Intervista a un fonico
Sabato mattina e cuffie alla mano, metto in fila le domande e saluto il mio ospite di questa mia prima intervista su Zoom.
Dall’altra parte dello schermo mi attende un professionista del suono, Samuele Grandi, il fonico che ha curato il progetto MATERIA. Non sapete di cosa si tratta? E allora, alzate il volume perché qui si parla di musica dietro le quinte e di chiamate alle armi, del darsi da fare e di concerti live a 360°.
Ciao Samuele! iniziamo con le solite presentazioni, vuoi raccontarci chi sei, come si intraprende il mestiere di fonico, e soprattutto da quanto tempo lavori “dietro al mixer”?
Sono Samuele Grandi e in realtà faccio il fonico da sempre, una quindicina di anni almeno.
Come diventare fonico? beh, dipende dai tempi, quando ho iniziato io c’era molto da mettersi in gioco e smanettare, ci si metteva lì, si provava e sbatteva la testa un po’ di volte finché non ci si stava dentro, un ruolo fondamentale poi l’ha ricoperto lo studio di registrazione di Ferrara ai tempi, quando la mattina talvolta invece di andare a scuola andavo a curiosare in studio. Pian piano mi han detto “ora registra le tue chitarre, arrangiati”! Ho iniziato con lavoretti abbastanza “stupidi”, anche se mi son reso conto col senno di poi che sono i lavori che ripagano di più. Mi ricordo ad esempio un audio sui documentari, me ne ricordo uno abbastanza strano sui pesci, con dei suoni subacquei o pubblicità banali per tv locali. Ho iniziato così, ho registrato i miei primi gruppi squattrinati, e poi che dire, pian piano, ci si appassiona, alla lunga diventa una sorta di droga, si inizia ad acquistare un microfono, preamplificatori, compressori…15 anni fa mi son ritrovato a pensare, “chissà se un giorno ne avrò almeno uno di quei microfoni lì”.
E adesso?
Ora conto più di 100 microfoni, un muro di roba, da arrampicarsi con la scala.
Non è da tutti destreggiarsi tra mixer e amplificatori, quando hai deciso che saresti diventato fonico “da grande”?
È una specie di chiamata, tante soddisfazioni, ma soldi a volte al limite. È una chiamata, ma è un lavoro che devi fare se te la senti di fare, e fine, perché ci sono altri lavori molto più banali e noiosi che rendono tantissimo di più.
Capisco subito che sarà un’intervista carica e genuina, e ad ogni risposta di Samuele un mucchio di nuovi spunti da aggiungere in scaletta.
Passiamo alla “domanda che ti aspettavi”: quanto è cambiato il tuo lavoro e quanto ti sei dovuto “ingegnare” in questo periodo pandemico?
Il periodo Covid ha stravolto completamente le carte in tavola, lavorando anche ad attività live, ti parlo di 70 concerti nel 2019, come musicista, senza contare quelli da fonico, nel 2020 avrò fatto circa 7-8 concerti in totale. Come studio di registrazione in realtà, non abbiamo mai chiuso, beh abbiamo cercato di trattare meno gruppi ad esempio e più solisti, si è cercato di limitare da quel punto di vista ma non fermarsi mai completamente
Ma torniamo un attimo indietro, cos’è il progetto MATERIA ?
L’idea di MATERIA nasce un pò dall’esigenza di “reinventarci”, ci siam detti “noi facciam concerti, siam capaci a fare queste cose qui, troviamo il modo farlo con quelli che sono i limiti attuali..”.
Abbiamo iniziato a cercare online, confrontandoci con gente più esperta in materia, ci siamo chiesti come iniziare a girare i concerti, e finalmente addentrati in questa giungla di regole.
Tornando al progetto, abbiamo cominciato col pensare a come filmare i concerti, volevamo fare qualcosa in più rispetto quanto stava succedendo. Come i concerti nelle camerette, di cui se ne son visti un numero indefinito e di bassa qualità, e anche lì con i loro mezzi, chiaramente con il cellulare ne arrivi a fare 3 a settimana, diventa un massacro. Il fatto è stato non trovarsi pronti, è stata una roba ingestibile, così dal nulla. E allora abbiamo avuto l’idea, ad un certo punto, di rendere lo spettatore più partecipe. Qual era l’unico modo? La realtà virtuale, o almeno così la chiamano. Così capiamo che attrezzatura serve per realizzare questi concerti in 360, e poi ci abbiam messo la roba in più.
La roba in più?
Si, i take vengono registrati, poi mixati in analogico, in modo che ricordino il live vero e proprio, con una presenza decisamente bassa di computer, certo, in modo che, non si avverta quel suono preciso “super curato”, insomma, in modo che sia più “de core”.
E qui posso solo offrirvi un assaggio punk-rock in 5K, per farvi capire quanta bella tecnica ci sia lì dentro. Signore e signori, vi presento il progetto MATERIA, con gli ANTARES una delle rock band di culto dello scenario underground.
Precauzioni per l’uso : visione consigliata al solo pubblico adulto, da assumere a schermo intero e qualità 5K.
Samuele, non ti nascondo che non me l’aspettavo, sono sprofondata in un concerto vero come non mi succedeva da un po’, grandi ragazzi! Ma come l’hanno presa i gruppi?
