Abitudine e speranza: gli ingredienti del Natale

Nella vita abbiamo bisogno di sicurezze. Qualche anno fa ero convinta che avrei viaggiato per il mondo, avrei abitato lontano, sarei stata “libera” da preconcetti, radici, relazioni già consumate. Che ogni giorno sarebbe stato nuovo e diverso, e che ogni avvento e ogni Natale li avrei passati in balia degli eventi, di qui o di là, poco cambia.

Poi è passato qualche anno, e con il tempo è arrivata l’amara consapevolezza: per quanto proviamo a evaporare, siamo sempre “di” qualcosa e “da” qualcosa. Apparteniamo, semplicemente, perché siamo. E ho scoperto che la routine, in fondo, mi calma, anche perché io sono proprio una di quelle che, nei libri, si va a leggere il finale.

Non me ne potevo andare, perché lontano da questa terra sarei stata come gli alberi che tagliano a Natale, quei poveri pini senza radici che durano un po’ di tempo e poi muoiono” diceva Isabel Allende. È interessante l’accostamento tra il Natale e la propria terra: si parla tanto di emigrazione, dei costi spropositati dei biglietti di aerei e treni durante le Feste. Quello che ne viene fuori è che, alla fine, le origini ci attraggono – nel bene e nel male – come calamite.

Ecco, i film di Natale ricordano casa, ed è forse proprio questa la chiave del loro successo.

Ogni fine anno accade la stessa cosa: come un vero e proprio rituale irrinunciabile, i film di Natale tornano a popolare le piattaforme di streaming. La storia, lo sappiamo, è sempre la stessa: una giovane donna che vive a New York (o in un’altra big city americana) e che ha una carriera di successo deve recarsi nella sua piccola città d’origine. E cosa sarebbe un film di Natale senza la storia d’amore che lo accompagna? I protagonisti, alla fine, sono archetipici e rispecchiano in pieno, con il loro lavoro e le loro azioni, i valori buonisti solitamente veicolati nella narrazione natalizia. Il lieto fine è sempre assicurato per tutti i protagonisti, anche quelli secondari. L’antagonista principale di solito viene punito in modo simbolico e la trama si chiude in modo compiuto con i titoli di coda, senza colpi di scena.

Dipendiamo dalla prevedibilità e, anzi, mai come a Natale la ricerchiamo.

Come ha spiegato la terapeuta Kati Morton alla rivista Slate: “Sapere cosa ci si aspetta è molto rilassante. Questi film mostrano una vita molto più semplice, priva di tutte le incognite e le complessità dell’esistenza ordinaria. Questo tipo di film affronta temi seri in modo così semplice da aiutarci a mettere le cose in prospettiva e indurci a pensare che, alla fine, ogni problema ha una soluzione. È anche un modo per affrontare le sfide della vita quotidiana, grazie a scenari prevedibili che ci fanno sentire in controllo della situazione. I film di Natale si potrebbero quasi inserire nella categoria Disney. Alla fine, sappiamo con certezza che l’eroe, nonostante le difficoltà incontrate, ce la farà. Il cervello umano ama il lieto fine […]. Anche se molti di noi sono attratti dalle montagne russe emotive, tra la paura generata dai film horror e la tristezza dei drammi, quando ci sentiamo giù di morale ci rivolgiamo sempre a un film capace di farci stare bene”. Pamela B. Rutledge, direttrice del Media Psychology Research Center della Fielding Graduate University di Santa Barbara (California), ha affermato che la natura prevedibile e smielata dei film natalizi è proprio in grado di contribuire a ridurre lo stress, a migliorare l’umore e alleviare i sintomi della depressione. Una vera e propria medicina.

Possiamo definire i film di Natale come una bella vacanza dalla realtà, nel corso della quale possiamo immaginare un mondo in cui i buoni vincono sempre, le famiglie risolvono le loro divergenze e il protagonista trova il vero amore. I film delle feste ci rendono felici per lo stesso motivo per il quale la visione di qualsiasi nostro film preferito ci rende felici: il rituale, la routine e la familiarità. È semplice: quando sono agitata, ad esempio, io leggo Harry Potter. Non c’è niente che mi calmi di più: rileggere le stesse pagine, immutabili nel tempo nonostante tutti i cambiamenti, interiori ed esteriori.

Guardare gli stessi film di Natale ogni anno dà un senso di ordine e di calma in un mondo spesso imprevedibile. Insomma, la tendenza a farsi rassicurare da questi film prevale sulla razionalità che ci porterebbe immediatamente a riattivare l’incredulità, a farci rendere conto di essere davanti a intrecci incoerenti, dialoghi improbabili nella vita reale e a un lieto fine senza alcuna base.

A Natale, quindi, siamo tutti più abitudinari: i film di Natale, soprattutto quelli che finiscono bene, sono una scorciatoia ideale per entrare in contatto con questo mondo immaginativo in cui ciò che si desidera è facilmente raggiungibile, senza le angosce o i problemi a intralciare. Cercare sollievo in narrazioni cinematografiche che garantiscono un epilogo lieto è normale, anche se scadono nel cliché: è funzionale per muoversi sul piano del sogno, un modo per accedere a una dimensione di leggerezza quando nel quotidiano non è poi così scontato, per trovare ispirazione e la spinta al cambiamento, se è ciò di cui abbiamo bisogno per stare bene.

A Natale siamo tutti, anche, più speranzosi: che tutto finisca bene anche nella vita vera, ad esempio, esattamente come accade nei film. Natale – ed è giusto sottolinearlo – non è un periodo necessariamente felice per tutti, anzi. Possono essere momenti di grande fatica psicologica, fisica e anche economica. Non ultimo, ci si avvicina al periodo in cui si tirano le somme dell’anno appena trascorso e si comincia a pensare ai buoni propositi, fase che apre ulteriori porte emotive. La speranza, come si dice, è l’ultima a morire, anche (e soprattutto) a Natale.

Martina Nicelli
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Classe 1996, milanese e iperattiva. Laureata in giurisprudenza, trascorre le sue giornate cercando soluzioni. Nel tempo libero scrive e legge, soprattutto gialli nordici e saghe familiari. Ama la montagna, le giornate uggiose, la musica folk e i cappotti. Ha fondato il blog amarettievino.