Frida Kahlo è una icona moderna: pittrice dell’intima natura femminile, donna dalle grandi passioni e figlia della rivoluzione messicana; a più di 110 anni dalla sua nascita non possiamo che sentirci ancora incredibilmente attratti da lei, dal suo vissuto e dalle sue opere.
Ma chi era davvero questa donna straordinaria?
Magdalena Carmen Frida Kahlo y Calderón, meglio conosciuta come Frida Kahlo, nasce a Coyoacán, periferia di Città del Messico, nel 1907.
Tuttavia, Frida racconterà a tutti di essere nata nel 1910, l’anno della rivoluzione messicana.
Lei stessa dice: “Sono nata con una rivoluzione. È in quel fuoco che sono nata, […] Mi ha infiammato per il resto della mia vita. Da bambina, crepitavo. Da adulta, ero una fiamma”.
Il padre, Wilhelm Kahlo, è un fotografo tedesco di origine ebrea e instaura con lei un legame speciale: la definisce la più intelligente tra le sue quattro figlie e quella più simile a lui. Tra di loro c’è un legame speciale e sarà lui il primo a ritrarla in foto, insegnandole a posare.
Le difficoltà per lei purtroppo iniziano molto presto: a sei anni si ammala di poliomielite e la malattia lascia delle deformità permanenti a piede e gamba, che le valgono il soprannome di “pata de palo” (gamba di legno).
I postumi della malattia però non la fermano e, a 18 anni, si iscrive alla Escuela National Preparatoria con l’intento di diventare un medico. La Preparatoria le darà modo di conoscere Diego Rivera, affermato pittore trentasettenne, intento a dipingere un murale. Ed è in questo periodo che comincia a nascere in lei l’interesse per le arti figurative.
Il 17 Settembre 1925, l’autobus su cui Frida siede insieme al suo fidanzato Alejandro Gomez si scontra con un tram. Frida rimane incastrata tra le aste di metallo, il corrimano la trapassa da parte a parte. Non viene soccorsa immediatamente perché le sue condizioni sono talmente gravi da crederla già morta. Sarà Alejandro ad estrarla dai rottami ed a portarla in ospedale.
Prognosi: busto di gesso per 9 mesi e riposo assoluto.
La madre, Matilda, trasforma il suo letto in un baldacchino e fa montare uno specchio in cima in modo che Frida, immobilizzata dal gesso, possa almeno vedere la propria immagine riflessa. La convalescenza, così delicata e dolorosa, diventa un’occasione di rivalsa nei confronti delle avversità: è proprio in quel momento che Frida inizia a dipingere i suoi celebri autoritratti.
“Dipingo autoritratti perché sono la persona che conosco meglio”.
L’incidente le causerà dolori e lesioni che condizioneranno tutta la sua esistenza, ma non permetterà mai che le impediscano di dipingere.
“Non sono malata. Sono in rovina. Ma sono felice fintanto che posso dipingere”.
Nel 1927, dopo essersi ripresa dall’incidente ed essere ritornata ad una vita normale, Frida si unisce ad un gruppo di intellettuali che sostengono l’arte messicana indipendente e, nell’anno successivo, si iscrive al partito comunista messicano.
“Sono molto preoccupata per la mia pittura. Soprattutto voglio trasformarla in qualcosa di utile per il movimento rivoluzionario comunista, dato che finora ho dipinto solo l’espressione onesta di me stessa, ben lontana dall’usare la mia pittura per servire il partito. Devo lottare con tutte le mie energie affinché quel poco di positivo che la salute mi consente di fare sia nella direzione di contribuire alla rivoluzione. La sola vera ragione per vivere.”
La conclusione della rivoluzione messicana rende il panorama culturale attraente per personalità straniere provenienti da tutto il mondo.
Martha Zamora scrive che “i giovani si dedicavano con passione all’educazione di un popolo quasi analfabeta per ricostruire, per ricongiungere il passato con il presente e proseguire verso quello che si sarebbe rivelato un periodo fecondo e denso di cambiamenti”.
Il governo decide infatti di affidare i muri degli edifici pubblici ad artisti, in modo da creare dei murali che raccontassero la storia del Messico e, al contempo, educassero le masse sulla storia della propria terrà. Nasce così il movimento muralista della Scuola Messicana di pittura di cui Diego Rivera era un affermato esponente.
