Insomma, Feltri parla a sproposito utilizzando ogni occasione per insultare, denigrare, umiliare e ghettizzare. Questa volta, nel mirino sono finiti i meridionali, considerati dal direttore di “Libero” inferiori o, come ha precisato lui, “economicamente” inferiori. Questa rettifica, una pura “vichyssoise verbale”, in realtà non significa nulla e si palesa come un blando tentativo di ritrattare un’affermazione che potrebbe costare cara al direttore. Infatti, l’Ordine dei giornalisti sta valutando una denuncia “per danno d’immagine” e qualcuno ha deciso di agire contro di lui in sede civile e penale, addebitandogli una violazione della Legge Mancino. Il web, come sappiamo, non perdona e ha sancito l’esito col pollice verso: alcune edicole hanno deciso di interrompere la vendita del quotidiano di Feltri, gli utenti dei social hanno intasato le bacheche con invettive contro il giornalista, c’è chi parla di petizioni e via discorrendo. E’ indubbio che le affermazioni di Feltri siano di una gravità inaudita ma il giornalista non è nuovo a uscite di questo tipo: ricordo ancora con calore quando disse che il “gender gap” salariale è giusto nella misura in cui sono le donne a scegliere di avere figli e devono risponderne. Anche questa era un’affermazione di una gravità inaudita eppure non ho visto alcuna rivolta popolare e non ho visto edicolanti rifiutarsi di vendere le copie di Libero. Feltri, da sempre, attira un astuto odio su di sé per il tornaconto dei propri prodotti e chi pensa che il direttore abbia semplicemente fatto uno scivolone non programmato è decisamente ingenuo, per non dire stolto. E’ invece grave che molti se ne siano accorti solo ora o, meglio, abbiano voluto “vedere” solo ora, solo nel momento in cui sono diventati essi stessi obiettivi mobili dei colpi di Feltri. Quando erano le donne a rimanere gravide per concessione divina o a doversi “abbassare” per essere all’altezza degli uomini (con un evidente doppio senso legato a una pratica sessuale), Feltri, per molti, poteva ancora essere un giornalista con la G maiuscola. In questa occasione, il direttore di Libero ha avuto il merito di portare a galla, ancora una volta, la profonda incoerenza degli italiani, praticata finanche con l’omertà, quell’omertà che porta a distogliere lo sguardo quando assistiamo a dei soprusi senza esserne vittime; quell’omertà che urla “non parla di me, quindi che me ne frega?”; quell’omertà che, improvvisamente, si rende conto di come la pratica dell’odio, per quanto ignorata, prima o poi travolge anche chi ha assistito in un complice silenzio. Ecco, risparmiateci tutta questa indignazione se la manifestate solo ora perché siete stati toccati direttamente. E risparmiatecela pure se siete convinti leghisti, come molti elettori del Centro e del Sud: ”Carrozze metro solo per milanesi” risale al 2009 e no, non era un editoriale di Feltri, miei cari “pesci rossi”.
“Acqua cheta rovina i ponti”.
Nessuna massima potrebbe riassumermi meglio. Sono irrequieta per natura, di quell’irrequietezza che non si sfoga in una vita di manifesti eccessi quanto in una di perenne flusso ideativo. Insomma: mi chiamo Angela ho 26 anni e non sto ferma un attimo, anche quando rimango seduta per ore a fissare un quadro. Un’altra cosa che penso possa valere la pena sapere su di me è che non sono mai così sincera come quando scrivo. Ecco, la scrittura è il mio personalissimo “vindica te tibi”.