In Calabria, a Cosenza, esiste una realtà doppiamente buona. È una realtà speciale e rara, frutto della Cooperativa sociale Volando Oltre sulla base dell’esperienza dell’Associazione Gli altri siamo noi che favorisce l’inserimento lavorativo di persone disabili.
Ho incontrato Valentina e Biagio di Volando Oltre che mi hanno spiegato che la loro storia ha origine 19 anni fa, quanto nacque l’associazione Gli altri siamo noi da un gruppetto di ragazzi che iniziarono, sotto la guida della Presidente Adriana De Luca, ad incontrarsi in una piccola stanzetta presso Stella Cometa con l’obiettivo di dare una vita dignitosa a ragazzi con sindrome di down e disabilità intellettive con l’inserimento all’interno della società mediante la preparazione al mondo del lavoro.
E poi cos’è successo?
L’associazione pian piano è cresciuta, ha costituito la propria sede dov’è attualmente (ndr in Via Alberto Serra n. 46) e si è impegnata soprattutto in progetti di work experiences per i ragazzi, nella partecipazione a tanti bandi pubblici, uno dei quali ha dato poi la svolta: nel 2015 abbiamo vinto un progetto per il Ministero della Gioventù che si chiamava Prove di volo che ci ha permesso di creare dei laboratori di preparazione al lavoro per i nostri ragazzi con disabilità che da lì hanno cominciato a specializzarsi in alcuni ambiti (pasticceria, pasta fresca, conserve, informatica, pulizie ecc.); hanno seguito per 2 anni questo percorso il cui obiettivo finale era quello di creare una start-up di impresa sociale così, nel 2017, è nata la cooperativa Volando Oltre. Poi, purtroppo, il lancio non è stato semplice e c’è voluto un anno per completare tutto l’iter e iniziare ad operare ma da fine novembre 2018 siamo entrati effettivamente nel mercato con i prodotti.
Ho chiesto loro poi com’è organizzata e di cosa si occupa in concreto la cooperativa e mi hanno spiegato che loro sono soci fondatori unitamente ad Adriana, Marco e Antonio che -precisavano- è un ragazzo con sindrome di down che è socio-lavoratore oltre che fondatore, assunto a tempo indeterminato unitamente a Maria Antonietta, affetta da disabilità intellettiva, anch’essa dipendente della cooperativa.
In questi 4 anni di cooperativa si sono susseguiti vari tirocini lavorativi retribuiti -sottolineano- cui partecipano i ragazzi che hanno seguito (e/o seguono tutt’ora) i percorsi formativi all’interno dell’associazione Gli altri siamo noi. Al momento abbiamo 6 ragazzi cui si uniranno altri 6 dopo l’estate e così via. I prodotti che commercializziamo sono lavorati interamente da noi e loro insieme, dalla preparazione delle materie prime al confezionamento; i processi sono vari: produciamo prodotti da forno (frollini, bocconotti ecc.), parte delle conserve sia dolci che salate (marmellate di frutta di stagione, paté di olive, cipolle in agrodolce ecc.) seguendo una linea di produzione fissa cui si aggiunge quella dei prodotti stagionali (ndr se non avete ancora provato panettone o colomba al pistacchio, fatelo!). Tutti partecipano alla catena produttiva e pian piano affinano delle competenze (che già avevano acquisito nel percorso che fanno ormai da tempo nell’associazione) e si specializzano: ognuno trova il suo posto (tranne Maria Antonietta che fa tutto, instancabile!) all’interno del processo lavorativo.
Incuriosita, ho chiesto loro qual è la cosa più difficile e quale la più gratificante della loro esperienza.
