Quelli che stiamo vivendo sono giorni destinati a segnare il destino di una delle invenzioni che più hanno segnato il corso della storio dell’uomo: il denaro.
Già, perché proprio mentre in Italia ci si accende in infuocate discussioni sulla digitalizzazione del contante, tra soglie del contante, pos e carcere ai grandi evasori, i big della tecnologia mondiale, altrimenti noti come Over The Top, entrano a gamba tesa nel mercato del credito, e lo fanno da più fronti.
Non che le banche tradizionali avessero mancato di fiutare il cambio di direzione del vento. Nel settore, da anni si investe massicciamente in soluzioni Fintech basate su tecnologie come IA e Blockchain, per offrire ai clienti una customer experience almeno simile a quella alla quale sono
abituati e assuefatti nell’era digitale.
Il gioco tuttavia era fallato dal principio. Mentre il processo di digitalizzazione di una banca richiede tempi e investimenti mastodontici, non fosse altro che per la mole di strutture e personale di cui sono dotati, per gli OTT è un gioco da ragazzi integrare tra i propri servizi funzioni di tipo banking.
Capita così che dopo il lancio ad Agosto di Apple Card, che segna l’ingresso del colosso di Cupertino nel mercato del banking, a Novembre Facebook annuncia il servizio Pay, finalizzato ad offrire “un’esperienza di pagamento comoda, sicura e coerente” agli utenti che usano una qualsiasi delle componenti dell’ecosistema di Mark Zuckerberg, vale a dire Facebook,
Messenger, Instagram e WhatsApp, e che dalle colonne del Wall Street Journal trapeli l’indiscrezione secondo cui anche Google sarebbe pronto a lanciarsi nei servizi bancari con un vero e proprio conto corrente dal nome di Cache.
Come non bastasse l’invasione di campo nel settore dei pagamenti, Facebook ha deciso di andare oltre, annunciando di voler coniare una sua valuta anzi, criptovaluta dal nome di nome Libra. La portata dell’avvenimento è enorme, basti pensare che la valuta in questione al “day 1” potrebbe contare su una platea di utilizzatori di oltre 2 miliardi di persone, superiore a quella di qualsiasi altra moneta in circolazione.
Altrettanto ingente è stata la mole di critiche e moniti piovuti dalle più alte istituzioni monetarie globali, preoccupate dagli effetti sistemici potenzialmente incontrollabili che sorgerebbero con la nascita della criptovaluta di Facebook, tanto che il progetto, annunciato in pompa magna a Giugno 2019, comincia a perdere sostegno da parte di alcuni soci fondatori, minando le prospettive di lancio fissate per il 2020.
Alla luce dello scenario delineato, che configura una dimensione completante nuova del concetto di denaro come lo abbiamo conosciuto finora, non possono che emergere alcune considerazioni.
La prima riguarda l’imbarazzante impreparazione normativa che vede le “OTT Bank” non assoggettate ad alcuna regolamentazione né sul capitale né in altri ambiti sensibili, come l’antiriciclaggio, cosa che, oltre a costituire un grosso pericolo in termini di sicurezza, è un altro fattore di svantaggio competitivo ai danni degli istituti di credito tradizionali.
Si nota poi un’evidente Sindrome di Stoccolma da parte di alcuni di questi ultimi che, come nel caso di Goldman Sachs con Apple Card e Citigroup con Google Cache, offrono licenza banking agli OTT in cambio di marginali commissioni, ponendosi come cavallo di troia per chi quella licenza presto la acquisirà da solo e potrà sommare anni di presenza sul mercato ad una base clienti gigantesca.
Infine, sul fronte criptovalute, risulta difficile azzardare previsioni sugli effetti che comporterebbe l’introduzione di uno strumento come la Libra di Facebook, ma una cosa è certa: qualora il progetto di Zuckenberg dovesse naufragare, non tarderanno altri soggetti, magari meno sensibili alle pressioni istituzionali (Telegram ne è un fulgido esempio), pronti a battere nuova moneta.
Perché per quanto possa essere imprevedibile – e per questo spaventosa –
l’innovazione non può essere fermata da nessuno.
Articolo già pubblicato sul Quotidiano del Sud – l’Altravoce dei Ventenni di lunedì 25/11/2019