Della leggerezza dei vent’anni se n’è parlato tanto, se ne parla tuttora, e perfino io, tempo fa, ho tessuto gli elogi di questa età così rimpianta da chi l’ha ormai superata e agognata da chi deve ancora viverla.
E adesso che ci siamo dentro fino al collo? Ad oggi mi viene da pensare solo “cheppalleavereventianni”. E sapete perché? Perché avere vent’anni è una incredibile e costante ansia per qualsiasi maledettissima cosa.
Negli ultimi giorno sto ascoltando molto spesso una canzone dei Coma_Cose, MANCARSI, che credo sia lo specchio di ciò che vorrei dire. Ma andiamo con ordine.
A vent’anni, finché si studia c’è l’ansia del finire, di finire il prima possibile, di farlo bene, perché la mediocrità è demodè e non piace a nessuno (parliamoci chiaro, a chi piace essere definito mediocre, poi?) e allora ci si chiude a studiare il più possibile, tentando di conciliare buoni risultati e buona vita sociale senza finire sull’orlo del baratro (economico e di salute).
Ma poi, quando questa fantastica giostra che è l’università finisce, iniziano le vere montagne russe.
Si parte dall’allestimento di un curriculum vitae, che deve essere bello, completo, lineare, professionale, serio ma non troppo, smilzo ma non essenziale, d’impatto ma non troppo asettico, eccherottura. Dopodiché, si passa a fare colloqui a destra e manca, tentando di sembrare l’esatto opposto di ciò che si è, finendo con l’essere esattamente ciò che siamo (per fortuna). Altrimenti, per i più audaci, si apre il magico mondo dei concorsi pubblici, e allora arrivano i guai seri, e con essi, anche i primi, atroci e inevitabili, dubbi sulla certezza di aver scelto bene il nostro percorso.
Era veramente questo, quello che volevo?
Inevitabilmente, ci ritroviamo immersi in una realtà che fino al giorno prima immaginavamo e basta. Adesso eccola lì, che ci risucchia senza sosta mentre iniziamo a rimpiangere gli esami e le rotture di scatole dell’università (non sempre, però).
Ma non fatevi ingannare da questo discorso, non voglio mica lamentarmi del lavoro, perché non è questo il punto. Il fatto è che avere vent’anni è bellissimo e terribile insieme. Mi fa veramente paura questa dicotomia, perché ci si muove su queste due rette incredibilmente parallele di cui la prima traccia le esperienze positive, le gioie e i traguardi; la seconda invece segue inevitabilmente l’altra portandosi dietro tutti gli opposti: angosce, paure, timori. So già che qualcuno penserà che in generale tutta la vita umana è segnata da questi doppi, ma a vent’anni è tutto amplificato, e va a finire che sembra tutto una fregatura. E non dite che non è così. A vent’anni siamo su un’altalena in cui si va troppo in alto o troppo in basso su cui diventa complesso rimanere saldi e in equilibrio. Tutto fa venire le vertigini, ed è terribilmente spaesante vedere il paesaggio dall’alto.
Avere vent’anni fa schifo, perché da ciò che si costruisce in questa età, dovrebbe partire il nostro futuro, e si deve usare estrema cautela perché per un mattone messo al posto sbagliato, tutto ci crolla addosso.
Avere vent’anni fa schifo per il carico di responsabilità che grava sulle nostre teste, e le paure di sbagliare, di fallire, assumono i volti dei nostri capi, dei nostri genitori o di noi stessi.
Avere vent’anni fa schifo perché tutti ci chiedono di essere grandi, diritti e decisi, quando ancora, ragionevolmente, non si può esserlo. Almeno non del tutto.
Avere vent’anni fa schifo perché fa paura. E a me, tutto questo, spaventa, tanto. Mi fa paura l’idea di non sapere chi sono davvero, se sto procedendo nella giusta direzione, se ciò che ho scelto si rivelerà un fallimento o un successo. Mi fa paura sapere che non so che sarà della mia vita, dei miei rapporti, di ciò che di bello ho avuto fino ad oggi. Mi fa paura pensare a quanto ancora ho davanti a me, a quanto ancora mi aspetta, a quante altre volte dovrò cadere e rialzarmi.
E allora meglio correre a perdifiato, sbattere la testa contro la realtà, sbagliare e crescere ogni giorno almeno un pò.
Avere vent’anni fa schifo perché prima o poi i vent’anni finiscono.
Allora godiamocela al massimo questa età, che è davvero una gran figata.
Perché fa schifo chiedersi come sarebbe stato se, magari e forse. Perché fa schifo farsi domande sul passato, guardarsi dietro con amarezza e avere rimpianti. Io non voglio averne. Non voglio chiedermi come sarebbe stato se, quindi mi carico di tutti i numerosi timori che ho, li metto in spalla, li affronto e ci combatto. Non posso e non voglio tirarmi indietro. Non voglio avere alcun tipo di rimpianto, al massimo mi prendo un colpo così forte da stordirmi. Ma poi passa. Voglio avere paura e commettere errori (anche se sarebbe meglio limitare i danni).
I Coma_Cose lo dicono molto bene, e per questo li ringrazio. Loro ci hanno messo due strofe ad esprimere alla perfezione questo concetto, ma vabbè, che vi devo dire, io sono proprio prolissa..!
Ma ci pensi mai
A noi due, agli sbagli
A chi ci ha preso in giro
Agli sbalzi d’umore che ci causano drammi
Che schifo avere vent’anni
Però quant’è bello avere paura
La strada è solo una riga di matita
Che trucca gli occhi alla pianura
Ma tu ci pensi mai
Alla fretta, ai ritardi
A chi è rimasto indietro
E quanto è ancora è difficile dirgli, “Mi manchi”
Che schifo avere rimpianti
Però quanto è bello avere paura
Nata a Cosenza nel 1994, vive da sette anni a Roma. Laureata in Filologia Moderna, attualmente tenta di rendere produttiva la sua laurea seguendo un Master e facendo tutti i lavori possibili.
Ama la musica, viaggiare, la vita la coinvolge totalmente e vorrebbe scoprire il mondo.
La sua passione più longeva è sicuramente la lettura, il primo libro che ha letto è “Giovanna nel Medioevo” e ha pianto senza ritegno dopo aver terminato “La piccola Principessa”.
Incapace e negata per ogni tipo di sport (ma è fiera di aver praticato basket per una settimana), ama correre con le cuffie nelle orecchie e camminare per tutta Roma.
Il suo gruppo preferito sono gli Oasis, e mentre spera che tornino insieme, immagina sempre come sarebbe la sua vita se la smettesse di sognare ad occhi aperti.