Questa estate strana, fatta di “green pass” e indici di contagio, di campagne di vaccinazione e appelli alla prudenza, di riaperture e ripartenze, vede protagonista, quasi assoluta, come meta turistica l’Italia.
E allora perché non uscire dai percorsi turistici tradizionali e esplorare i luoghi dimenticati della penisola? Da Nord a Sud sono un migliaio, secondo l’ultima rilevazione Istat, i paesini abbandonati, ma probabilmente ce ne sono molti altri che non sono stati censiti, tutti avvolti dal silenzio e da un velo di mistero. Esplorarli è come fare un salto indietro nel tempo e un viaggio nei ricordi di un’Italia che non c’è più.
Molti di questi posti erano un tempo centri importanti, poi i terremoti, le frane e lo spopolamento hanno fatto sì che il tempo si fermasse e tutto rimanesse sospeso, che la natura prendesse il sopravvento nelle strade e nelle piazze di questi borghi.
Uno dei più famosi paesini fantasma è Craco, in Basilicata, un tempo noto per essere il paese del grano, che una frana nel 1963 ha messo in pericolo, dando inizio ad una decadenza inarrestabile, culminata con l’evacuazione a valle a metà anni 70. Sempre in Basilicata si trova la Rabatana, l’antico rione della città di Tursi, dove è possibile vedere il nucleo originario con gli scheletri delle abitazioni. In Sicilia, invece, si trova l’antica Poggioreale, meta perfetta per gli appassionati di esplorazione e fotografia. Poco distante dalla più famosa Civita di Bagnoregio, si trova Celleno, piccolo borgo costruito sul tufo, distrutto negli anni da terremoti e frane e abbandonato del tutto ad inizio Novecento. Elencare tutti i paesini fantasma disseminati nella penisola sarebbe impresa ardua e non renderebbe giustizia a luoghi la cui magia è bene vivere in prima persona, respirando l’aria dei loro vicoli e delle loro piazze abbandonate, lasciandosi guidare dalla luce che li attraversa, facendosi trasportare nel turbinio di emozioni che solo lì si possono provare.
Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dei ventenni