L’intervento mosso sul disegno di legge Zan, per mezzo dei canali diplomatici dello Stato del Vaticano, ha infervorato i manifestanti maggiormente attivi generando, nella sfera del mainstream e non solo, azioni sempre più mirate e pungenti quanto lontane dall’accezione originaria di ars retorica. Le ferree rivendicazioni, che fanno appello al riconoscimento dei diritti arcobaleno, hanno realizzato di fatto condotte discriminatorie nei riguardi della religione cristiana. Condotte, quelle, sanzionabili da una legge dello Stato italiano: la legge Mancino (L. n. 205/1993). Il richiamo ai connotati laici di uno Stato di diritto sembra non comprendere le ragioni dell’intervento di modifica richieste da parte di una Chiesa che non intende contrastare la conquista di una “nuova libertà” quanto concorrere, secondo competenza, alla delimitazione del suo contenuto. Sostenuta e smentita è la pericolosità della proposta legislativa così posta e rimessa all’esame della commissione giustizia del Senato. Contrariamente a quanto si intenda far credere, lo Stato italiano ha realizzato, specialmente nel corso dell’ultimo ventennio, iniziali previsioni di conquista civile ben lontani dai precetti di fede. Ma il concetto di laicità, che ha soppiantato l’identità originaria di un primo Stato confessionale, assurge a principio di garanzia e di tutela nei riguardi di tutte le confessioni religiose riconosciute dalla carta fondamentale (art 7 Cost.) come “egualmente libere” davanti alla legge. Nella tutela del pluralismo confessionale anzidetto, per ironia di sorte, lo Stato laico conferma la propria fedeltà alla tradizione riconoscendo la festività del 29 giugno: giornata commemorativa di una festa liturgica. Lungi da ogni contesa, la speranza degli italiani risiede nella garanzia della tutela dei principi fondamentali ed inderogabili dell’uomo: indebita ingerenza o mera questione diplomatica?
Già pubblicato su L’Altravoce dei Ventenni-Quotidiano del Sud 05/07/2021