“Osserva con occhi attenti e con venerazione le urne degli eroi onuste di gloria e contempla con meraviglia il pregevole ossequio all’opera divina e i sepolcri dei defunti, e quando avrai reso gli onori dovuti profondamente rifletti e allontanati”, questo è quello che recita l’iscrizione posta sulla porta d’ingresso alla Cappella Sansevero a Napoli. Questa chiesa venne fatta costruire alla fine del Cinquecento da Adriana Carafa della Spina, sposa in seconde nozze Giovan Francesco di Sangro, e dedicata alla Madonna della Pietà affinché questa intercedesse per l’anima del figlio. Venne poi abbellita di statue e quadri da Raimondo di Sangro, che si preoccupò di progettare le opere curandole nei minimi particolari e lasciando agli artisti la semplice realizzazione. La sua intenzione era quella di celebrare la sua casata e le virtù dei suoi antenati. Come nel Disinganno, una delle statue più pregevoli custodite nella Cappella e scolpita da Francesco Queirolo. Questa è dedicata al padre, uomo dissoluto che lo abbandonò da piccolo alle cure del nonno per viaggiare e che, dopo tanto tempo, si pentì e tornò a casa per dedicarsi alla vita sacerdotale.
In questa scultura è rappresentato un uomo che si libera dalla rete in cui era imprigionato, aiutato da un genio alato sulla cui testa si trova una fiammella, simbolo della ragione, e che indica il globo, ossia la vanità della cose terrene. Ciò che colpisce è sicuramente la rete, come riferimento ai i peccati che attanagliano l’animo umano, rifinita a pomice dall’artista stesso e non dalle maestranze specializzate perché queste avevano paura che si rompesse. Oltre a questi chiari simboli ce ne sono altri più criptici che si legano alla tradizione massonica che Raimondo dissemina nelle varie opere nella cappella. Questi infatti era un Gran maestro massone e proprio nella composizione scultorea del Disinganno inserisce la Bibbia. Questo testo sacro è una delle 3 grandi luci massoniche, ed è posto davanti al globo terrestre, in basso rispetto al genio. Il libro è aperto e sulla prima pagina è scritta una frase che fonde 3 versetti biblici e recita in latino: “vincula tua disrumpam vincula tenebrarum et longae noctis quibus es compeditus ut non cum hoc mundo damneri”. Ossia: romperò le tue catene, catene delle tenebre e della lunga notte, delle quali sei schiavo, affinché tu non sia condannato insieme a questo mondo. Sulla seconda pagina sono annotati i tre versetti e tra questi uno è tratto dalla Prima Lettera ai Corinzi, e recita: “ma, messi sull’ avviso del Signore, veniamo corretti, per non essere condannati insieme al mondo”. Sul bassorilievo posto a sinistra della composizione viene poi descritto l’ episodi della vita di Gesù, quando questi dona la vista ad un cieco. Vi si può leggere un riferimento al rituale di iniziazione massonica dove il nuovo membro entra con gli occhi coperti per poi riaprirli sulla nuova verità.
Dunque questa scultura esprime come l’uomo possa redimersi dai peccati seguendo i lumi della ragione e la fede, proprio come il padre di Raimondo, a cui lui dedica la frase: “fragilità umana, cui non è concesso avere grandi virtù senza vizi”.
Nasce nel 1990, a Rogliano in provincia di Cosenza. Dopo gli studi liceali si trasferisce nella ventosa Trieste iscrivendosi alla facoltà di Medicina. Responsabile e testarda ma sempre con la testa fra le nuvole, è un po’ a metà tra Alice nel Paese delle Meraviglia e il Bianconiglio in ritardo sulla tabella di marcia. Appassionata di Storia dell’ Arte obbliga i suoi genitori e sventurati amici a seguirla in giro per Chiese e Musei. Legge i giornali ogni volta che può e i fumetti, anzi il fumetto: Dylan Dog.