Solitamente le idee più strane e assurde mi vengono di notte, quando la mente pensa e ripensa in un ritmo incessante e caotico, ma solitamente non ne tiro mai fuori nulla di buono. Mi piace pensare invece che a tirarne qualcosa di buono nella stessa situazione sia stato Mattia Sartori, 32 anni, laureato in Scienza Politiche, appena una settimana prima del 14 Novembre, quando oltre 15 mila persone si sono presentate colmando come “sardine” una piazza che gli organizzatori, fra i quali Mattia, si aspettavano di riempire con appena 6 mila persone. Probabilmente, si sarà svegliato di soprassalto per correre furioso verso il suo telefono, e ha cominciato chiamare. Chi? I suoi 3 amici ed ex coinquilini: Roberto Morotti, 31 anni, ingegnere, Giulia Trappoloni, 30 anni, fisioterapista e Andrea Garreffa, 30 anni, guida turistica. Una notte insonne, quattro semplici amici accomunati da valori e principi comuni, sei giorni per tentare di destare una città, e poi nei fatti un paese, dal torpore civile in cui si è ricacciato un elettorato in perenne letargo, che quando richiamato al voto fa sentire la propria presenza perlopiù tramite un assenteismo determinante. Quello del cittadino di un paese democratico è un lavoro serio, e questi quattro ragazzi senza passato politico, senza iscrizione ad alcun partito, lo hanno capito. Semplicemente, non ci stavano. Ed è così che è nato il movimento delle “sardine”.
In una notte hanno deciso di sfidare lo “squalo” di Matteo Salvini che sarebbe intervenuto al Paldozza dove ha inaugurato la campagna elettorale della candidata Lucia Borgonzoni alla presidenza della regione Emilia-Romagna. Una notte, sei giorni per affrontare, e vincere almeno “mediaticamente”, il leader del primo partito politico nel paese.
L’idea era piuttosto semplice, ed è nata principalmente da una “questione numerica”: i ragazzi avevano considerato che il Paladozza, dove sarebbe intervenuto Salvini, può contenere massimo 5.570 persone, la sfida allora è stata quella di radunarne almeno 6.000. Come a dire: siamo almeno uno in più. Fu così che crearono l’evento sui social “6000 sardine contro Salvini” invitando la comunità a partecipare al “primo Flash Mob ittico della storia”. Inoltre la promozione dell’evento non è passata solo attraverso i social, ma anche attraverso il buon vecchio volantinaggio, fino ad inventarsi addirittura degli appositi “banchi del pesce” dove hanno provveduto a distribuire sagome di sardine in cartone per pubblicizzare l’evento.
Ma da dove nasce la denominazione sardine? Dalla necessità di riempire quella piazza il più possibile e stare “stretti, stretti”, tutti insieme; come le sardine che migrano l’una a fianco all’altra, pigiate tra loro, ma al tempo stesso in un moto silenzioso e pieno di dignità. Ecco, forse è anche questa un’altra delle ragioni di quell’appellativo: contrapporre quel moto imponente e silenzioso dei branchi di sardine alla politica degli slogan urlati, delle offese becere sui palchi, di chi spaventa, terrorizza, allarma mistificando per dividere e intimorire, seguendo le logiche del consenso. Il proprio ovviamente.
Nessuna bandiera, nessun partito, nessun insulto, nessun colore: una piazza trasversale di tutte le età, colori, fasce sociali, unita per opporsi contro la retorica meschina e gretta di chi lavora per mortificare la dignità di quella che Aristotele definiva come la più alta e nobile fra le scienze, serva solo, diceva il filosofo greco, del bene e della “felicità” di tutti: la politica.
La Costituzione e la Repubblica sono nate dal compromesso tra forze politiche molto diverse fra loro nel tentativo di unire un paese dilaniato da una guerra che in gran parte è stata anche civile. Dopo oltre 70 anni quei politici sono stati sostituiti da altri che oggi, per un tornaconto personale, ci vogliono ancora una volta divisi: noi e loro, casta e uomini comuni, nord e sud, patrioti e radical chic, buonisti e realisti, bianchi e neri, cattolici e musulmani. La protesta di questi 4 ragazzi, che ora sta attraversando a tappe l’intero paese, ci riporta a quell’insegnamento che è già racchiuso tra le pagine della nostra storia repubblicane e che oggi il richiamo a quel pesce, la sardina, che per sopravvivere deve camminare con mille altri della sua specie, rende ancora più forte è impellente: uniti si può fare la differenza e andare avanti. E poi, viene da chiedermi, a titolo di informazione scientifica: chissà cosa accade ad uno squalo quando incontra un branco di milioni di sardine?
La domanda l’abbiamo fatta a Mario Sposato, coordinatore del movimento delle sardine in vista dell’appuntamento di sabato pomeriggio in piazza Santa Teresa a Cosenza.
Come vi siete interfacciati rispetto al movimento originariamente nato a Bologna che ora ha assunto una sorta di ruolo di coordinamento generale delle altre piazze? E quindi, com’è nata l’iniziativa cosentina?
L’iniziativa cosentina è nata da un atto di incoscienza, nell’accezione positiva del termine. Come tutti coloro che sono quotidianamente sensibili alle vicissitudini politiche del nostro paese, guardavamo con curiosità questo movimento, ci siamo guardati negli occhi e lo abbiamo lanciato a Cosenza tramite il gruppo. Nell’arco di poche ore ci siamo resi conto che la cosa stava diventando grande, con i like e le iscrizioni aumentavano anche i contatti. Preso atto di ciò, abbiamo cercato e ottenuto il contatto e la disponibilità dei ragazzi di Bologna, abbiamo avuto dei colloqui ed abbiamo attivato un canale di coordinamento. Il lavoro è stato incessante, nei giorni successivi io e i miei compagni abbiamo contattato amici, conoscenti, associazioni.
Il movimento nasce con degli obiettivi precisi: nella sua apartiticità si è fatto istanza non di azione politica bensì di richiesta politica. Una politica diversa dalla retorica populistica, demagogica e affarista che domina il paese da oltre trent’anni e di cui oggi si fa maggiore interprete Matteo Salvini. In relazione a ciò, qual è la politica demagogica e populista contro cui il movimento cosentino e calabrese intende rivolgere la sua protesta? Quale può essere il significato iniziativa qui in Calabria soprattutto in vista delle prossime elezioni?
Esatto, la nostra è una richiesta politica. Le Sardine rappresentano una boccata di ossigeno nel contesto politico attuale, caratterizzato da passività rispetto dalla deriva populista. SI tratta un movimento che è in grado di riaggregare le persone e stimolare una nuova proposta politica. La situazione politica calabrese è molto confusa, i partiti politici sono ancora più lacerati, e la proposta ha ancora più difficolta a prendere corpo. Per questo lo stimolo qui deve essere ancora maggiore, spingiamo per un rinnovo della proposta politica, per un rinnovo soprattutto generazionale, affinché la politica sia davvero vicina ai cittadini.
In ultimo: quali crede possano essere gli sviluppi del movimento sia a livello nazionale che locale?
L’intenzione è quella di far crescere questo movimento sempre di più in tutto il Paese. Le sardine portano la voce di chi non ha bisogno di urlare per contrastare la deriva populista di cui è afflitta l’Italia in questo momento. Abbiamo l’obbligo di parlare di politica vera, abbiamo l’obbligo di ricordare che amare il proprio Paese non significa denigrare le culture altrui. Qual è la proposta dei populisti e della destra? Li sentiamo solo blaterare slogan e nessuna proposta concreta. Le sardine hanno l’obbligo di ricordare tutto questo.