Meglio del previsto, diciamo che dal periodo di totale astinenza dalla scena a molti è andato bene, poi ogni gruppo ha avuto un approccio diverso, qualcuno l’ha interpretata più come una performance live, altri meno, qualcuno l’ha vissuto più come una performance in studio, altri come semplici prove.
Parlaci del lavoro di backstage, quanto lavoro effettivo c’è dietro un concerto di 30 minuti a 360°?
4 giorni lavorativi in totale : il giorno dell’allestimento, un giorno di montaggio, il giorno effettivo delle riprese, ed il mix in analogico, movimenti di equalizzatori compressori volumi echi riverberi, una roba un po’ più live (andate a spiare qui). Una botta unica in presa diretta, è un’esibizione completa, non ci sono particolari tagli o robe ridicole, non c’è dell’editing spietato, né taglia/incolla o pulizia estrema come in studio.
Credi possa diventare una valida alternativa al live vero e proprio, intendo decidere di poter usufruire di un concerto in forma live o streaming?
Sostituire i live, direi di no, e ci si augura di no, anche perché i concerti normali, diciamocelo, su Youtube ci son sempre stati, addirittura si son messi a farli al cinema. Sicuramente ci sarà un incremento ma non penso vada a sostituirli, bisognerà capire come “andare a giocarsela”, senza tendere a voler sostituire il live in presenza, ma creare un altro tipo di contenuto con altre caratteristiche che possano essere più interessanti. Ad esempio noi stiamo cercando di integrare più aspetti, come quello dell’istruzione, abbiamo immaginato una classe di conservatorio, potrebbe essere comodo per uno studente aver modo di vedere da più punti di vista un concerto in streaming.
In questi giorni si sente parlare molto di iniziative a sostegno della regolamentazione dei lavoratori dello spettacolo. Qual è la tua visione del mondo della musica in questo momento? Credi ci sia stata una comunicazione “distorta”?
Dal punto di vista della comunicazione sbagliata, sì, c’è una schiera di gente dietro le quinte di cui non ci si rende mai davvero conto, un mondo di professionisti, più o meno regolamentati. Si è sentito più volte parlare di “messa in regola” una volta per tutte, ma è un discorso strano e molto ampio. Potrei dirti di sì, da qualche punto di vista potrebbe essere decisamente giusto che ci siano regolamentazioni adeguate, e garanzie per chi fa questo tipo di lavoro, (che molto spesso si tratta di lavori super precari). Immagina un albo dei fonici, ad esempio. Funzionerebbe?
Sì, direi di sì.
In teoria la penso come te, ma in pratica rischieresti di perdere gente che, in realtà ha qualcosa da dire ma assolutamente non ha quel tipo di percorso o possibilità di permettersi i corsi o le “abilitazioni”, è una roba tecnica si, ma c’è una dose gigantesca di creatività. C’è tutto un mondo di fonici molto bravi là fuori, che hanno imparato da soli, e il lavoro gli vien benissimo lo stesso.
Ci sono musicisti diplomati in conservatorio con tutte le carte in regola e dall’altra parte hai i Sex Pistols, che sanno fare 4 accordi per sbaglio ma son quelli giusti.
Noi come studio di registrazione, ma anche come organizzatori di eventi e gestori di una sala prove, volevamo dare il segno di poter comunque restare in piedi e di riuscirci a reinventare, sia per non fermarci, sia per non restare solamente ad aspettare un aiuto economico dall’alto, che in certi casi è risultato insufficiente, in certi altri decisamente superiore alle effettive capacità delle realtà in questione.
Ascolto quest’ultima amara riflessione e che dire, non me l’aspettavo questa risposta qui da un addetto ai lavori, è la rabbia di chi è riuscito a darsi da fare anche in questo periodo macabro per il paesaggio musicale, è la grinta di cui abbiamo bisogno ora che abbiamo imparato a considerare parole da titolo in prima pagina come “sussidio”, “ristoro”, “bonus” la sola unica via di uscita, ora che tocca alzarsi forte le maniche e il volume al massimo, per trovare “un’altra roba ancora che funzioni”. Non mi resta che dire grazie a Samuele per questi nuovi spunti rock, ho in mente troppi altri punti interrogativi, ma Zoom ci ricorda che siamo andati per le lunghe, per cui…
Samuele, solo un’ultima domanda prima di salutarci, che vuol dire #ARREGOLA?
Ah dunque, è un’espressione che avevo iniziato ad usare un pò di tempo fa! “Ma c’è qualcuno in sala oggi? #arregola ci dovrebbero essere i Bodoni, ah ma hai sistemato Thomas dietro? ah la sala dietro è #arregola, è diventato un pò uno slogan, un hashtag su instagram con più di 500 post, roba nata così per caso, modo di dire che non capivamo, poi in realtà durante la registrazione di un audiolibro, ci siamo accorti che #arregola veniva usato, non nel senso in cui lo usavamo noi, ma, insomma esiste come parola!
Qui per voi una Playlist esplosiva in continuo aggiornamento creata ad hoc dallo studio di registrazione SONIKA
E se non riuscite più a smettere e volete saperne di più del progetto MATERIA, una carrellata di live a 360° nei Sonika Studios!