Giro d’Italia 2022: i campionissimi non hanno la maglia rosa

51mila metri di dislivello, cinque arrivi in quota, la prima settimana ricca di insidie, la sentenza definitiva sulle Dolomiti: il 105° capitolo della storia del Giro d’Italia prometteva davvero tanto. Eppure, le aspettative degli appassionati fanno spesso e volentieri a pugni con la realtà. Abbiamo assistito a una corsa bloccata, oggettivamente priva di colpi di genio, in cui nessuno dei candidati alla maglia rosa di Verona (l’ecuadoriano Carapaz, già vincitore nel 2019, l’australiano Hindley e lo spagnolo Landa) è riuscito a fare concretamente la differenza prima della Marmolada.

L’andamento della corsa ha sollevato le critiche di coloro che, anno dopo anno, non mancano di sottolineare la subalternità del Giro al cugino d’Oltralpe, più ricco e attraente per gli sponsor, le tv e gli stessi corridori. Non c’è dubbio che le defezioni dei due maggiori interpreti delle gare a tappe, gli sloveni Pogačar e Roglic, sia un nervo scoperto che gli uomini dal passato glorioso (Nibali, ancora una volta il migliore degli italiani, peraltro all’ultima partecipazione della carriera alla «festa di maggio») o in cerca di riscatto (Bardet, Dumoulin, Simon Yates, tutti e tre al via con l’ambizione di salire sul podio ma costretti anzitempo al ritiro) non possono certo nascondere.

Eppure, anche in un’edizione assai poco avvincente come questa, lo spettacolo non è stato un ospite indesiderato: la tappa di Torino, pur non presentando salite impossibili, ha obbligato gli uomini di classifica a uscire allo scoperto molto più di quanto non sia accaduto nelle tappe di alta montagna; il disegno delle frazioni di Potenza, Napoli e Genova ha confermato che il Giro non ama la prevedibilità. Infine, l’esaltante rivalità tra le due stelle di questa fase storica del ciclismo mondiale, Biniam Girmay e Mathieu van der Poel: l’eritreo ha scritto una pagina di storia sul traguardo di Jesi, battendo il campionissimo olandese che – dopo aver indossato la prima maglia rosa a Visegrád – non si è mai risparmiato, regalandoci ogni giorno un saggio della sua meravigliosa follia.


Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dei ventenni

Carmine Marino
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Nonostante sia cresciuto nell'era del digitale, si professa analogico e nostalmalinconico. Cultore di Springsteen, dei saggi storici e delle gassose, ha scoperto Venti in piena pandemia: amore a prima vista. Ricambiato, una volta tanto.