comune, Rol riusciì, grazie alle sue doti apparentemente innaturali, a suscitare l’attenzione di tutti gli uomini più potenti del suo tempo.

Celebre è il suo incontro con Mussolini, che Rol appuntò su un suo diario:

«Mi fecero entrare in un piccolo studio, dove mi trovai di fronte ad un tavolo sul quale Mussolini stava scrivendo alla luce di una lampada col cappuccio verde. “Questo è il Capitano Rol”.
Il Duce fece un cenno col capo e continuò a scrivere, lasciandomi, lo confesso, un po’ sbigottito. Passò qualche eterno minuto, poi il Duce chiuse una cartella e mi fissò con due occhi furbissimi dicendomi: “Dicono che Voi fate delle previsioni, dunque parlate, come va la guerra?”.
Tremavo come una foglia, ma cercai di scusarmi e dissi: “Sono un bravo soldato che fa il suo dovere”. “Vi ho chiesto di dire a me ciò che Voi dite agli altri. Parlate e Vi assicuro che non vi verrà fatto alcun male; parola del Duce!” e si picchiò forte con la mano sul petto. Un immenso coraggio mi investì, mi sentivo sereno ed utile, come durante un esperimento.
“Duce, io credo che la guerra sarà perduta”.
“E il Duce?”
“Gli Italiani lo allontaneranno nella primavera del 1945”.
Egli si rizzò in piedi e disse: “Staremo a vedere”.
Salutai romanamente e presi congedo
».

Nonostante il terribile presagio, Mussolini lo savò dalle attenzioni di Hitler, un altro fanatico dell’occulto.

Durante l’occupazione nazista, a San Secondo di Pinerolo, Gustavo Adolfo Rol sarebbe riuscito a evitare la fucilazione a numerosi prigionieri, sospettati di appartenere alla Resistenza, grazie ai suoi esperimenti di veggenza: per ogni esperimento riuscito, narrò egli stesso, un prigioniero avrebbe avuto salva la vita. Riuscì a convincere il comandante descrivendogli minuziosamente gli oggetti e i documenti che l’ufficiale conservava in un cassetto della sua scrivania ad Amburgo.

Ma la fama di Rol crebbe notevolmente diversi anni dopo la fine della guerra. Dino Buzzati sul Corriere della Sera nel 1965 scrisse che Fellini, che gli chiedeva consigli per le sceneggiature, lo definì «l’uomo più sconcertante che abbia mai incontrato. Sono talmente enormi le sue possibilità da superare anche l’altrui facoltà di stupirsene».

Nel 1981 Ronald Reagan inviò a Rol una lettera di ringraziamento per aver contribuito con la sua veggenza alla liberazione del generale Dozier, prigioniero delle Brigate Rosse.

Rol raccontò anche del suo incontro con Albert Einstein: «Mi disse che la luce è l’ombra di Dio, perché tutto ciò che è materia proietta un’ombra scura, mentre Dio quando si materializza diviene luce, essendo spirito…».

E ancora una volta furono l’ombra e la luce a fare da padroni nei racconti dei torinesi.