L’emergenza Coronavirus ha fatto emergere la fragilità del nostro mondo, ha fatto venir meno le nostre certezze.
Il mondo occidentale ormai da decenni al riparo da calamità, guerre ed appunto epidemie, si scopre ,oggi, fragile di fronte a un nemico invisibile, ancora in parte sconosciuto.
Il Virus ha messo in discussione il nostro modo di vivere, la nostra socialità, la nostra libertà di movimento, e ci siamo ritrovati d’improvviso di nuovo vulnerabili.
Cosi da circa 2 settimane, da quando il nuovo virus Covid 19 è arrivato in Europa e ,in particolare, in Italia, l’uomo occidentale, si è reso conto di non essere invincibile, nonostante il grande progresso sociale, economico, tecnologico e soprattutto scientifico.
Per la prima volta dopo decenni l’occidente si trova a combattere una battaglia dall’esito incerto, dove non basta affidarsi, e lasciar fare solo alla scienza, ma dove c’è bisogno di uno sforzo collettivo.
Questa è una battaglia diversa da tutte le altre, diversa anche da quella contro il terrorismo, poiché non si tratta di un nemico che si combatte con le armi convenzionali: forze dell’ordine, intelligence etc… ma l’arma più efficace è il distanziamento sociale.
Ciò provoca un cambiamento antropologico, dove non valgono più le regole della socialità basate su contatti ravvicinati, gesti di vicinanza e di affetto come abbracci e strette di mano.
Anzi, questi sono addirittura dannosi, è una battaglia dove è necessario stare lontani e da soli.
Tutto ciò sembra contrastare con la nostra cultura, con il nostro sentire.
Se pensiamo alla stretta di mano, segno di riconoscenza e accettazione dell’altro, che è oggi il gesto considerato più dannoso, capiamo quale momento particolare, quasi surreale stiamo vivendo.
Ma il nostro Paese in questi giorni sta affrontando un altro cambiamento epocale, che riguarda il suo rapporto con le Istituzioni democratiche che, per la prima volta sono costrette ad imporre restrizioni di libertà personali, di movimento e di azione in nome della salute pubblica.
Perciò per la prima volta c’è una presa di coscienza che per un bene collettivo è necessario rinunciare alle libertà personali, caratteristica essenziali delle democrazie liberali.
L’arrivo del virus, Covid 19 cambierà il nostro modo di stare al mondo, di guardare alla società e alle istituzioni; nelle visioni prevalenti, più ottimiste si parla di una maggiore vicinanza tra le persone, una volta che l’emergenza sarà finita ed una riscoperta dei valori davvero importanti, ma d’altro canto, un prolungato distanziamento sociale, imposto a livello istituzionale, anche se per un bene più grande e collettivo potrebbe alimentare paure profonde e inconsce degli individui.
Il Virus, che si potrebbe diffondere ad emergenza passata è quello della paura e della diffidenza, già in parte diffusi nei paesi occidentali, e che potrebbero trovare nuovo terreno fertile.
Bisogna quindi vigilare e lavorare affinchè paura e diffidenza non abbiano il sopravvento, e che quando si potrà tornare ad abbracciarsi di nuovo, lo si faccia davvero con amore e fiducia nell’altro, portatore solo di sostegno e amicizia.
Laureata in Scienze Storiche all'università La Sapienza, appassionata di radio e informazione, dopo uno stage a Rai radio 3, ha realizzato il radio-documentario "Tutto normale un altro sguardo sulla disabilità", andato in onda sulla stessa emittente.