Il Paese non può perdere l’entusiasmo e l’energia dei giovani.
E’ passato quasi un anno dall’inizio della pandemia da Covid 19 che sembra aver messo tutti in attesa, davanti ad una finestra, ad aspettare che la tempesta passi.
In particolare i giovani hanno rinunciato al loro mondo, fatto di incontri, esperienze, avventure, si sono ritrovati chiusi nelle loro camere a cercare stimoli ed energie solo attraverso schermi e smartphone, tutte le loro attività sono diventate statiche e ripetitive, le giornate lunghe e sempre uguali.
In questi mesi abbiamo assistito ad una trasformazione totale delle nostre vite, ci siamo ritrovati improvvisamente appesi a numeri e statistiche, con cui però non sembra possibile programmare nulla al dì la della mera quotidianità.
In particolare molti giovani hanno smesso di progettare il loro futuro, a causa delle restrizioni di movimento.
Diverse ricerche dimostrano quanto la fascia giovanile dai 18 ai 35 anni, che è, in condizioni normali, quella più attiva, sia quella più colpita da stati di stress e solitudine.
Molto si è scritto e detto sulla didattica a distanza, sulle sue opportunità e soprattutto sui suoi limiti, la mancanza di socialità e di rapporto umano.
Vorrei però soffermarmi proprio sulla fascia di età dai 18 ai 35 anni, cioè su quei ragazzi e ragazze che hanno terminato il ciclo di studi e sono pronti, ora, a mettersi in gioco, ad entrare a pieno titolo in società, con tutta la loro energia, vitalità e il loro entusiasmo.
Da febbraio 2020, i giovani invece si sono silenziosamente ritirati nelle loro stanze a guardare ed assistere, quasi inerti, ad una pandemia mondiale che sta togliendo loro la speranza e il futuro.
Gli psicologi e sociologi stanno, invece, richiamando l’attenzione sulla necessità di rendere i giovani attivi in questa situazione, e non vederli solo come soggetti passivi.
“É importante fare una chiamata all’azione dei ragazzi, dare loro un ruolo” cito in particolare l’intervento di Barbara Tamburini per la trasmissione “Tutta la città ne parla” su Radio 3, che sottolineava quanto sia importante per i giovani riempiere il vuoto con delle azioni concrete.
Aggiungiamo inoltre che questa è la prima volta in cui per rispondere ad una emergenza ci viene chiesto di fermarci, mentre nel passato i giovani hanno sempre dato un contributo positivo, pensiamo all’alluvione di Firenze, quando tanti giovani contribuirono al salvataggio delle tante opere d’arte della città.
L’anomalia di questa situazione è che l’unica risposta sembra essere la lontananza, il distanziamento, che sembra essere opposto alla solidarietà e alla partecipazione.
In tutte le emergenze del nostro Paese, proprio l’elemento della solidarietà è stato invece quello che ci ha permesso di andare avanti, pensiamo ancora al terremoto dell’Aquila o di Amatrice, anche lì tanti giovani non hanno esitato a sporcarsi le mani tra le macerie.
Anche il richiamo al periodo bellico, per scuotere i giovani a sopportare meglio le restrizioni, non è appropriato, visto la enorme differenza del contesto storico e culturale tra i 2 periodi.
Io credo che proprio in questo momento, bisogna rendere i giovani protagonisti, non solo a parole o con progetti che vedranno la luce magari fra qualche anno, ma con azioni concrete che diano il senso di una vita che è ancora degna di essere vissuta.
I giovani hanno bisogno di mettere in circolo le loro energie, soprattutto in questo momento, quando ogni certezza sembra vacillare.
Oggi più che mai poi, il Paese ha bisogno del loro entusiasmo e impegno per ricucire le ferite, quelle fisiche e quelle psicologiche.
Questo si può fare promuovendo progetti di supporto ad anziani e soggetti fragili, lavori di cura e manutenzione del territorio e tanti altri interventi nei diversi ambiti.
Diverse ricerche oggi riportano dati allarmanti sull’aumento degli stati di ansia e stress nei giovani, con maggiore uso di psicofarmaci, ma anche sull’aumento di atti di autolesionismo e tentativi di suicidio tra i giovanissimi, pensiamo ai dati offerti dall’ospedale Bambino Gesù di Roma; non possiamo permetterci di perdere tanti giovani, di distruggere i loro sogni, o peggio, di veder spente le loro energie, i giovani hanno il diritto di vedere il futuro e di vivere il presente, con la gioia e l’entusiasmo propri della loro età.
Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dei ventenni
Laureata in Scienze Storiche all'università La Sapienza, appassionata di radio e informazione, dopo uno stage a Rai radio 3, ha realizzato il radio-documentario "Tutto normale un altro sguardo sulla disabilità", andato in onda sulla stessa emittente.