Dissesto idrogeologico in Calabria: contrasti e armi a doppio taglio – Tentare di descrivere con un articolo la bellezza del territorio calabrese non porterebbe che a un sicuro fallimento. Come descrivere la bellezza di una regione dal territorio aspro e dolce allo stesso tempo, che eccelle nel mare come nella montagna e che presenta caratteristiche così varie e numerose da risultare (ahimè) ignote agli stessi abitanti che la popolano?
Premesso il fallimento dell’ambizioso tentativo, qualcuno già molti anni addietro aveva dovuto intuire che dietro quella indiscutibile bellezza qualcosa si celava. Una vulnerabilità intrinseca che si nasconde spesso nelle cose che all’apparenza sembrano tanto forti e quasi ostili. Apparenza che deve essere rimasta solo tale agli occhi dello storico Giustino Fortunato che, già nel secolo scorso, definì la Calabria come “uno sfasciume pendulo sul mare”.
Uno scotto da pagare, un prezzo o una taglia dietro a tanta indescrivibile bellezza, dunque, c’é e si chiama dissesto idrogeologico.
Quel passaggio dal mare alla montagna diventa emblema di un triste scherzo della natura: da una parte infatti é l’essenza della bellezza del territorio calabrese, dall’altra parte, determinando un forte e spesso repentino dislivello, é la causa principale del dissesto idrogeologico. E così avvengono quelle catastrofi naturali già tristemente note alla Calabria e verificatesi nuovamente pochi giorni fa: nel reggino la furia di fiumi e torrenti ha lasciato il segno con ingenti danni e una vittima, nella Locride l’antica strada ferrata non c’é più, in altri punti invece è sospesa nel vuoto e la fascia ionica risulta essere in molti tratti irraggiungibile.
Imputare la colpa di questa situazione solo alla pioggia sarebbe banalizzate è illogico perché, come é noto, le pioggia non si abbatte solo sulla Calabria.
Ma analizzando più nel dettaglio la situazione, con la speranza di risolvere dopo un’attenta analisi le varie contraddizioni, non si può che avvertire un forte senso di sconfitta derivato dalla constatazione che in Calabria non si può far diventare logico l’illogico.
Partirei proprio dall’università motore e fondamento di qualsiasi Paese o regione che auspichi ad un qualsiasi tipo di miglioramento. In Calabria una facoltà di scienze geologiche c’è ed è anche buona, visto e considerato che quella dell’Unical si é posizionata quinta nelle classifiche nazionali secondo il Censis di Repubblica. La logica vorrebbe che gli studenti poi laureatisi avessero ampi sbocchi in una regione che é sottoposta a questa triste calamitá, ma l’illogico che sopravviene fa sí che gli studenti siano costretti a cercare lavoro all’estero, perché in Calabria lavoro non se ne trova nemmeno quando evidentemente ce ne sarebbe.
In secondo luogo nella classifica delle illogicità vi é il fenomeno dell’abusivismo. Com’é possibile dunque attribuire la colpa esclusivamente alla natura? Le amministrazioni che avrebbero il dovere di tutelare i cittadini, hanno permesso la realizzazione abusiva di edifici in zone di esondazione. E la natura prima o poi si vendica. Il come é sotto gli occhi di tutti. Numeri e cifre, nella loro durezza, confermano la tesi secondo cui più il terreno é martoriato, sfruttato, malgovernato, più la Calabria si sbriciola e si impantana in una melma che ingoia vittime, provoca crolli, dispersi, assenza d’acqua potabile, disperazione.
Ecco allora come una luce di logicitá in questo sistema così illogico si trova, in tutta la sua tragicità: la natura non fa mai sconti. Ciò che riceve restituisce, nel bene come nel male. Una terra tutaelata assicura protezione. Una terra violentata non può far altro che produrre altra violenza.
Ancora oggi la Calabria versa, quindi, nel mondo dell’illogico. É come una donna bellissima ma di continuo violentata e non rispettata da chi non l’ama abbastanza. Sembra che porti con sé una condanna che pare essere lo scotto da pagare per gli innegabili doni di cui la natura le ha voluto fare omaggio.