Ed è grazie a German del Campo, amico del movimento studentesco, al comunista cubano Julio Antonio Mella ed alla fotografa Tina Modotti, attirati in Messico dal respiro rinnovatore, che Frida incontrerà nuovamente Diego Rivera. Tra i due nascerà una storia d’amore intensa, travolgente e struggente che durerà tutta la vita.
Lei stessa, infatti, dirà: “Ho subito due gravi incidenti nella mia vita… Il primo è stato quando il tram mi ha travolto e il secondo è stato Diego [Rivera]”.
Frida Kahlo e Diego Rivera si sposano il 21 Agosto 1929. Lei ha ventidue anni, lui quarantatré. A causa delle malformazioni dovute dall’incidente Frida non riesce a portare a termine le gravidanze e, a tre mesi dal matrimonio, è costretta ad un aborto al quale, purtroppo, ne seguiranno altri. Non riuscirà mai a dare un figlio a Diego.
“Nella saliva…nella carta…nell’eclisse […] DIEGO nelle mie urine…DIEGO nella mia bocca…nel mio cuore…nella mia follia…nel mio sogno…nella carta assorbente… nella punta della penna…nelle matite […] nella sua bocca…nelle sue menzogne…”.
Frida Kahlo e Diego Rivera si amano per venticinque anni, ma i continui tradimenti di Diego la spingono al divorzio. Non riescono comunque ad allontanarsi definitivamente l’uno dall’altra.
Frida ama altri uomini ed altre donne, tra i quali il rivoluzionario russo Lev Trockij, la fotografa Tina Modotti ed il poeta André Breton.
Nonostante le avversità ed i numerosi e profondi dispiaceri, gli aborti ed i tradimenti di Diego, Frida non rinuncia mai alla pittura ed alla vita.
I suoi lavori sono espressione di quello che verrà chiamato realismo magico, alimentato dello spirito rivoluzionario. Traspare un profondo dialogo interiore con sentimenti di colpa, amore, desiderio, dolore fisico e gelosia per l’infedeltà di Diego.
Il suo stile è esotico, vivace, a tratti aggressivo. Frida riporta sulla tela il suo mondo interiore senza filtri, lasciando defluire verso l’osservatore un caleidoscopio di emozioni molto intime e personali.
Nel 1939 i suoi lavori vengono esposti alla galleria Renou et Colle a Parigi, dove ricevono apprezzamenti da Kandinskij, Picasso e molti altri artisti dell’epoca.
La sua fama cresce ed i suoi quadri cominciano ad essere ricercati anche in Messico. Non lascia mai che i dolori atroci causati dai suoi tanti malanni le impediscano di dipingere e di vivere a pieno ogni giorno, ma con gli anni diventa dipendente dalla morfina.
Il 1953 è l’anno della sua prima mostra personale in Messico, organizzata dall’amica fotografa Lola Alvarez Bravo, alla quale Frida, a causa del decadimento della sua salute, partecipa sdraiata sul letto. I medici le hanno proibito di alzarsi quindi lei si fa trasportare in ambulanza fino alla mostra e poi in barella sul grande letto a baldacchino allestito per lei. Malgrado sia stordita dai farmaci partecipa alla festa bevendo e cantando insieme al pubblico accorso numeroso per prendere parte all’evento.
Morirà nel Luglio di quell’anno, dopo che i medici saranno costretti ad amputarle la gamba destra fino al ginocchio. Emblematiche ultime parole scritte sul suo diario: “Spero che l’uscita sia gioiosa e spero di non tornare mai più”.
Frida Kahlo, oltre a essere stata un’artista ed una intellettuale simbolo di un’epoca e radicata nella sua nazione, rappresenta ancora un modello talmente potente di libertà, passione e resistenza da essere diventata a tutti gli effetti una personificazione della cultura pop, antesignana del movimento femminista. La sua forza, la sua voglia di non arrendersi di fronte alle avversità e la passione sfrenata per la pittura la rendono fonte di continua ispirazione.
Presso lo Spazio Eventi Tirso di Roma è in corso una mostra in onore di Frida Kahlo dal titolo “Il Caos Dentro”, visitabile fino al 29 Marzo 2020.
Il percorso espositivo accompagna il visitatore tra la pittura e gli “scatti di vita” di Diego Rivera e Frida Kahlo, realizzati dal fotografo sudamericano Leo Matiz, che consentono di sbirciare nell’intimo dell’animo dell’artista.
Da non perdere.