Di Marilù Greco
“Tutti hanno diritto di manifestare il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”; così recita l’art 21 della nostra Costituzione, riconoscendo, quindi, una libertá fondamentale per un Paese che si definisce democratico: la libertá di stampa. Definito spesso, come il Quarto Potere, i giornalisti, non solo svolgono il compito di divulgare le informazioni, accelerando il processo di globalizzazione, ma hanno il potere di influenzare le coscienze popolari, di uniformarle e condizionarle, diventando quelli che oggi si definiscono mass-media. Eppure, sempre più frequentemente, degli eventi nocivi e drammatici derivati da un’entità “invisibili”, ma non per questo meno dannosa, prendono piede, senza che sia riconosciuta in maniera chiara e nitida la fonte. Sono i drammatici effetti del quarto potere, derivati dalla smania di alcuni giornalisti di “fare notizia”anche a costo di prostituire l’immenso potere di cui sono i detentori, sacrificandolo sia sul piano qualitativo che quantitativo. Qualitativo: perché molto spesso il potere venga quello di disinformazione. Notizie manipolate, coartate e molto spesso non veritiere, che determinano un accanimento verso intere categorie, che stroncano intere carriere e rovinano intere vite. Una mancanza di diligenza nell’enunciare i particolari di materie che richiedono competenze, molte volte non appartenute a chi scrive. Si pensi agli innumerevoli errori quando si tratta di descrivere l’evoluzione di un procedimento penale e i suoi esiti oppure i dettagli di materie scientifiche, come quelle mediche. Deficit quantitativi, che si rinvengono nella invasione di ogni diritto fondamentale, quale la privacy, l’onore, l’immagine:troppo spesso violate in maniera irreversibile. Oltre al “bombardamento mediatico”: un quantitativo immane di notizie ripetitive, a volte truculente, che scatenano un drammatico effetto emulazione.
Il sociologo australiano Hassan, il professor Philipps, psichiatra e molti altri hanno dimostrato come statisticamente ad una grande pubblicizzazione di suicidi aumenti vertiginosamente l’incidenza del fenomeno nel luogo di origine, definendolo “effetto Werther“. Un esempio eclatante, a mio avviso, é oggi ravvisabile nel “caso Iara“; giornalisti a caccia di particolari scabrosi solo per aumentare l’audience, privi di ogni utilità e pertinenza allo scopo della loro professione. Processi mediatici svolti violando diritti fondamentali, come quello del contraddittorio e alla riservatezza e ostacolando fasi delicate come quelle delle indagini preliminari caratterizzate da una segretezza funzionale alla efficacia dell’intero procedimento penale. Bossetti, presunto assasino della piccola Iara, a mio avviso, é una vittima: vittima per essere stato giá condannato da indagato, e per aver visto violate tutte quelle garanzie che, a parità di condizioni, sono e devono essere riconosciute. È il caso di chiederci se alcuni giornalisti abbiano compreso fino in fondo il potere di cui sono i detentori, o, peggio, se pur avendone consapevolezza, lo sfruttino per fini opportunistici.
Ritornando alla divisione dei poteri di Montesquieau, ritengo, che come il compito del Parlamento sia quello di emanare leggi, del Governo di eseguirle e dei giudici di applicarle, così il compito dei giornalisti sia quello di descrivere ciò che vedono in maniera obiettiva. Questo è il fine che si dovrebbe prefiggere, chi impugnando una penna ritiene di aver compreso il valore e la funzione della professione giornalistica.
Nata a Brescia il 29 Marzo 1992, ha vissuto a Cosenza fino al 2010, anno in cui si è trasferita a Roma. Questa vincente combinazione di luoghi diversi ha permesso che ad ogni presentazione di un documento di identità seguisse, puntuale, la stessa medesima domanda: “Ma sei di Brescia?”. Accompagnata da tipica e grottesca imitazione di accento calabrese. Ragazza determinata, tenace e impulsiva; adora i film horror e il cibo in tutte le sue forme. A detta di alcuni è un po’ pazzoide, di certo con lei una tranquilla serata puó diventare un’avvincente avventura; ma, dopotutto, come diceva Coelho: “se pensi che l’avventura sia pericolosa prova la routine. È letale."