La più difficile è far passare il messaggio che oltre la disabilità ci sono persone con le loro capacità, sogni, paure, come tutti noi. Sicuramente c’è bisogno di supporto per tirare fuori queste caratteristiche e le peculiarità di ognuno perché sono chiuse dentro di loro quando entrano in Cooperativa e serve proprio qualcuno che creda in loro e li aiuti a tirarle fuori, che faccia sentire loro che possono farcela. Sicuramente ne vale la pena e capiamo si aver intrapreso la strada giusta quando vediamo che i ragazzi si realizzano, quando si rendono contro che quello che fanno è utile per mandare avanti l’impresa e poi è molto bello quando si riconoscono adulti, ad esempio nel ricevere lo stipendio e sentirsi più indipendenti. Pian piano crescono e la crescita deriva anche proprio dal lavoro che viene fatto insieme: l’apertura del ragazzo con cui lavori, che riesce a tirar fuori tutto quel che è chiuso in sé, quando diventa più consapevole di quello che può fare e inizia a credere nelle proprie capacità e a metterle a disposizione, è gratificante anche per noi…immaginali, appena arrivano, come fiori chiusi che poi, con tanta acqua e quindi pazienza e fiducia, sbocciano e diventano consapevoli di sé, adulti.
Perché, secondo voi, non ci sono molte realtà come la vostra (almeno al sud)?
Quando si fa riferimento alla nostra e a realtà come la nostra è difficile allontanare dai più l’idea del pietismo rispetto ai ragazzi e la convinzione che i nostri prodotti vadano acquistati perché le fanno “i poveri ragazzi con disabilità”. I nostri prodotti hanno valore, si chiamano “buoni buoni” perché hanno due aspetti che li caratterizzano, ugualmente importanti: uno è quello dell’inclusione, perché attraverso l’acquisto si supporta l’inserimento di ragazzi con disabilità nel mondo del lavoro (il che non accade altrimenti, soprattutto nel nostro territorio dove non ci sono ragazzi con disabilità che hanno un lavoro fisso e “vero”, come tutti); ma sono buoni anche perché sono prodotti di alta qualità: scegliamo materie prime ottime del nostro territorio, a km 0 e le ricette vengono aggiornate costantemente perché puntiamo sempre a migliorare. Lo scetticismo poi è anche proprio sul lavoro dei ragazzi, ci chiedono spesso “ma davvero li fanno loro?!” quando, come dicevamo, qui ognuno si specializza ed ha un ruolo nella catena produttiva, tutti lavorano. Purtroppo è difficile far capire questo passaggio alle persone cui ci rivolgiamo perché non si capisce che quello che proponiamo è un prodotto che può avere una collocazione nel mercato, ha una sua qualità e non è solo beneficenza! Peraltro non ci si rende conto che svolgiamo un lavoro che ha un valore sociale, per tutti… soprattutto dato che non ci sono realtà del genere, almeno qui al sud. Già, ad esempio, negli anni è cresciuto un gruppo di consumatori dei nostri prodotti su Roma che sicuramente all’inizio ha abbracciato l’idea e lo scopo sociale ma poi, nel tempo, ha più che altro premiato la qualità di ciò che produciamo diventando gruppo di clienti fissi.
Cosa si può fare dall’esterno per supportare questa realtà?
Sicuramente è importante, a livello concreto, il supporto al commercio dei nostri prodotti, è sempre un’attività che va avanti grazie alle entrate. Il nostro commercio è principalmente online (www.buoni-buoni.com) ma anche alcuni punti vendita di privati a Cosenza rivendono i nostri prodotti e poi, ultimamente, abbiamo anche uno spazio all’interno del Mercato di Campagna Amica vicino ai 2Fiumi dove vendiamo direttamente noi i prodotti il martedì e il sabato. Per favorire i nostri scopi, però, è necessario soprattutto che sia riconosciuto anche il valore di ciò che viene fatto sia dall’associazione che dalla cooperativa, che si capisca che il cambiamento è possibile se cambia anche il modo di guardare alla disabilità, il modo di pensare alle persone che si hanno davanti come persone che hanno un loro posto e peso all’interno della società senza fermarsi al solo aspetto esteriore, senza pietismo ma andando oltre.